Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
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Marzo 2000 Pag. 2° Agnese Galotti

Agnese Galotti

 EDITORIALE 

L'IRONIA DEL LIMITE

Ogni limite porta in sé una risorsa: facile a dirsi, ma la comprensione profonda di questa formula richiede l'enorme disponibilità a rileggere affermativamente tutta la propria vita.
Non si tratta di una passiva rassegnazione a ciò che in noi sembra impedire una fantasticata felicità: si tratta proprio di ribaltarne la visione e di coglierne la valenza propulsiva, fino ad arrivare ad amare anche ciò che ci appariva inaccettabile, per il semplice fatto che c'è e che la nostra esistenza, per quel che ne sappiamo, vi è strettamente connessa.
Certo è cosa difficile liberarsi di un'immagine di sé diversa e presumibilmente migliore di ciò che ogni giorno sperimentiamo circa il nostro esserci. Un sogno ironizza così:
La sognatrice si trova all'ospedale: deve subire un intervento chirurgico. Ma è riluttante: prende tempo e finalmente chiede ai medici di spiegarle il motivo dell'intervento. Come fosse la cosa più ovvia del mondo, i medici le comunicano infine che è necessario asportare un organo malato, perchè ella rischia altrimenti di rimanere sempre giovane e felice. Estirpare ciò che crea dolore, anziché prendersene cura ed imparare a conviverci creativamente, sembra quindi essere ciò che ostacola la possibilità di raggiungere il segreto nascosto, l'elisir di lunga vita.
In realtà l'idea di potersi liberare drasticamente di ciò che viene individuato come causa di dolore - l'organo malato - con un 'intervento esterno è pura fantasia.
Se la medicina ha risolto e risolve spesso situazioni problematiche ricorrendo alla chirurgia, in ambito psicologico, da che si riconosce l'esistenza dell'inconscio, sappiamo che non funziona allo stesso modo: se vari sono i meccanismi di difesa che ci liberano del malessere, in realtà si tratta di una liberazione solo apparente, per cui il medesimo problema ricompare, magari in altra forma, finché non viene davvero elaborato e, se possibile, superato, o quanto meno accolto.
Ma ci sono aspetti di noi, talvolta assai sgradevoli a noi stessi, talmente connaturati alla nostra forma particolare da far ragionevolmente pensare che potranno accompagnarci per il resto dei nostri giorni. Si fa necessario allora provare a ribaltare il concetto stesso di "limite".
Aprirsi all'idea che il cosiddetto limite celi in sé una risorsa è atteggiamento rivoluzionario, che invita ad abbandonare l'idea malsana che le cose "dovrebbero essere diversamente" da come sono: invita all'elasticità, a ribaltare la visione di ciò che appare troppo ovvio e ad esercitare un'attitudine creativa nel rapporto con il reale.
Il primo gradino consiste nel prendere atto della necessità di rinunciare ad una visione un po' manichea - e in questo "rassicurante" - della vita, secondo cui il bianco è bianco e il nero è nero, secondo cui alcuni eventi sarebbero sempre auspicabili mentre altri assolutamente deplorevoli e così via.
Sicuramente un sacco di volte siamo stati spiazzati dai nostri stessi vissuti inaspettati o quanto meno ambivalenti, nonostante le idee chiare che credevamo di avere in proposito; ma la fantasia di una realtà prevedibile e rassicurante è dura a morire.
In fondo si tratta di una questione di intelligenza, ovvero di saper vedere il lato funzionale della situazione, di imparare a sfruttare al meglio ciò che ci accade, così come ci accade, nonché di prendere sufficiente distanza dagli eventi e da noi stessi tanto da poter vedere il tutto con una certa ironia.
L'ironia sembra essere l'elemento chiave in questo ribaltamento: non a caso Jung, occupandosi dell'archetipo dell'Ombra, del lato mostruoso e deforme in noi, si è imbattuto nel personaggio del "Briccone divino" (trickster), uno dei tanti volti di Mercurio, il dio inaffidabile per eccellenza, con i suoi inaspettati tiri mancini, e la capacità di trasformarsi continuamente, con la sua doppia natura animale e divina insieme.
E' possibile scorgere la presenza del medesimo motivo - fa notare Jung - nei personaggi tipici di alcune favole, dove il sempliciotto, lo sciocco, il pagliaccio o anche il malvagio riescono ad ottenere, con la loro scempiaggine, "ciò che altri non riescono ad ottenere con le loro prestazioni migliori." Nella nostra cultura è proprio il briccone a comparire protagonista, in forma di Zanni, in temi carnevaleschi, là dove tutto si ribalta, dove compare una comicità estremamente semplice, fatta di cose quotidiane, come lo stomaco vuoto, il tirare a campare, le piccole truffe,… e per questo inesauribile, dove il lato deforme viene accentuato fino a diventare ridicolo.
Questa associazione tra animalesco e divino, tra deformità e risata, a ben pensarci, ci rimanda a quelle situazioni della vita in cui possiamo scorgere un margine di scelta tra l'accanirci contro qualcosa che viviamo come handicap irriducibile, amplificando uno schiacciante senso di impotenza oppure…. semplicemente… scoppiare a ridere.
In fondo, se la funzione del limite fosse proprio quella di impedirci un'eccessiva seriosità, di stuzzicare in noi l'ironia sì da non prenderci troppo sul serio, e da favorire invece la libertà di scoppiare, in qualsiasi momento, in una sonora risata, non sarebbe comunque cosa da poco.


Agnese Galotti


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