Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
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Home Anno 5° N° 18
Dicembre 1996 Pag. 10° Agnese Galotti

Agnese Galotti

 MITI E LEGGENDE 

IL VESTITO NUOVO DELL'IMPERATORE

Ciascuno di noi non ha in fondo veramente nulla,
... nulla neanche da perdere!

"C’era una volta un imperatore, che aveva molta cura della sua persona, tanto da spender tutto il suo danaro nell’acquisto di abiti per essere sempre elegantissimo." Così inizia questa fiaba di Hans C.Andersen, la più emblematica nel descrivere la condizione esistenziale di chi si fa schiavo dell’apparenza e cade in quel curioso circolo vizioso dell’ego che si preoccupa esclusivamente di ciò che pensa gli altri pensino di lui. "Egli non si occupava dei suoi soldati, non si divertiva a teatro e non amava fare passeggiate nel bosco, tranne che allo scopo di sfoggiare i suoi vestiti nuovi." Quindi, vien da pensare, neppure si godeva ciò che la sua posizione regale gli offriva in quanto a privilegi e facoltà.
Accadde tuttavia qualcosa che avrebbe messo in evidenza come tale atteggiamento non fosse proprio solo dell’imperatore, ma permeasse tutto quanto il suo impero: tutti i cortigiani si trovarono, loro malgrado, coinvolti nel gioco di piccole falsità e vigliaccherie che diedero vita ad un’unica grande finzione.
Si presentarono infatti al suo cospetto due grandi impostori che avevano deciso di farsi beffe della "reale ambizione" speculandoci su: si offrirono di tessere per lui la più bella stoffa del mondo, i cui poteri miracolosi l’avrebbero resa invisibile "per ogni uomo che non fosse stato all’altezza del suo grado, o fosse uno stupido." Convinto dell’affare, che gli avrebbe permesso al contempo di soddisfare il proprio narcisismo e di distinguere tra i suoi, i saggi dagli stupidi, il re accettò e sborsò fior di quattrini perchè i due si mettessero subito all’opera.
"Essi montarono due telai e fecero finta di mettersi al lavoro, mentre non avevano neanche l’indispensabile sulla sedia." Poi pretesero ancora denaro, seta e oro che, dicevano, sarebbero serviti per tessere la magica stoffa, "ma intascarono tutto e sul telaio non andò neanche un filo." Tutti erano informati del nuovo vestito in preparazione per l’imperatore e delle sue particolari caratteristiche, e ciascuno, primo tra tutti l’imperatore stesso, era sospeso tra la curiosità di vedere e il timore segreto di "non riuscire a vedere proprio nulla".
I primi a sottoporsi alla prova furono i suoi ministri e i più fidati uomini di stato, i quali ad uno ad uno, avanti alla sgradevole sorpresa, agirono diplomaticamente, cioè finsero di vedere ciò che in realtà nessuno vedeva.
Infine fu la volta dell’imperatore il quale, trovandosi in presenza dei suoi sudditi più fidati, i quali continuavano a esaltare la bellezza di ciò che - egli pensava - a lui solo appariva invisibile, terrorizzato all’idea che anche gli altri potessero come lui dubitare del suo onore e delle sue facoltà mentali, si accodò alle loro esclamazioni: "Magnifico! Meraviglioso! Eccellente!".
Giunse il giorno fissato per il grande corteo in cui l’imperatore avrebbe indossato il vestito nuovo.
"Tutta la popolazione del regno era a conoscenza del potere magico del tessuto e tutti erano curiosi di conoscere il grado di stupidità del loro vicino", ma nessuno evidentemente si aspettava la sgradevole verifica per sè.
Accadde così che l’imperatore finse di indossare un abito che non esisteva, mentre i suoi sarti lo aiutavano a sistemare le inesistenti pieghe e ad allacciare immaginari bottoni, "i cortigiani, che dovevano reggere lo strascico, allungarono le mani verso il pavimento, come per sollevare veramente lo strascico da terra", mentre tutta la gente per la strada e dalle finestre acclamava: "E’ incomparabile la nuova veste dell’imperatore! Che magnifico strascico pende dalla sua vita! Che taglio!", ecc..., ciascuno ansioso di non mostrare agli altri quella realtà che, temeva, sarebbe stata la prova della propria stupidità.
Si venne così a creare quella "grande finzione" in cui ciascuno, pur di sentirsi "normale" tacitava, prima con gli altri e poi con se stesso, la realtà veramente percepita, allo scopo di non tradire quel gioco collettivo in cui ormai ciascuno era cascato, pena il dover mettere tutto, ma proprio tutto, in discussione!
La farsa durò, con l’adesione di tutti, finchè non si levò l’immancabile voce di un bambino, che finalmente affermava l’unica evidente eppur taciuta verità: "Ma non ha niente indosso! " Si apriva il varco a che ciascuno ridesse voce in sè a ciò che realmente percepiva.
Come era stato contagioso l’atteggiamento di adesione al conformismo prima, che aveva inchiodato ciascuno alla propria falsità, altrettanto dirompente fu l’unica voce cui ciascuno si unì, dopo che era passata di bocca in bocca la verità enunciata dal bambino, finchè tutti gridarono: "Ma non ha nulla indosso! " La favola finisce amaramente:
"Anche l’imperatore, ormai ne era convinto: il popolo aveva ragione. Ma egli pensò dentro di sè: Devo resistere fino alla fine del corteo! E così continuò a sfilare più fieramente, mentre i cortigiani procedevano reggendo lo strascico che non esisteva affatto." L’imperatore, cioè, continua la farsa per non perdere (agli occhi di chi? - ci si potrebbe domandare) la faccia, i suoi ministri altrettanto, per non perdere la posizione sociale: infatti -l'esperienza insegna - ci vuol altro, per chi ha qualcosa da perdere, che una verifica tangibile per cambiare atteggiamento!
Si resta, più facilmente, nello stesso brodo, solo con un’aria più convinta!
Una gran bella figura non la fa neppure il popolo, che sembra accodarsi di volta in volta a ciò che più sembra convincere la maggioranza.
L’unico che si salva è ancora una volta il bambino quale "voce dell’innocenza" - come asserisce la fiaba - dove però innocenza sta in realtà per il suo contrario, ovvero per la capacità di nuocere, cioè di incidere sulla situazione di fatto, in virtù, io credo, di una libertà da pregiudizi e convenzioni, di cui può godere soltanto chi si riconosce a sua volta nudo, come l’imperatore, e si rende conto che in realtà ciascuno di noi non ha in fondo veramente nulla, ... nulla neanche da perdere!


Agnese Galotti


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