Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
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Marzo 2000 Pag. 13° Simonetta Figuccia

Simonetta Figuccia

 RICERCHE 

MORTE, SORELLA PREZIOSA DI INDIVIDUAZIONE

L'esperienza della morte simbolica è un requisito essenziale della vita psichica e quindi del divenire consapevole della vita tutta.

Noi curatori di anime, moderni sciamani, sappiamo bene che la riflessione sulla morte è tappa fondamentale di ogni lavoro analitico inteso come percorso esoterico e iniziatico del mondo moderno.
Come già sosteneva Castaneda, uno dei più potenti alleati dell'individuo sulla via iniziatica è proprio la morte.
Tale alleato è oggi talmente rinnegato che necessariamente l'inconscio si fa portatore di questo inderogabile appuntamento.
Sappiamo bene che altre civiltà e culture prima della nostra guardavano in faccia la morte, e questa esperienza era connaturata alla vita stessa.
E' probabile che l'evoluzione della coscienza attraverso il primo rito, quello funebre, sia passata attraverso la riflessione su cosa ci sia oltre la vita.
Mai forse il rapporto con la morte è stato così povero come in questi tempi di aridità spirituale in cui gli uomini, nella fretta di esistere, sembrano eludere il mistero, apparentemente ignari di prosciugare una fonte essenziale del gusto di vivere.
Prevale oggi la rimozione e l'esorcizzazione della morte, di cui si parla in terza persona, nell'impersonale si muore, così che essa finisce per essere intesa come qualcosa di indeterminato che senz'altro un giorno finirà per accadere ma che per ora non è presente e non mi minaccia.
E' una singolare debolezza dello spirito umano occidentale il fatto che la morte non gli sia mai presente, per quanto essa gli si metta in mostra da ogni parte e in ogni modo.
Gli uomini moderni si preoccupano di seppellire il pensiero della morte con la stessa cura con cui seppelliscono i loro cadaveri.
E' esperienza significativa che il tema della morte, negata dalla nostra cultura efficientista, giovanilista e medicalizzata, diventi un momento fondamentale dell'anonimo eroe che si mette in ricerca, l'analizzando, che inizia a sperimentare che vita e morte sono contenute una nell'altra, si completano a vicenda e sono comprensibili solo in termini di reciprocità.
L'esperienza di cui parliamo è essenzialmente un morire dell'anima.
Nel suo saggio Anima e morte Jung scrive:
"Tra i 35 e i 45 anni circa inizia la nascita della morte, ha inizio la grande svolta. "Vita" significa salita e discesa, divenire e trascorrere, e di fronte a quest'unità tra vita e morte rimane da capire fino a che punto il vivere equivalga al morire. Rimane vivo solo chi accetta di voler morire con la vita." L'individuazione è questo Sì consapevole alla totalità che in noi dirige il processo, e ogni soggetto in analisi sa che la realizzazione di se stessi, inteso come il divenire della personalità, implica che l'io venga relativizzato o messo totalmente da parte, in una vera e propria scarnificazione egoica, di fronte ad una volontà autonoma e numinosa del non io.
Si tratta di un sì consapevole, di un umile sì che testimonia l'inferiorità dell'io.
Certamente la morte richiede che questo atteggiamento venga portato fino all'estremo, perché la morte fisica, dal punto di vista psicologico, è un estinguersi totale dell'io, un abbandono totale, un passaggio dal controllo egoico al non io ignoto.
L'esperienza della morte getta luce sulla vita: solo chi nella propria anima è disposto a varcare la soglia della mortesi può dire vivo.
Ogni analisi che tende al processo di individuazione, arriva alla morte.
Il sognatore muore nei sogni, o muoiono le sue figure interne. Nei sogni avvengono maremoti, terremoti, ogni tipo di cataclisma ad indicare la precarietà dei nostri attaccamenti.
Il sognatore si trova nell'abisso, muore egli stesso, assiste alla fine del mondo, come testimoniano i seguenti sogni:
La sognatrice assiste alla esplosione di vari pianeti, tutto è travolto, e segue una fusione tra Terra, Urano e Giove. Altro sogno:
La sognatrice deve assistere alla visione della morte individuale e a quella collettiva: vede generazioni di persone intorno a un desco che festeggiano mentre mangiano e bevono, e poi appaiono scheletri, che si toccano vicendevolmente e con un semplice gesto tornano polvere. Ogni volta che l'anima fa l'esperienza della morte arrivano nuove immagini potenti a dirci che un pezzo di vita e di consapevolezza sta cessando di vivere.
Ogni volta l'anima sperimenta la solitudine, il vuoto, perché qualcosa si sta compiendo in noi, un compimento sacro.
Perdiamo salutarmente posizioni egoiche, che se dio vuole non potremo più riconquistare, muoiono vecchi e inadeguati atteggiamenti.
Per molti la grande e rivoluzionaria esperienza di morte è quella che segna il passaggio dalla dipendenza alla soggettività, in cui è una modalità fusionale e simbiotica a dover soccombere.
L'adulto col tempo riesce a liberarsi dai comportamenti infantili, attraverso un'uccisione simbolica delle parti in causa.
Tutti i disturbi che chiamiamo nevrosi possono essere visti come un combattimento tra vita e morte.
Ciò che il nevrotico chiama morte, a causa del suo aspetto ignoto e oscuro sappiamo essere un nuovo contenuto, nuova vita e consapevolezza che cerca di farsi spazio.
L'esperienza psicologica della morte deve abbattere il vecchio ordine, per questo l'analisi risveglia terrori e finisce per essere ancora svilita come un appuntamento per matti....
L'uomo sa benissimo da quale appuntamento svia.
Per molto tempo l'analisi è un crollo, è una esperienza di morte radicale, e solo questo passaggio stretto come la cruna di un ago permetterà di sperimentare la sintesi e l'esperienza dell'unione di opposti.
Ma il vecchio ordine, la vecchia identità deve davvero morire, altrimenti non c'è posto per un reale rinnovamento, perché è illusorio e rimuovente pensare che individuazione e crescita sia solo un processo aggiuntivo. Per quello che l'esperienza analitica e i sogni sembrano suggerirci e per i gradi di libertà che sperimentiamo solo dopo una radicale esperienza di lavoro, possiamo dire che l'effetto della morte dell'anima significa portare a compimento una trasformazione.
L'esperienza della morte è un requisito essenziale della vita psichica e quindi del divenire consapevole della vita tutta.
L'inconscio ci mostra anche come quanto più accogliamo il morire consapevolmente, e quanto più la nostra identità si sposta dall'io al sé, tanto più possiamo gioire dell'unione di opposti che pervade tutto il nostro quotidiano e che ci restituisce ad un nuovo dialogo al di là della vita e della morte.
La sognatrice lavora in gruppo con compagni invisibili e trapassati.

Bibliografia: J Hillman "Il suicidio e l'anima"

Simonetta Figuccia


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