Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
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Dicembre 1994 Pag. 8° Maria Teresa Traversa
 RICERCHE 

IL GUARITORE FERITO

L'immagine del guaritore ferito simbolizza l'acquisizione cosciente del terapeuta della perenne disponibilità al conflitto per farne sempre nuove sintesi. L'impossibilità iniziale del paziente a trar frutto dalla propria "ferita" e' cio' che differenzia i due.

Nella pratica clinica ci si trova continuamente ad avere a che fare con il sintomo. La richiesta che viene avanzata al terapeuta è quella di liberare il povero paziente da tanta, inutile, sterile sofferenza. Dare immediatamente una lettura del sintomo, che spesso non permette un inserimento "adeguato" al suo portatore, all'interno del sociale, creando così un disadattato, un emarginato, insomma, un malato che non può beneficiare di tutte le buone possibilità, che una società così consumistica, così "avanzata" offre.
Ma non può sussistere il problema in una società di questo tipo, che deve dare ad ogni costo delle risposte immediate, razionali, che inorridisce di fronte al dubbio. Il terapeuta è la soluzione adeguata. A lui sì che si può chiedere.
Non è forse lui il detentore del sapere? Non è forse lui che ha il potere sul malato e sulla malattia? Ma proviamo ad affacciarci per un momento anche dall'altra parte, dalla parte del terapeuta.
Come vive l'urgenza della richiesta? Se l'operatore presta la propria opera all'interno della struttura istituzionale, "deve" in qualche modo adeguarsi alle aspettative che gli altri nutrono nei suoi confronti ed "esibire" il proprio "sapere", preoccupandosi in maniera prioritaria di formulare una diagnosi. "Conoscere", insomma, nella maniera più sintetica possibile il paziente, per poterlo etichettare in fretta ed inserire, così, nello schedario del già noto. Entra inazione tutto il bagaglio testistico acquisito; ci s'inizia ad interrogare: "Ma che paziente difficile da capire! Chissà s'è diventato prima psicotico e poi insufficiente mentale, o se è vero il contrario? ", "Ma via, quali dubbi dottoressa, cerchi di scoprirlo. E' fondamentale saperlo! ", "Quante domande, quante prove, quanto lavoro!", "Ma mica crederà, dottoressa, di scrivere tutte queste cose? ! E chi ha mai il tempo di poter leggere tanta prolissità. Due righe, bastano due righe!".
Il terapeuta chiude così il suo giro esibizionistico e può restituire al paziente una diagnosi. Ora sa, il poveretto, qual è il suo male.
Il paziente è esigente? Vuol anche rimediare? Non c'è problema. Esiste un'ampia gamma di pillole colorate e poi c'è anche la psicoterapia, che può correggere tutto ciò che in lui è inadeguato, per renderlo finalmente "normale" e, perché no, come chi l'ha curato! Anche se questo tipo di terapeuta non lo sa, il paziente può trarre comunque dei benefici pur da una situazione del genere. L'impatto con una follia superiore alla sua può anche permettergli d'intuire che perlomeno il suo sintomo lo privilegia, elevandolo dall'imbecillità del pensare comune.
Non viene richiesto un gran dispendio di energie, solo la giusta quantità per potersi permettere di cambiare, almeno, "terapeuta".
Ad un diverso livello, il sintomo viene accolto, è il benvenuto perché offre al suo portatore la possibilità di capire, di conoscere ciò che per altra via non gli sarebbe stato possibile nemmeno intuire. Il sintomo porta infatti con sè la caratteristica dell'urgenza che fa muovere finalmente il soggetto; lo "costringe" a fare qualcosa.
Se andiamo all'etimo della parola, dal greco symptoma-atos "avvenimento fortuito" derivato di sympiptein "cadere", composto di syn "insieme" e piptein "cadere", risulta evidente che il sintomo rimanda a qualcos'altro, a ciò che "cade insieme".
Il paziente può quindi sfruttare questa situazione di disagio per recuperare a sè ciò che inconsapevolmente porta in sè.
Affinchè ciò possa avvenire è indispensabile che anche il terapeuta sappia, conosca la ricchezza del sintomo. Ciò non è comunque immediato, nè solo frutto di una solida preparazione teorica.
Per diventare degno testimone del sintomo, il terapeuta deve necessariamente aver superato la scissione dell'archetipo guaritore-paziente.
Una prima fase può essere ricondotta al tentativo di riunificazione dell'archetipo tramite l'esercizio del potere da parte del terapeuta che proietta sul paziente l'altro polo, quello della malattia; da parte del paziente questo è possibile riconoscendo il proprio status di malato ed affidandosi totalmente al terapeuta, riconoscendo solo in lui il polo del guaritore. Ciò comunque non basta. E' solo un passaggio. Il permanere in questa fase comporterebbe rendere il portatore del sintomo eterno paziente ed il terapeuta chiuso alla conoscenza di sè ed alla sua capacità di poter costellare il fattore di guarigione nel paziente.
E' solo il passaggio successivo che permette il superamento della scissione dell'archetipo guaritore-paziente, ed è solo il guaritore ferito che può favorirlo.
L'immagine del guaritore ferito simbolizza l'acquisizione cosciente, il riconoscimento dentro di sè, di tutti quegli aspetti di cui il paziente è detentore in quel particolare momento, ma di cui non è l'unico portatore. Il terapeuta può riconoscere in quelli anche i propri aspetti, vivere l'altro polo dell'archetipo e diventare così non "padrone" del paziente ma suo compagno di viaggio; non colui che guarisce ',ma colui che favorisce e testimonia l'attivazione del polo guaritore, insito nel paziente.
All'interno di questa modalità si che può venire riconosciuta al sintomo la sua ricchezza e la sua qualità d'essere occasione per compiere il viaggio della conoscenza attraverso l'inconscio.
Un sogno esprime bene questo concetto:

Il sognatore si trova in fondo al mare. Sa che parecchio tempo fa, li, fu seppellito un tesoro ormai dimenticato.
Vede un'enorme pietra/lapide. La sposta e non riesce a capacitarsi di ciò che appare ai suoi occhi: una ricchezza indescrivibile gli si mostra. Vorrebbe appropriarsene ma sa anche che è impossibile perché quel tesoro è patrimonio universale. Sa, comunque, che per il suo contributo, riceverà una qualche forma di ricompensa.

Il sintomo è una delle tante modalità attraverso cui l'essere si manifesta. Poco importa all'evoluzione delle letture rattrappite e pigre di "terapeuti affermati" e di pazienti lacerati nel dolore. Il fine va oltre ogni egoriferimento individuale "up" o "down" che sia. Coincide col senso stesso della vita: l'Uomo Cosmico che diventa sempre più consapevole di sè.
Allora sì che possiamo leggere le categorie: sintomo-tesoro; paziente-terapeuta, non più come antitetiche, ma coincidenti, proprio perché corrispondenti a momenti diversi dello stesso processo evolutivo.
Ecco che allora il terapeuta diventa testimone della trasformazione sintomo tesoro così come l'essere umano del processo evolutivo che in lui si dà, perché no, anche attraverso il sintomo.

Maria Teresa Traversa


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