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Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
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Settembre 1997 Pag. 4° Agnese Galotti

Agnese Galotti

 PROFILI 

ANGELO SILESIO

"Praticare l'amore è grande fatica: non solo si deve Amare, ma essere, come Dio, l'amore stesso."

Johannes Scheffler (1624-1677)
Nasce a Breslavia (odierna Wroclaw) in Slesia da un nobile polacco, Stenzel Scheffler e da Maria Magdalena Hennemann.
Orfano a 15 anni, intraprende gli studi che lo porteranno a laurearsi in filosofia e medicina (1648) all’università di Padova.
Si stabilisce quale medico di corte ad Ols al servizio di un duca di confessione luterana; lì conosce e diviene amico di Frankenberg, che lo inizia alla mistica, e alla cui morte eredita la sua ricca biblioteca.
Nel ’53, dopo contrasti col predicatore luterano, si converte al cattolicesimo e diventa Johannes Angelus Silesius (ossia "della Slesia") , nome spirituale con cui sarà ricordato.
Nonostante la nomina a medico di corte di Ferdinando III, Silesio troverà la principale occupazione nell’attività pratica e letteraria volta al ritorno al cattolicesimo della Slesia luterana, fino all’ordinazione sacerdotale (’61) a coronamento di tale impegno.
Nel ’68 si ritira in convento, entrando nell’Ordine dei Minori, in Breslavia, dove vivrà in povertà ed intento alla scrittura fino alla morte.

Pensiero
La sua opera più famosa è "Il Pellegrino Cherubico" (1675), composta di 6 libri scritti in versi; in essa è raggiunta una sintesi mistica e poetica unica nella storia del cristianesimo.
Silesio si rivela un mistico poeta, qualcuno cioè che non rinuncia ad esprimere in parola la natura di Dio, l’indicibile per eccellenza, attingendo a questo scopo al linguaggio in versi, "versi che diventano il luogo dell’ineffabile".
Egli crede infatti nella possibilità di dire, seppure imperfettamente, l’indicibile, e ciò in virtù non di speculazioni filosofiche o di argomentazioni logiche, bensì del suo raffinato sentire nel vivo rapporto d’amore con Dio.
Il messaggio, la saggezza che ha da diffondere, è l’esperienza d’amore fra l’anima e Dio, il che non è, come alcuni credono, questione di eccezionalità.
In Silesio, come già in Giovanni della Croce, la poesia è frutto dello spirito, non della psiche, quindi si trova decisamente al di là di ogni autocompiacimento.
Gli scritti silesiani si collocano infatti in una dimensione che supera lo psichismo: è voce stessa dello spirito in lui.
Il poeta mostra infatti di aver qui completamente dimenticato se stesso, la propria dimensione personale, e di trovarsi invece nella dimensione spirituale, tutt’uno con Dio; il suo è un parlare ispirato, ispirato da Dio.
In effetti sappiamo che Silesio scrisse nel giro di pochi giorni i primi due libri del Pellegrino Cherubico, i due considerati più belli e speculativamente significativi.
Il suo itinerario di vita testimonia una ricerca imperniata sulla "parola di verità" ossia sulla "parola viva", in contrasto con le pretese delle contemporanee correnti religiose che cercavano di fondare sulla Scrittura questo o quel dogmatismo.
In pieno clima di Riforma e Controriforma egli fu testimone degli usi svariati che della "Sacra Scrittura" si possono fare, per cui, a seconda delle intenzioni, vi si può trovare tutto e il contrario di tutto.
Nessuna oggettività dunque è lecito ricercare nella Bibbia - sembra essere la conclusione - se non si vuol restare, tra l’altro, nella pura alterità di Dio, nell’alterità dello spirito e quindi nell’idolatria.
La parola viva va cercata dentro, Dio va sperimentato e conosciuto a partire dalla propria esperienza, dal rapporto d’amore che l’anima intrattiene con Lui diventando ella stessa Dio.
In questo senso esorta Silesio nel meraviglioso distico che conclude il Pellegrino Cherubico:
"Amico, basta ormai. Se vuoi leggere ancora, Và e diventa tu stesso la scrittura e l’Essenza!"
Un’esortazione estrema ad inoltrarsi nella dimensione del puro essere, a "diventare l’Essenza, ovvero essere nell’Essere, essere l’Essere, andando oltre l’alterità dell’Essere, cioè l’alterità di Dio." Così si spiega la differenza silesiana tra "scrittura" e "Parola", là dove scrive:
"La Scrittura è scrittura, e null’altro! Mio conforto è l’essenza. E che Dio parli in me la Parola di vita eterna."
La sua conversione al cristianesimo è significativa soprattutto per il passaggio dalla "lettera" alla vita, all’esperienza concreta dello spirito come Parola.
In Silesio è particolarmente tangibile il fastidio per l’ipocrisia del biblicismo e dei valori dogmatici, cattolici o protestanti che siano.
Pur essendo uomo di scienza, filosofo nonchè medico, egli supera la logica del discorso finito, prende distanza da ogni contenuto di conoscenza oggettivamente determinato ed entra in una logica dialettica, capace di superare l’apparente opposizione dei contrari, il che lo avvicina realmente a Dio:
"Và là dove non puoi! Guarda dove non vedi! Dov’è silenzio ascolta: è lì che parla Dio."
Il tema di gran lunga preponderante in Silesio è l’amore, l’amore di Dio che conduce all’essere uno con lui, dimensione cui si accede solo dopo esser passati attraverso l’esperienza del distacco, elemento che lo accomuna ad Eckhart.
"Finchè ami qualcosa, uomo, non ami nulla: Dio non è questo e quello, perciò lascia il qualcosa."
E’ nel distacco infatti che si scopre di essere spirito, di non essere alcunchè di determinato: nessun pensiero, nessun desiderio e neppure quell’io che pensa e vuole.
Nel distacco si scopre di essere non più separati dagli altri, dalle cose, non più io nè tu, non più altro dalla natura e da Dio, tanto da poter affermare:
"Sono grande come Dio, egli è piccolo come me; Di me non può esser più alto, nè io di lui più basso."
E ancora:
"E’ caro Dio a me quanto io a lui. Lo aiuto a serbare il suo essere, e lui aiuta me."
E’ qui più esplicito che mai come Dio resti altro finchè permane l’io, quando scompare l’io, quando cioè l’identità non è più lì riposta, scompare anche Dio come altro da me.
Questa è la dissoluzione del soggetto psicologico, la realizzazione dell’antica intuizione che già esortava: "Conosci te stesso e conoscerai te stesso e Dio."

Bibliografia:
Angelo Silesio "Il pellegrino cherubico" ed. Demetra.
Marco Vannini "Mistica e filosofia" ed. Piemme.


Agnese Galotti


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