Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
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Settembre 1996 Pag. 6° Laura Ottonello

Laura Ottonello

 MITI E LEGGENDE 

LA SIRENA

"Con il fascino della loro musica attiravano i marinai che passavano nelle vicinanze. Le navi si avvicinavano allora pericolosamente alla costa rocciosa e si fracassavano. Le sirene divoravano allora gli impudenti."

Due tipi di sirene popolano il bestiario degli animali fantastici: le sirene-uccelli e le sirene-pesci; le prime hanno preceduto le seconde. Hanno testa e busto di donna, seni appuntiti e zampe palmate da uccello acquatico; vivono sugli scogli delle isole disabitate. La loro arma per "catturare" gli uomini è il canto.
La prima storia di sirene entrata nella mitologia è quella di Orfeo che accompagna gli Argonauti lungo il tratto presso l’isola delle Sirene. Per distrarre i suoi uomini Orfeo suona la lira di Bitonto e va a coprire il loro canto fatale; così perdono il loro potere. Ulisse utilizza un altro espediente: mentre ai suoi uomini impone di turarsi le orecchie egli, per tutelar se stesso, si fa legare all’albero della nave. In tal modo può udire e vivere il pericolo ma uscirne vivo. Sconfitte ancora una volta, le sirene si precipiteranno in mare. Così narra la leggenda.
I miti sono piuttosto contraddittori sulla loro origine. Apollonio le fa nascere da Tersicore e da Acheloo, il dio fluviale. Altri le vedono figlie di Melpomene. Molti affermano che fossero compagne di Persefone o di Demetra. Fu al momento del ratto di Persefone che le sirene avrebbero preso il volo verso la Sicilia; vennero attribuite loro ali e corpo da uccello per volare alla ricerca della vergine rapita.
Qualcuno avanza l’ipotesi che l’esser state trasformate in uccelli fosse una punizione per non essersi opposte al rapimento della loro padrona.
Più indulgenti, gli uomini, ne fecero l’immagine delle armonie celesti che cantano per la gioia dei Beati nelle Isole Fortunate.
Nel Medioevo, la sirena, affascinante e crudele, si confonde spesso con l’inquietante arpia, avvoltoio del mondo sotterraneo...
Risale forse a questa fase storica la trasformazione radicale della sirena che, in veste di donna-pesce, si fa, via via, sempre più simbolo di pericolosità. Le sirene hanno perso l’oscurità dei loro capelli; ora sono bionde, hanno chiome lunghe e fluenti, ondulate come il mare. Assieme allo specchio, simbolo che rimanda al doppio, all’ombra e all’inganno, le sirene usano il pettine, termine che, etimologicamente, rimanda alla sessualità. Ciò che lo specchio offre è l’immagine di un corpo nel quale la parte animale ha preso il sopravvento.
Le sirene moderne sono impregnate di una sessualità che era totalmente assente nelle sirene primitive.
Nella mitologia greca, infatti, esse furono addirittura punite da Afrodite per il loro tenace rifiuto a qualsiasi rapporto d’amore.
L’uomo antico cercava nelle sirene quel dono che esse erano capaci di infondere in un attimo di rapimento: il suono della conoscenza.
Ma il cammino umano è lungo e faticoso; non è un caso che solo Ulisse, il progenitore della coscienza (perchè è il primo ad usare il pronome "io") abbia potuto reggere il peso della nuova consapevolezza sopravvivendone.
Se prima potevano allettare e far perire nel languore e nella malìa del loro canto celestiale, nel medioevo il corpo diventa protagonista. Da solari (l’oro del sole fermato nei capelli) le sirene diventano lunari, inserite in un tempo ciclico, mutabile e misurabile. Esseri lunari sottomessi alla temporalità e alla morte, come la luna che nasce, cresce, decresce nel buio per poi risorgere.
Sirena viene da sereno o da sera. Il crepuscolo evoca la pericolosità ed il rischio di essere divorato.
Nel Medioevo, periodo della Scolastica, dei Padri della Chiesa, delle Crociate e di una diffusione sempre più dogmatizzata del Cristianesimo, le sirene perdono dunque le ali; come nelle rappresentazioni alchemiche è la caduta dell’anima.
Figure per metà pesce e per metà donna, tra il mare, simbolo di un inconscio ancora divorante, e la terra, luogo dell’uomo e regno assoluto dell’Ego.
Dall’armonia celeste - le ali da uccello dell’antichità - che si diffonde tra gli uomini attraverso un canto che è suono, ancora troppo potente, della conoscenza, alla "perdizione" nel profondo mare dove, per la prima volta, le sirene iniziano a specchiare il loro corpo nudo e a vedersi come illusione.
Il primo autore medioevale a parlare delle sirene e del loro canto mortale è Richard de Fournival nel "Bestiario d’amore" del 1250. Molti viaggiatori narrarono di averne vedute e ne interpretarono i comportamenti come segni prognostici. Anche Colombo (scopritore del mondo "nuovo") ne vide tre che danzavano sulle onde, mute e anche molto brutte. Due sono gli animali marini che, con le loro forme, ben si prestano a supportare le leggende: il lamantino, un mammifero che vive alla foce dei grandi fiumi africani e americani, e il dugongo, cetaceo erbivoro dell’Oceano Indiano. Entrambi hanno grandi seni rotondi privi di peli; quando allattano emergono dall’acqua con il tronco.
Nel 1614 viene descritta una storia d’amore tra un marinaio ed una sirena.
Le storie d’amore tra l’uomo e la sirena sono meravigliose ma finiscono sempre male: l’uomo, accompagnato nelle profondità degli abissi in palazzi sottomarini, non può più liberarsi dal vincolo di quell’amore.
Molto disponibili ad aiutare i naufraghi, li nutrono e li accudiscono ma poi, nei rapporti "traditi", non li lasciano andar via e spesso li uccidono.
Nelle leggende popolari sono presenti con vari nomi: in Germania è la "nixen", sirena malvagia che spinge l’uomo al suicidio; nei Paesi Bassi le "Merminnes", meno crudeli ma molto vendicative.
Come simbolo, la sirena è sempre molto presente nelle rappresentazioni iconografiche più antiche e resta vivo a lungo nelle miniature, nei capitelli, nei blasoni e nelle incisioni.
E’ curioso che i tipografi, in passato, abbiano scelto l’insegna della sirena a doppia coda quale simbolo della conoscenza e della cultura umanistica.
Tra le due branche del sapere, il due dell’opposizione e del conflitto diremmo noi oggi, si apre il sesso affascinante, l’antro marino: è il femminile quale ritorno al tutto, origine e fonte di ogni sapere, vera porta dell'"altro" mondo.
E’ nel Medioevo, dunque, che la sirena diventa un mostro creato dalla fantasia dell’uomo solo, isolato, come lo è il marinaio sempre in viaggio, ossessionato dall’immagine della donna. E’ l’emblema del demonio che seduce l’uomo ai piaceri della carne spingendolo alla dannazione.
La sirena è il fantasma della sessualità esigente e della tristezza post-coitale: l’incanto, la fascinazione e la malìa della prima fase, quella del desiderio erotico, si trasforma in prigionia e morte. Una morte inutile e definitiva se l’amore è vissuto nell’immediatezza e nell’orizzontalità. Poichè da sempre, amore e conoscenza formano un tutt’uno inscindibile con l’uomo ed il suo stesso divenire.

Laura Ottonello


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