Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
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Home Anno 4° N° 14
Dicembre 1995 Pag. 10° Laura Ottonello

Laura Ottonello

 MITI E LEGGENDE 

L'ABETE

L'uomo moderno "consuma", alla stregua di qualsiasi altro oggetto, un'antica tradizione, rimuovendo completamente il significato che aveva in origine rinnegando così le sue stesse radici. Catapultato fuori dalla totalità del ciclo cosmico che si rigenera continuamente, l'uomo, come il povero abete di questa favola di Andersen, non può essere consapevolmente "presente"a se stesso, nè può godere della propria esistenza perchè,vacillante nella perenne condizione di "mancanza", è sempre troppo teso verso il passato o il futuro.

Nella grande foresta viveva un tempo, insieme a tanti altri compagni, un giovane abete; aveva per sè parecchio spazio, prendeva il sole, aveva aria a sufficienza, ma quel piccolo abete aveva una gran voglia di crescere e non era mai contento.
"Oh! se solo fossi grosso come gli altri alberi! Sospirava l’alberello "potrei allargare per bene i miei rami e con la cima ammirare il vasto mondo! Gli uccelli costruirebbero i loro nidi tra i miei rami e quando c’è vento potrei dondolarmi solennemente, come fanno tutti gli altri! " E non si godeva affatto nè il sole, nè gli uccelli o le nuvole rosse che mattina e sera gli passavano sopra.
Durante l’inverno la neve lo ricopriva, avvolgendolo amorosamente col suo candido mantello; nell’estate i raggi caldi e vivificanti del sole lo accarezzavano, mentre gli uccelli, che facevano il nido tra le sue fronde, cantavano per lui canzoni tristi e allegre di terre lontane.
Ma malgrado tutto questo il giovane abete si lamentava sempre: gli uccelli gli parlavano dei loro viaggi, descrivendogli con poetica fantasia le meraviglie degli altri paesi; e il povero abete li ascoltava con vivo interesse e anche con un po' d’invidia.
Quando poi quelli se ne andavano verso luoghi più caldi, egli s’intristiva e ripensava ai loro racconti, maledicendo la sua sorte che lo condannava a star radicato in quella foresta per l’eternità.
Quando si avvicinarono le feste natalizie, vennero abbattuti giovani alberelli, che non erano ancora grandi e vecchi come quell’abete, lui non riusciva ad avere pace e voleva sempre partire.
"Dove vanno? " chiese l’abete "non sono più grandi di me, anzi ce n’era uno che era molto più piccolo: "Noi lo sappiamo" cinguettarono i passerotti "abbiamo curiosato attraverso i vetri delle finestre in città. Sappiamo dove vengono portati. Ricevono una ricchezza e uno sfarzo inimmaginabili! Vengono piantati in mezzo ad una stanza e decorati con le cose più belle, mele dorate, tortine di miele, giocattoli e molte candeline! " "E poi? Che succede dopo? " "Non abbiamo visto altro. Ma era meraviglioso! " "Oh, che nostalgia!" pensava l’abete "Se solo toccasse a me! Potessi essere portato via. Nella stanza riscaldata, e con quello sfarzo! Poi succederanno cose ancora più meravigliose, altrimenti perchè mi decorerebbero? " "Rallegrati con me! " dissero l’aria e la luce del sole "goditi la tua gioventù all’aperto! " Ma lui non gioiva affatto. Cresceva continuamente e restava verde sia d’estate che d’inverno e la gente che passava da quel bosco esclamava "Che bell’albero!" Durante un Natale, anche il nostro abete fu abbattuto e fu condotto in una grande città: egli non stava più in sè dalla contentezza e sognava chi sa quali avventure. Fu messo in un grosso vaso e disposto al centro di un grande salone. Alcuni uomini gli misero addosso piccoli oggetti luccicanti, candeline multicolori, giocattoli e dolci d’ogni specie e poi dicevano ammirati: "Che albero stupendo! " E l’abete pieno d’orgoglio ergeva la sua chioma ingioiellata e si sentiva fremere di gioia.
Scese la sera: il salone si illuminò splendidamente: le porte furono spalancate e una frotta di bambini chiassosi e saltellanti irruppero nella stanza e, dopo aver ammirato l’albero, lo saccheggiarono in meno di un minuto. Poi i bimbi se ne andarono, le candeline e gli oggetti luccicanti furono tolti dai rami che cominciavano a diventar secchi, le luci furono spente, e l’abete rimase solo e diventò triste. La mattina seguente alcuni uomini vennero a prenderlo e lo portarono in un solaio dove lo lasciarono insieme con gli oggetti più disparati e inutili.
Con quanto nostalgico rimpianto l’abete ripensò ai bei giorni trascorsi nella grande foresta, alla volta azzurra che immensa gli serviva da tetto, alle carezze del sole, ai canti degli uccelli, all’orgogliosa gioia di sfidare il vento del nord che non riusciva a piegare la sua superba chioma. Oh, perchè soltanto ora capiva l’importanza di tutti questi beni? Trascorse così in quell’abbandono e in quel silenzio, interrotto di quanto in quanto soltanto dallo scricchiolio del legno vecchio e dal rosicchiare dei topi, parecchi mesi.
Finalmente un giorno la porta della soffitta si aprì; entrarono delle persone afferrarono l’abete e lo portarono in cortile dove giocavano alcuni di quegli allegri bambini che a Natale avevano ballato intorno all’albero. "Adesso voglio vivere! " gridò lui pieno di gioia e allargò i rami tutti gialli e appassiti. Uno dei bimbi corse a strappare la stella d’oro che era rimasta sulla cima dell’albero e, nel far questo, cominciò a pestare i rami che scricchiolavano sotto i suoi stivaletti.
L’albero guardò gli splendidi fiori e ammirò la freschezza di quel giardino in un giorno di primavera. Avrebbe preferito restare in quell’angolo buio della soffitta dove almeno gli facevano compagnia i topolini. Pensò alla sua gioventù passata nel bosco e alla divertente notte di Natale. "E’ tutto finito" esclamò "Se almeno mi fossi rallegrato quando potevo. Ora è tutto finito."Allora venne un uomo e lo tagliò a pezzi; poi lo portò in casa per buttarlo, senza preavviso, nel camino acceso.
Fiamme livide si alzarono da ogni parte e avvolsero l’albero chiudendolo in un cerchio di fuoco. Egli tentò di protestare con deboli crepitii: invano. Le lingue di fuoco lo afferrarono nelle loro spire lo arsero fino al midollo; ben presto dell’orgoglioso abitante della grande foresta non rimase più che un mucchio di cenere calda.

Bibliografia: H. C. Andersen "Fiabe" Mondadori


Laura Ottonello


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