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N° 01 Ada Cortese

Ada Cortese

 CONFERENZE 

PRAGMATISMO SPIRITUALE E PENSIERO ASSOLUTO


Sono due termini che adotto a metà strada tra serietà e provocazione.
Ne parlerò a partire dall'esperienza che il pensiero fa o mostra di fare nel percorso analitico, proverò a proporvi il discorso in termini strettamente collegati al nostro universo.
Non voglio inoltrarmi in questioni epistemologiche rispetto all'essenza della verità e del pensiero assoluto. Ne parlo proprio a partire dall'esperienza psicologica e spirituale che il mio lavoro di analista mi consente.

Premetto alcune considerazioni generali.
  • Il pragmatismo può essere suddiviso in pragmatismo materiale e pragmatismo spirituale in relazione al tipo di prodotto a cui esso, che è sempre prassi nel mondo e relazione con esso, è rivolto. Entra dunque in campo il concetto di produzione quale attività fondamentale che aggrega in gruppi l'umanità.


  • L'analisi ed i gruppi evolutivi autocentrati sono attività produttive di bene spirituale.


  • Il pensiero "assoluto" che considero qui nell'ambito dell'esperienza psicoanalitica è un processo che attraversa le tappe dialettiche sul piano cognitivo e affettivo della frantumazione e alienazione, della mediazione, della sintesi, in un movimento spiraliforme che sposta l'identica dinamica su livelli di coscienza sempre più alti fino a comprendere il Sé o Coscienza Universale. A questo punto il pensiero ritrova se stesso perché sa di se stesso nel soggetto, seppure nel limite che segna la verità delle nostre parole, dunque senza inflazionarsi. Il limite è dato dalla circoscrizione di territorio mentale, psichico e spirituale entro cui ognuno di noi può muoversi e che costituisce il suo personale strumento di conoscenza.


  • I gruppi evolutivi autocentrati sono un laboratorio in cui il limite viene spostato più lontano a vantaggio di nuovi territori percorribili e conquistabili per l'appunto solo in gruppo poiché esso assurge ad universale concreto in via di individuazione quindi con una quantità di libido disponibile assai superiore a quella dei singoli individuati. Quindi nuove esperienze dato che esperienza e pensiero maturo sono la stessa cosa.


  • Quando il gruppo varca la soglia e da gruppo psicoterapico si fa più consapevolmente gruppo di ricerca e spirituale, esso permette l'esperienza sistematica della coniunctio, dell'unione di opposti e dunque permette di sperimentare anche sensorialmente la verità psico - spirituale delle cose. Il gruppo riflette su di sé, fa esperienza emotiva, psicologica, filosofica, del pensiero ai suoi vari livelli e nel portarlo a manifestazione cosciente, permette al pensiero stesso di svolgersi concretamente con grande potere.


  • Quando il gruppo diventa l'interlocutore interno ed esterno ad un tempo, attraverso di esso, il singolo assimila ed interiorizza la forma concreta del pensiero puro, ossia reale, ossia del pensiero come processo e contemporaneamente egli esteriorizza se stesso come pensiero. Egli sa la forte attrazione (consustanzialità) seppure mascherata tra reale esterno e reale interno sicchè è proprio la consapevolezza di questa relazione a renderlo veicolo adatto alla trasformazione se non alla mutazione coscienziale.


  • Esiste una forte correlazione, coincidenza, e consustanzialità tra percorso analitico dialettico e filosofia dialettica vivente sicchè è inevitabile nel nostro lavoro dare corpo al pensiero e pensiero al corpo. In ambito psicoanalitico penso che il "pensiero assoluto", ossia quel pensiero sufficientemente ripulito e liberato dai detriti psicologici (ombre, proiezioni e quanto altro) coincida con la realizzazione sufficiente del processo di individuazione. In essa si esprimono e trovano incarnazione nel soggetto le categorie hegeliane dello Spirito anche se non è più questo il linguaggio comunemente usato. La persona individuata ha superato la coscienza infelice che l'ha portata a intraprendere il cammino di conoscenza interiore ed ha raggiunto quello stato in cui sa districarsi nei fattori pratici della vita, senza perdere il contatto e la percezione di sé come ente spirituale.


  • Nell'analisi individuale e nell'analisi dei gruppi GEA le fondamentali tappe sono identiche: frantumazione, perdita dell'identità, passività e prigionia dalla natura (i propri vissuti e sintomi), paura della morte, superamento della paura della morte nell'incontro con il Sé, necessità del foggiarsi spiritualmente per sottrarsi all'indipendenza delle pulsioni, apprendimento della mediazione, l'apprendimento a posizionarsi come terzo tra sé e sé onde prendere coscienza del conflitto, ovvero l'apprendimento ad alienarsi da sé pur restando presso di sé, il raggiungimento di un quarto punto di visione in cui scoprire la natura dei simboli ovvero dei pensieri universali che sono nascosti in immagini tipiche dentro al nostro inconscio; quinto punto: lo sfondamento, sprofondando nell'inconscio e nella massima distanza da sé, della identità personale per ritrovarsi soggetto universale. Un soggetto che affronti tale lavoro senza nessuna scorciatoia, manterrà una morale ma saprà che la verità del mondo si trova al di là del bene e del male e saprà che proprio mentre sente di avere trovato la verità ultima della vita nell'essenzialità del sapersi vivo nella relazione e del sapere la dialettica tra logica temporale, formale e logica atemporale, circolare, caotica, proprio mentre scopre la semplicità del Bene supremo a cui ognuno dà poi il nome che preferisce, scopre anche la libertà e la necessità da ogni sistematizzazione. Egli saprà comunque passare dall'interesse personalistico alla vita ad un reale investimento libidico sui problemi dell'esistere universale. Al di là della logica adottata in questo, io penso, consista la realtà del pensiero assoluto.


  • La persona individuata non è colei che si pasce dell'anima bella in beata solitudine. Io credo che l'individuazione, proprio perché tutt'uno con la percezione di sé come ente universale individuatosi, porti ad avvertire la necessità di altri compagni proprio perché la molla vitale che avanza dopo che l'eros ha lavorato per il singolo soggetto, giunge a vivificarsi e ad attualizzarsi nella relazione. Dopo aver sperimentato tutte le esperienze spirituali fondamentali è proprio il bisogno di relazione e di sempre nuovi compagni ciò che resta e che è funzionale per noi analisti a continuare nel lavoro.

  • Definizione di pragmatismo

    Pragma è l’insieme di operazioni che rende possibile la trasformazione in evento reale esterno di quanto il pensiero, all'interno del pensante (l'uomo) sa ideare.


    Pragmatismo negativo e pragmatismo affermativo

    Esiste un atteggiamento pragmatico unilaterale in cui è quasi perso il contatto con l'idea originaria che lo legittimerebbe e gli darebbe fondamento. Esiste una corrente culturale che rifiutando di confrontarsi con il mondo inaffidabile del pensiero afferma la assoluta indipendenza ed opportunità del pragmatismo. Essa è presente anche nell'ambiente psicologico in tutte quelle tecniche psicoterapiche che rinunciando alla presa in carico del soggetto totale e della sua "scatola nera" lavorano soltanto sugli effetti manifesti.
    Questa forma di conoscenza che prevede solo la contingenza, l'immediata esigenza dell'uomo, che vive di tattiche e non di futuro, non di strategie, è, se unilaterale, dichiarazione di sconfitta rispetto alle vere necessità interiori dell'uomo psicologicamente intero e rispetto alla ricchezza che una visione più ampiamente evolutiva comporta.
    Esiste un atteggiamento pragmatico affermativo che consiste nel portare ad esistenza esteriore l'idea che lo supporta e che offre i suoi servigi per l'evoluzione e l'ampliamento dell'idea stessa. Ora la prassi è produzione. Vedremo tra poco come la cosa ci riguardi molto da vicino. Perché? Perché anche noi psicoanalisti siamo produttori. Di cosa? Di Bene spirituale.


    Pensiero assoluto come percorso del processo dialettico consustanziale al processo individuativo del soggetto in carne e ossa.

    Ne parlo come processo dialettico tutt'uno con il processo individuativo. Penso che però esista un doppio modo di intendere il pensiero assoluto: esiste il pensiero assoluto particolare ed il pensiero assoluto universale.
    E' assoluto quel pensiero che si autodefinisce tale nel tentativo di costituirsi sistema totalizzante esplicativo. In senso universale il pensiero è assoluto quando voglia rendere conto del Tutto, del pensiero stesso.
    E' assoluto il pensiero che sa prendere forma esteriore secondo le caratteristiche che gli sono proprie. Ad ogni sua manifestazione è assoluto perché reale, determinato, formato, e superabile.
    E' pensiero assoluto ogni concetto capace di misurarsi con la realtà. Ogni cosa è dunque pensiero assoluto, perché ogni cosa esistente è forma, organizzazione, manifestazione, trasformazione.
    La realtà come pensiero però non esiste senza un osservatore che sia capace di coglierla come tale sicchè non è automatico e scontato che ogni prodotto dell'uomo ed ogni sua percezione significhi immediatamente manifestazione della sua capacità pensante. Che sia o non sia così dipende dalla logica in atto nel soggetto.


    La necessarietà delle tappe del pensiero nell'universo psicoanalitico dialettico.

    Col termine pensiero assoluto ci si riferisce qui alle correlazioni interdipendenti degli elementi psico-cognitivi che determinano l'evolversi interiore e quindi la successiva applicazione di un certo tipo di logica piuttosto che di un'altra.
    Sono affascinata più che dalla verità del pensiero assoluto, dalla dinamica assoluta che si mostra tutte le volte nella sua necessarietà e che mostra la inevitabilità di certe tappe che il pensiero richiede.
    So che anche questo potrebbe essere discutibile ed infatti lo è perché comunque la necessarietà è un concetto che scaturisce all'interno di un universo che per preservare se stesso prevede certe leggi. Allora se l'universo è l'universo dialettico, esso prevede tappe dialettiche.
    Da un punto di vista epistemologico sappiamo che il conoscibile diventa conosciuto nella misura in cui si lascia catturare all'interno di un'osservazione condizionata dagli strumenti che la permettono. Per quanti strumenti si adottino il conoscibile sarà sempre circondato, delimitato e "deformato" dall'inconoscibile.
    Sir Eddington con la sua metafora del pescatore e del lago rende bene l'idea.
    Deformazione e dubbi disperanti rispetto alla verità ultima non sono i problemi centrali della mia riflessione.
    Ripeto, sono affascinata dal fatto che in ogni universo il pensiero lascia intravvedere certi aspetti da cui posso ricavare alcuni elementi di necessarietà, per esempio nell'analisi.

    Ora, ci sono due fondamentali approcci epistemologici:

  • quello che pone a base della teoria della conoscenza la logica del rapporto soggetto - oggetto (visione scientifica. Logica formale. ) che non potrà mai superare il concetto di metafora, dunque resterà imbrigliata nella relatività del suo strumento;


  • quello che pone a base della teoria della conoscenza la logica del rapporto soggetto - Soggetto (visione mistica, logica olistica del "caos", priorità del rapporto tra soggetto personale e Soggetto Vita). Questo tipo di logica, può anche prevedere la libertà finale dalle immagini.


  • Le due logiche ci appartengono entrambe ma si ordinano in ciascuno di noi in modo gerarchicamente differente: in alcuni è guida la logica formale e strumentale quella "caotica", in altri è guida la logica del caos ed è strumentale la logica formale.


  • Il presupposto da noi accolto dell'identità conoscente - conosciuto e la consapevolezza che gli strumenti dell'osservatore determinano le caratteristiche dell'osservato impediscono il rifiuto pregiudiziale al diritto di cittadinanza di altri strumenti che non siano quelli che ci troviamo ad utilizzare noi. Ogni strumento, in quanto parte integrante di un processo conoscitivo in atto porta conoscenza e inevitabilmente conoscenza parziale.
    Ora il nostro strumento si colloca nella logica del rapporto soggetto - Soggetto e più precisamente nella logica del rapporto coscienza - inconscio da cui scaturisce il carburante energetico (libido) capace di produrre le trasformazioni necessarie nel soggetto. Mai come nell'universo psicoanalitico ci si può rendere agevolmente conto dell'originaria natura fantastica dell'idea che ci facciamo dell'inconscio o, ed è lo stesso, delle basi del pensiero: esso poggia sempre e comunque su di un modello, una mappa, in cui si disegnano, secondo certe regole, le proprie esperienze.
    Ora, se l'approccio epistemologico basato sulla contrapposizione soggetto - oggetto si trascina la estraneità totale dell'oggetto dal soggetto, hegelianamente si direbbe che qui la cosa resta padrona e indipendente dal soggetto, l'approccio epistemologico basato sull'intersoggettività crescente non toglie la relatività e l'estraneità degli oggetti seppure siano diventati stavolta oggetti mentali, conosciuti più o meno condivisi però questo tipo di lavoro permette, procedendo nell'individuazione, la caduta delle convinzioni, come categoria di pensiero, le idee tendono a cadere proprio perché ci si immerge nella dimensione multipla e polivalente del simbolo e dell'inconscio. E si parla ad un certo punto di svelamento, di caduta delle illusioni con ciò intendendo che finalmente ci accorgiamo da un lato di essere immersi in un mondo di metafore che da sole designano l'inconoscibilità diretta delle cose, dall'altro ci accorgiamo del nostro scheletro sottile che è la dialettica del pensiero, il quale, solo dopo aver affermato se stesso, permette una nuda e cruda affermazione della propria identità. Con essa giungono possibilità e libertà di abitare vari copioni nel corso della vita senza appiccicarsi a nessuno di essi.
    Tra l'altro se le cose fossero conoscibili nella loro essenza non vi sarebbe differenza tra segno e simbolo. Dunque più si procede e più i vissuti forti ed impregnati di autentica veridicità spirituale e psicologica si spogliano delle vecchie categorie intellettuali e mentali e restano nude e luminose consapevolezze di cui non si sa più tanto rendere conto con le parole. Se il pensiero percorre tutte le tappe necessarie del suo svolgimento, esso raggiungerà il suo obiettivo doppio: in se stesso come concetto nutriente e nel mondo come manifestazione e gesto.
    Ora, forse, poco importa a quale logica esso risponda, se a quella formale o a quella dialettica, ma se esso osserva fedelmente i passaggi all'interno della sua propria logica esso otterrà il successo. Ovvero riuscirà ad incidere nel mondo. Non entrano in gioco in questa mia disamina i lati evolutivi o morali dei suoi prodotti, ciò di cui sto parlando è forse di un aspetto fondamentale della cosiddetta intelligenza. Un pensiero maturo e sano non può non trovare una realtà che lo accolga.


    L'universo logico interno

    Ho accennato poc’anzi alle interconnessioni interiori. Io so che i pensieri che ci attraversano sono in sé e per sé relativi, necessariamente e naturalmente, epperò essi vivono come ogni cosa nella relazione interiore. L'interconnessione dei pensieri (credenze?) fondamentali, la rete, l'universo interiore logico, la griglia, costituente la mia visione del mondo di base determina i pensieri derivati, secondari. Il tutto varia evidentemente nel tempo. Ma se assumiamo l'analisi di un segmento temporale segnato da una certa struttura conoscitiva, dunque da certe credenze centrali, ebbene se i pensieri secondari non sono fedeli e congrui a quel sistema centrale, per esempio fondato:

    sull'affidamento al Sé Pensante Universale + logica del caos

    oppure al contrario fondato:

    sul dubbio sistematico Ego + logica formale

    si crea perdita energetica e facilità d'insuccesso. Tanto più invece i pensieri ed i progetti riescono a rispondere a criteri di congruità con il sistema centrale, tanto più alta diventa la probabilità del successo esteriore. Se il pensiero è dogmatico alcuni contenuti sono in sé e per sé incongrui irreversibilmente. Invece se il sistema di pensiero è aperto allora la congruità è qualcosa da forgiare con il proprio lavoro e non è inerente alla cosa in sé.
    S'intende qui per successo, l'accadimento di una meta ricercata e dunque la corrispondenza tra pensiero interno ed accoglienza intelligente della realtà esterna. La mia ipotesi, fin qui suffragata dall'esperienza, è che la totale fedeltà alla propria logica porta al successo, dunque alla preservazione della vita.
    Il concetto di fedeltà all'universo logico interiore personale si estende anche al gruppo. Un gruppo che, non per suggestione, ma per affinità di visioni del mondo, nasce e si basa su di una certa logica, produce effetti significativi e congrui alla sua meta naturale , insomma sopravvive e vive, nella misura in cui resta fedele alla logica interna, che potremmo anche chiamare l'intelligenza del corpo, e la rinforza.
    Ciò mostra la natura relativa delle visioni del mondo ma anche la loro veridicità e realtà. Con questa premessa è accolto il valore e la natura fantasmatica di ogni principio di realtà e delle due fondamentali logiche in cui possiamo muoverci ed in effetti alternativamente ci muoviamo: quella formale (scientifica) e quella dialettica - simbolica (più vicina alla legge del caos).
    Rispetto al benessere l'interesse si sposta sulla funzionalità della fedeltà alla propria logica interna. Essendo questa la nostra personale molla alla qualità della relazione con gli altri e con il mondo, essa diventa parametro di verità e di previsione. La qualità dei contenuti è assolutamente relativa ma la realtà psicologica e spirituale complessa a cui le varie tappe del processo pensante danno vita ed entro cui i singoli contenuti (pensieri) nascono, è coercente come un organismo vivente che abbia bisogno per mantenersi in vita di preciso cibo e di precisi stimoli.

    In un soggetto in cui prevale la molla ossessiva e funzionale del controllo tipico della logica formale, l'atteggiamento paranoico terrà vivo l'interesse e permetterà al soggetto una più probabile realizzazione del progetto. Viceversa un soggetto in cui prevalga l'applicazione della legge del caos o dell'inconscio, sarà più attento al non fare e alla semplice decodifica dei messaggi che gli arrivano dal Soggetto Vita e vivrebbe in modo incongruo un suo eccessivo preoccuparsi di controllare gli eventi finalizzati all'accadimento agognato.

    La malattia e l'insuccesso dei propri intenti forse nascono quando non si riesce a restituire al proprio organismo interiore psicologico tutto il materiale immediatamente incongruo in forma rielaborata e accettabile o quando, per mancanza di legittimazione, non si segue davvero la propria logica prevalente perché risulta inaccettabile ed illogica agli altri interlocutori di ricerca e di vita. L'esempio che porto è sempre tra la modalità razional-scientifica e quella sovrarazionale-caotica. La prima che cerca di risolvere tutto e di dare risposte congrue secondo le necessità della sola coscienza. La seconda che contempla tra gli elementi della sua intelligenza la percezione soggettuale della Vita (il Sé, l'Inconscio, ecc.). La prima è la via scientifica lineare della ipotesi, della prevedibilità, della spiegazione e della convalida; la seconda è la via dell'apparente caos, della considerazione multipla e simultanea tra più elementi e più traiettorie progettuali, ovvero tra più idee contemporanee, delle sincronicità. Anche la mentalità scientifica sa ammettere che si può ottenere lo stesso risultato (esterno) sia perseguendo la via scientifica che la via più apparentemente casuale. Chi "applica" la legge del caos non sarebbe d'accordo a definire atteggiamento casuale e probabilistico il suo proprio pensiero per questa costante irrinunciabile nella sua logica del dialogo con la Vita e quindi dell'intuizione che c'è sempre un Tutto in movimento sicchè fin da subito è tolta sia l'idea fantastica del controllo e della linearità che la percezione di reale caos. Chi agisce in realtà lasciandosi agire dal principio del caos, ha superato la paura del disordine e pensa che le cose si ordineranno incredibilmente secondo un principio appartenente al suo progetto di partenza. In realtà chi agisce secondo la legge del caos, non aderisce nemmeno ad un preciso progetto quanto piuttosto ad un idea-sciame . Non si sa quale si realizzerà ma sarà qualcosa che appartiene a quell'insieme previsto in partenza con alto grado di approssimazione.
    Certo che ci sono momenti assolutamente coercitivi per l'Io e chiamano in causa la logica formale: pagare le tasse, comprare il cibo, ecc.ecc. ma io mi riferisco a quelle realtà che determinano l'espressione esistenziale di ognuno di noi ed in cui si manifesta l'esistenza piuttosto che la sopravvivenza umana. Ebbene quello è il territorio della "scelta" dell'universo logico a cui aderire. Forse la logica del "caos" (che sappiamo non esistere corrispondendo esso al nostro limite conoscitivo e non alla realtà che è sempre e comunque ordinata paradossalmente nonostante i grandi quesiti posti dalla fisica quantistica), forse dicevo qualcosa di questo genere viene applicato anche nell'economia e nel nuovo universo di Internet ma non saprei dire di più.


    Pensiero assoluto negativo.

    E' il pensiero dogmatico, quello che chiude la ricerca e gli orizzonti dello spirito. Quindi è il pensiero malato. Pensiero dogmatico può essere anche pensiero vero ma solitario ed individualista a cui manca dunque il lato del lavoro socialmente necessario affinchè esso si ritrovi in molti. Ho già analizzato altrove il dogmatismo concretistico come aberrazione dello Spirito. Un pensiero maturo non allontanerà da sé i suoi simili, ovvero altri pensieri ed altri sistemi di pensiero. Ricordare che ogni pensiero ha diritto se maturo ad esistere è allenamento all'elasticità mentale che favorisce un movimento unitario rispetto agli atteggiamenti spiritualmente settari.


    Pensiero assoluto positivo.

    E' il pensiero che non indugia falsamente in dubbi alimentando distanza tra il soggetto ed il suo sistema interiore centrale. Che sia di tipo produttivo materiale (pragmatismo materiale e comportamentale) o che sia di tipo produttivo spirituale (pragmatismo spirituale e comportamentale) il soggetto che sviluppi e porti a maturità il suo modo di pensare si confronterà sempre con il momento strettamente pragmatico che altro non è se non pensiero pratico. E nel suo modo di praticare emergerà la sua natura profonda. L'universo logico in cui ci troviamo inseriti in quanto psicoanalisti è sicuramente un universo che, pur mostrandosi pregno di ordine, siamo costantemente impegnati a rinforzare l'identità dove essa è fragile, dunque a rinforzare la percezione dello spazio-tempo, a rinforzare linearità e circolarità certo, però visto che l'universo è psicoanalitico, siamo sempre sulla soglia tra coscienza e inconscio ci manteniamo sempre su questi bordi equivoci ed ambigui, noi assistiamo molto più facilmente, ci vengono incontro e non sono facilmente descrivibili, gli eventi che sembrano dominati dal caos ma che caos non è.


    Produttività (produzione di pensiero esteriorizzato e non) e Pragmatismo spirituale.

    La strada delle crescente "individuazione" porta a due condizioni:

  • alla morte in vita e dunque all'ozio santo e totale;


  • all'investimento del proprio "patrimonio" spirituale affinchè esso si moltiplichi e arricchisca di sé il mondo.


  • Non ci soffermiamo sulla prima condizione perché non ci riguarda ancora. Seguiamo la seconda possibilità. Il pragmatismo ci riguarda perché esso coincide con il lato pratico del nostro lavoro, il nostro metodo, le nostre reali sedute e soprattutto tutto ciò che le permette.
    Ripeto: la produzione di beni è la principale attività che aggrega l’umanità in gruppi. I beni producibili possono essere materiali o spirituali.
    Ripeto e mi pare di avere scoperto una cosa incredibile: la psicoanalisi dei gruppi rientra tra le attività produttive di beni spirituali socialmente necessarie laddove gli antichi prodotti spirituali (magia, religioni, arti) non riescono più a soddisfare la nuova domanda dell’essere che sposta la ricerca del bene spirituale dall’esterno all’interno dell’Uomo ed essa è sempre più urgente domanda di presenza consapevole endogena.


    Il sociale come nuovo soggetto

    Allora cosa ne risulta? Che noi prendiamo il gruppo come campione del sociale e che è il sociale attraverso il gruppo che cerca di prendere coscienza di sé. Si sposta quindi l'interesse dalla centralità dell'individuo alla centralità del gruppo. Gruppo che cerca di percepire se stesso attraverso i singoli e che cerca dunque di essere una realtà seppure traslata, esteriore della realtà interiore dei partecipanti singoli. Ma non voglio inoltrarmi qui sulla natura dei gruppi. C'è già molto materiale.


    Produttività soggettuale e pragmatismo spirituale

    Ci siamo sempre domandati se è legittima la convivenza tra questi opposti termini: da un lato la massima purezza possibile del prodotto finale, il grado di massima distillazione e raffinazione spirituale raggiungibile in noi e nei gruppi e persone che a noi si sono affidati; dall’altro l’elasticità e la creatività necessarie per trasformare l’apparente impermeabilità dell’ambiente umano circostante in porosità accogliente e aperta alla esperienza psicoanalitica.
    Noi professionisti in GEA da che siamo nati professionalmente non viviamo in grazia di nessun altro "anello" che ci anticipi e ci faciliti la soddisfazione della necessità, che abbiamo a tutti i livelli esistenziali, di quei compagni (inizialmente definibili come analizzandi) che, come noi, ricerchino quello stato di esistenza in cui non più la nostra psiche inconscia percepirebbe la vita ed il mondo ma lo spirito (la certa consapevolezza) direttamente.

    La libertà è stata ed è necessaria ed insostituibile proprietà per l’autenticità della nostra sperimentazione. Vi sono due tipi di libertà:

  • la libertà regalata dai padri superiori all’interno di vincoli edipici (i baroni di varia natura e le istituzioni di potere), dunque libertà falsa;


  • la libertà regalata dal Sé in cambio del nostro totale affidamento ad esso, dunque libertà vera perché non risolta in un altrove e perché costringe al confronto con la necessità che essa comunque non toglie. Io non posso pensare di essere analista e fare anche altra attività al fine di "garantirmi" perché se così fosse non verificherei nulla rispetto al rapporto tipico dell'analisi che affronta il mondo in rapporto intersoggettuale: soggetto particolare - Soggetto Universale, questo è il nostro approccio. Per verificare la bontà del nostro approccio è chiaro che ci devono essere le condizioni più pure possibili. Se le condizioni non esistono l'analista lavorerà sì ma non sarà né trainante ed autentico veicolo di libertà, né vero e reale testimone di quello che può comportare il rapporto autentico intersoggettuale. Dunque libertà che giunge in cambio del nostro totale affidamento al Sé, affidamento non cieco ma lavorato perché l'analisi lavora non solo le pulsioni ma lo spirito, il pensiero.


  • La libertà che sperimentiamo è libertà del secondo tipo ed essa non induce depressione, non turbamento ma comprensione della sua preziosità. Necessità e libertà producono altri due figli uniti anch’essi in altro divino incesto: eros e logos. Tutti gli ingredienti sono presenti e lavorano per la creatività e per le strategie vincenti.
    Non si pensi a macchinazioni psicologiche strane, a sinistri e mascherati sistemi comportamentali persuasivi, ecc. No: quello che vogliamo tentare di esprimere è la seguente affermazione: ogni grande pensiero o progetto ha bisogno del piccolo espediente pratico. Spesso un piccolo espediente pratico cela dietro di sé un grande pensiero o un grande progetto.
    Se il pensiero è maturo, ossia ha attraversato tutte le fasi fondamentali del processo che lo pongono in essere, allora il piccolo espediente ad esso collegato inciderà nella realtà, avrà successo: una o più idee all'interno del progetto sciame si realizza. Se il pensiero ha viceversa preso scorciatoie, fa bella mostra di sé e si compiace ma non si conosce a sufficienza, allora l’espediente pratico, il suo collegamento con l’esterno, non avrà successo. E giustamente.

    Riepilogando: il pragmatismo spirituale è tutt’uno con l’individuazione, è un modo interiore capace di ottenere risultati esteriori che altri cercano di raggiungere gonfiando e drogando l’ego.

    Esso dipende dal grado di consapevolezza raggiunta rispetto alla coniunctio, all’unione di opposti. E’ maturità che permette di mediare e di essere, in tale operazione col mondo e con l’altro, immediatamente se stessi.

    E’ maturità di pensiero. E’ capacità imprenditoriale applicata allo Spirito. E’ mantenersi saldi ai momenti fondamentali dell’avventura spirituale. E’ anche l'imbroglio terapeutico.

    Avevamo ricordato poc’anzi la nostra perenne domanda circa la questione se i due, spirito puro e pragmatismo spirituale, possono stare insieme.

    Non possiamo qui approfondire l’elenco degli espedienti che fanno parte del nostro piccolo bagaglio di strategie né sarebbe opportuno. Possiamo ribadire l’obiettivo per cui le abbiamo utilizzate e le utilizziamo: la ricerca di interlocutori necessari e la produzione di maggiore benessere globale il nostro compreso, il tutto sempre sotto l’occhio superiore della comune Presenza che sempre ha garantito l’insuccesso a chi ha cercato, a GEA, connotando personalisticamente le sue strategie, di raggiungere obiettivi egoriferiti. Possiamo dunque concludere che pragmatismo sì va bene, ma sempre e solo spirituale!

    Ada Cortese


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