Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
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Marzo 1997 Pag. 4° Agnese Galotti

Agnese Galotti

 PROFILI 

TERESA D'AVILA

"L'orazione mentale non è altro, per me, che un intimo rapporto d'amicizia, un frequente trattenimento da solo a solo con Colui da cui sappiamo di essere amati."

Teresa Sanchez de Ahumada y de Cepeda (1515 - 1582)
Nasce ad Avila da Alfonso Sanchez de Cepeda e da Beatrice de Ahumada, entrambi "cristiani nuovi" cioè neoconvertiti dall’ebraismo, in una famiglia numerosa (dieci figli) e benestante, anche se in declino.
Appena dodicenne perde la madre, da cui ha tuttavia appreso la passione per la lettura di romanzi cavallereschi e di vite di santi.
All’età di vent’anni, nonostante il grande affetto per il padre, compie il coraggioso gesto: fugge da casa per ritirarsi nel convento delle carmelitane dell’Encarnacion di Avila, dove trascorre circa vent’anni di vita conventuale con regola molto mitigata, che le consente di intrattenere quei contatti mondani cui la sua natura gioviale ed elegante volentieri la spinge.
E’ lecito pensare che, almeno in questa prima fase, la scelta conventuale sia frutto di un’acuta intuizione: per una giovane donna di quei tempi non c’erano che due alternative, matrimonio o convento. Delle due la prima era di certa sottomissione ad un uomo, mentre la seconda garantiva, paradossalmente, una maggiore libertà.
Intorno ai quarant’anni si trova fortemente debilitata da una malattia tanto grave quanto di misteriosa natura che la porta molto vicina alla morte. Guarisce miracolosamente (anche se acuti dolori l’accompagneranno per il resto dei suoi giorni) e torna al monastero con nuova sollecitudine: riprenderà la quotidiana "orazione", da tempo abbandonata, intraprendendo un cammino di santità che la porterà a sperimentare le più alte vette dell’unione estatica con Dio.
Si dedica da allora alla riforma del Carmelo (fonda il primo monastero delle Scalze nel 1562), avvalendosi anche della collaborazione di Giovanni della Croce.
Gli ultimi anni di vita la trovano estremamente attiva: impegnata in fitte relazioni epistolari, nella direzione dei nuovi monasteri, nonchè preoccupata per le sorti dei suoi scritti, nelle mani dell’Inquisizione.
Muore a 67 anni durante un viaggio. Sarà canonizzata nel 1622.

Contesto storico
L’ambiente è il medesimo cui abbiamo fatto riferimento a proposito del suo contemporaneo Giovanni della Croce: la Spagna in pieno clima di Riforma e Controriforma.
In più, in quanto donna, le è impedito un attivismo cui spontaneamente si dedicherebbe: l’apostolato, la predicazione non sono mansioni femminili. Ma Teresa non desiste: la straordinaria forza con cui la verità in lei si afferma non glielo permette. "...E così venni alla determinazione di fare il poco che dipendeva da me." Questa determinazione ch’ella incarna e testimonia, fa sì che il "poco" si trasformi in "molto", grazie a quella "santa presunzione" cui esorta le consorelle che, lungi dal negare l’umiltà, aiuta a crescere nel suo esercizio.
In questo spirito di autentica umiltà e sottomissione al volere di Dio in lei, intraprende operazioni assai difficili e spesso pericolose, come l’acquisto e la ristrutturazione di case per i 17 monasteri riformati che fonda, tenendo testa alle persecuzioni delle Calzate, in cui le monache possano dedicarsi interamente alla via spirituale e mistica da lei stessa sperimentata.

Pensiero
Confessiamo che è stata per noi una piacevole sorpresa la scoperta di Teresa, senz’altro una delle pochissime monache di quel tempo di cui siano pervenuti fino a noi gli scritti. La particolarità consiste in quel suo linguaggio semplice e colloquiale, con cui descrive in forma quanto mai realistica e fedele, esperienze tanto straordinarie quali estasi, voli spirituali e rapimenti mistici, nonchè le violente ricadute nella "realtà" che diventa spesso insopportabile.
Teresa inizia a scrivere per obbedienza al confessore che, dovendo stabilire se i fenomeni tanto eclatanti cui andava soggetta fossero opera divina oppure demoniaca, le impose di stendere accurate e dettagliate descrizioni di quanto andava sperimentando.
Nasce così la "Vita" (1562-65) , cui fanno seguito il "Cammino di perfezione" (1562-69), le "Fondazioni" (1576-82) e il "Castello interiore" (1577).
In questi ultimi scritti Teresa si rivolge esplicitamente alle consorelle, desiderose di ricevere da lei insegnamenti.
Nel "Castello interiore" in particolare, delinea le sette mansioni o livelli in cui l’anima progressivamente dimora durante il percorso di graduale purificazione che la conduce all’unione con Dio.
I suoi insegnamenti finiscono per diventare opere assai preziose, anche dal punto di vista dottrinale, tanto da meritarle il titolo di "Dottore della Chiesa".
Val la pena di sottolineare quello che va facendosi evidente come un gioco d’intrecci sincero quanto paradossale, tra autentica obbedienza alla Chiesa, cui Teresa fu sempre sottomessa, e innata tendenza alla verità, che le impone il coraggio di affermare "ciò che è", anzi di affermarlo a gran voce.
Metodo "forte", il suo, scevro da intellettualismi e ideologie, basato invece su un’attenta e costante riflessione a partire dall’esperienza nonchè su un valore tipicamente femminile: l’amore.
"Conosco che non mi manca nè l’amore nè il desiderio di far tutto perchè le anime delle mie sorelle progrediscano nel servizio di Dio. E questo mio amore, congiunto all’esperienza che deriva dall’età e dalla conoscenza di alcuni monasteri, mi potrà forse aiutare per riuscire in queste piccole cose meglio degli stessi dotti, i quali, avendo tutt’altre occupazioni ed essendo uomini forti, non fanno certo conto di certe minuzie che non sembrano importanti", quali le mille insidie che si incontrano nella via contemplativa, per cui occorre conoscere a fondo se stessi.
Nell’ultima delle sue "Relazioni spirituali", scritta un anno prima di morire, Teresa descrive con grande pacatezza quel modo in cui in lei si è infine attuato l’incontro d’amore tra l’anima e Dio, i quali "si godono in altissimo silenzio." Sono svaniti infine i rapimenti, le estasi eclatanti: l’anima "è come padrona di un castello e non perde la sua pace." Non sono svanite le sofferenze ma sembra che la sfiorino appena, grazie al distacco che in lei si è generato.
E’ molto bella, dopo tanta autodisciplina, la totale accettazione di ciò che è cui Teresa approda, quando afferma che "in tutti questi sentimenti, come in quelli che sono stati e sono in me, io non posso far altro che come faccio." Il cerchio si chiude tra tutti gli opposti, nel matrimonio spirituale, là dove vengono a celebrarsi le nozze dell’anima con Dio e insieme con il mondo, in quanto: "questo è il fine dell’orazione, figliuole mie, a questo tende il matrimonio spirituale: a produrre opere ed opere! "


Agnese Galotti


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