Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione G.E.A.
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Home Anno 8° N° 28
Giugno 1999 Pag. 9° Laura Ottonello

Laura Ottonello

 MITI E LEGGENDE 

LA DONNOLA

E' l'archetipo della levatrice, e rimanda al tema della nascita, alla sofferenza ad essa connessa, alla solidarietà nel mondo femminile e alla violenza della divinità.

Nella mitologia si narra la storia di una giovane donna di nome Galinthiàs, ancella o amica di Alcmena, madre di Eracle (Ercole).
Era, sposa di Zeus, gelosa delle prodezze erotiche del marito, seduttore impenitente di donne mortali, aveva deciso di arrestare la nascita di Eracle, frutto di una notte d'amore "strappata" con l'inganno, tra Zeus e Alcmena. Galinthiàs, figlia del tebano Preto, con un astuto stratagemma, ingannò le Moire e Ilizia, le dee del parto. Era, infatti, aveva ordinato alle divinità di stare sedute davanti alla camera di Alcmena con le mani intrecciate in modo che il bimbo non potesse nascere. Per nove giorni e nove notti le Dee stettero sulla soglia della casa con le gambe e le mani incrociate, impedendo la nascita con i loro incantesimi.
Le doglie si facevano sempre più forti e per salvarla da tanto strazio la giovane ancella uscì di corsa dalla camera per annunciare gioiosamente che, per ordine di Zeus, il parto era avvenuto malgrado loro. Le dee, prese alla sprovvista, non capirono immediatamente il trucco e levarono in alto le mani in un gesto di stupore e rabbia. E così, svincolato da quell'intreccio mortifero, Eracle potè finalmente venire alla luce. Ma le Dee del parto, furibonde e indignate per la beffa, punirono la responsabile dell'inganno trasformandola in donnola.
E poichè la sua bocca aveva proferito la menzogna che le aveva ingannate, la condannarono a partorire attraverso la bocca. Ecate si impietosì per la povera bestia e ne fece la sua serva e un animale sacro.
Eracle, divenuto adulto, si ricordò di colei che gli aveva permesso di nascere e le innalzò un santuario presso la propria casa. I tebani, fedeli al ricordo di Galinthiàs, le portavano offerte durante la festa di Eracle.
Come è nella natura del mito anche questo racconto è stato tramandato in molte varianti.
In tutti i racconti irlandesi, ad esempio, la madre del re Conchobar si chiama Ness: donnola. E' una vergine guerriera. Sorpresa al bagno dal druido Cathbad, questi la minaccia con la spada. La nascita del suo primo figlio viene fissata dal druido ma Ness, che vorrebbe ritardarla, si siede su una pietra. Anche in questo caso vi è l'impedimento ad una nascita non desiderata.
Successivamente Ness cerca, e ottiene, il regno per il nascituro, in seguito ad un patto concluso ai danni del re precedente, Fergus. Ness lo sposa ma alla fine dell'anno gli uomini dell'Ulster decidono di proclamare re Conchobar perchè tradito da Fergus.
Ness, in questa storia, può rappresentare l'affetto e la vigilanza e, nella sua valenza negativa, l'incostanza e l'astuzia anche se questo contrasta con l'iniziale atteggiamento di guerriera selvaggia.
Si pensa che gli irlandesi confondessero la donnola con l'ermellino, la cui pelliccia è sempre stata usata come ornamento di re, principi e dignitari.
L'ermellino, con il suo pelo bianco, rappresenta la purezza degli intenti e della giustizia.
Il mito, in entrambe le versioni, rappresenta la liberazione di una nuova vita.
La donna è l'archetipo della levatrice, e rimanda al tema della nascita, alla sofferenza ad essa connessa, alla solidarietà nel mondo femminile e alla violenza della divinità, ossia della sorte umana.
La donnola rappresenta bene il momento in cui "si rompe il nodo" e il bambino, simbolo del progetto, viene alla luce e prende corpo, come accade spesso nei sogni, dopo una lunga gestazione del pensiero.
Le tradizioni più antiche dell'enciclopedia animale la collegavano con il parto e la sessualità. Nel Medio Evo era considerata un simbolo di lascivia (Clèbert, Animali fantastici) forse per gli stessi motivi del furetto, animale che stana il coniglio dal suo nascondiglio e, nella poesia popolare, è un trasparente simbolo erotico.
Nell'antichità si affermava che la donnola concepisse attraverso le orecchie e partorisse dalla bocca e tale simbologia fu recuperata nel linguaggio iconografico del cristianesimo. In un portale tardo-gotico a Wurzburg è raffigurata una delle più "curiose" annunciazioni: tra la bocca del Dio Padre e l'orecchio di Maria corre una sorta di tubo, su cui scorre un minuscolo bambino. E' una rappresentazione sacra del mistero divino dell'unione compiuta senza impurità, in cui l'uomo è Parola, la donna è Ascolto, dialettica e fondamento del divenire stesso della Soggettività.
L'orecchio è un luogo di fecondità mitologica e rimanda ad una nascita simbolica, come nel caso di Gargantua. In India "... si forano le orecchie degli uomini come gesto apotropaico per proteggere dalla morte." (C.G.Jung).
L'orecchio esprime soprattutto la saggezza dell'ascolto interiore, la facoltà di "intendere" il linguaggio dell'anima.
E' un'immagine suggestiva che rimanda all'Eros del femminile come dimensione psicologica indispensabile al concepimento del Logos. Come nella Genesi ogni volta che Dio parla crea le cose, la bocca evoca la Parola, il Verbo, il luogo primitivo di nascita spirituale.
O, per dirla ancora secondo la metafora alchemica: è il tre (simbolo, in oriente come in occidente, del maschile) che corrisponde all'azione, mentre il due del femminile è la ricettività che permette la genesi dell'azione vera, il Verbo che si fa carne.
Nell'iconografia anche la Madonna è nemica del serpente, e si conosce bene l'avversità della donnola nei confronti di questo animale che insegue fin nella sua tana e uccide dopo aver mangiato la ruta, il cui odore risulta insopportabile.
Nel Medioevo si credeva che la donnola fosse l'unica in grado di sconfiggere anche il basilisco, a rischio di morire nella lotta.
Come tutti i simboli, anche la donnola è ambivalente: da un lato rappresenta la levatrice benefica, colei che con la sua competenza allevia definitivamente i dolori del parto e permette alla vita di venire alla luce; è la quintessenza della femminilità, al punto da esibirla anche nel nome. Dall'altro è la strega dissoluta, la donna lasciva e ingannevole, capace di macchinazioni disoneste e poco amata per questo.
Ha un ruolo fondamentale nel tema della nascita e diventa il modello della levatrice nel mondo immaginario. Amica delle donne che la qualificano come madrina, nutrice, comare o cognata (galos in greco, che chiama gale la donnola), l'animale è dunque posto al centro dell'inizio della vita e, per questo, è più vicino alla donna, ai suoi patimenti e alla gioia connessa al parto.
Il malvolere della cultura maschile, nei meandri del folklore antico, la vede invece trasformata in sposa mancata o in zitella gelosa.

Laura Ottonello


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