Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione G.E.A.
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Dicembre 2000 Pag. 5° Laura Ottonello

Laura Ottonello

 SCHEDE 

L'ESPRESSIONE DELLA DEPRESSIONE

Dietro uno stato vitale fortemente e cronicamente depresso può celarsi un radicale bisogno trasformativo.

Se ne parla tanto e l'hanno chiamata in tanti modi. Per dirne uno qualsiasi "Il male oscuro", che dà il titolo ad un libro di Cassano. La depressione è una forma di sofferenza psicologica, più o meno grave, più o meno acuta, che investe una larga fascia di popolazione. Insieme all'ansia e alle crisi di panico costituisce una delle manifestazioni psicopatologiche più diffuse nel mondo moderno.
La depressione, che sia endogena o esogeno-reattiva, è una condizione caratterizzata da apatia, calo della libido, del tono dell'umore e della vitalità dell'individuo. Spesso mascherata dalle forme più inconsuete e paradossali (tanto che talvolta è la molla che fa scattare una sorta di euforia reattivo-compensatoria), non sempre è facile riconoscerla.
Le persone tendono spesso a "giustificare" i loro malesseri, il tono dimesso o lo svuotamento vitale nel modo più semplicistico e, apparentemente, più indolore per la coscienza.
Così un segnale vistoso e determinante nella vita personale e sociale del soggetto tende ad occultarsi per dare corpo ad un "accidente" qualunque determinato dalla vita moderna: è lo stress, sono le preoccupazioni o altre cose che "fuori" non vanno... La parola stress, poi, è una delle più abusate nel tentativo di spiegare quella condizione esistenziale, mortifera e profonda, che caratterizza la depressione e minaccia seriamente la vita nella sua essenza più profonda.
Nell'ottica psicoanalitica da noi adottata, iniziare a fare i conti con il cosiddetto "sintomo" è già un notevole passo avanti nell'emancipazione della soggettività.
Arrivare a realizzare, consapevolmente, le proprie emozioni, anche le più cupe, costituisce un momento fondamentale del processo di risveglio del soggetto. E non è affatto cosa da poco.
Soggettività, lo abbiamo scritto tante volte, vuol dire farsi interi, per portare dentro non solo le istanze positive, i successi, le consapevolezze di quanto di buono abbiamo prodotto e conquistato. L'incontro con l'Ombra, per usare il linguaggio di Jung, è uno dei momenti fondamentali del nostro divenire coscienti.
Ombra che non riguarda solo le caratteristiche di personalità in noi più oscure e socialmente meno condivisibili perché riprovevoli, ma converge in sè anche quei lati che costituiscono la nostra storia negli aspetti più duri e pesanti e la caratterizzano, tanto nel bene quanto nel male, come storia unica ed irripetibile, con un suo senso, anche se spesso esso sembra difficile da reperire, soprattutto nelle pieghe più nascoste di un vissuto mortifero.
Talvolta la depressione consegue a un momento specifico della nostra vita: è il dolore psichico derivante da una perdita, un lutto, è il frutto della sofferenza legata ad una separazione o ad un qualsiasi dramma esistenziale che ci travolge nostro malgrado.
Così, talvolta inaspettatamente, un grande dolore ci può far piombare nel buio di un malessere che non sembra avere rimedi.
In effetti, l'unica strada percorribile sembra proprio quella di viverselo tutto, senza risparmiarsi, per elaborare l'esperienza fino in fondo e, per così dire, "digerirla", sì da poter continuare la propria strada.
Un dolore di tale natura può essere rappresentato come l'interruzione di un fiume: un ostacolo ne ostruisce momentaneamente il corso. Quel malessere non può essere evitato e nascosto alla coscienza: va visto e sentito per intero.
Questa è la depressione esogena, o reattiva: qualcosa che ci colpisce alle spalle e non ci dà molte possibilità di fuga. Salvo il difenderci dal dolore stesso, negandolo su un piano profondo.
Continuando ad usare la metafora del fiume interrotto, se non sciogliamo gli ostacoli, sappiamo che presto o tardi potrà esserci una piena, una tracimazione assai più pericolosa di quell'"umano" ostacolo esistenziale.
La depressione può essere endogena, ovvero costituirci nel nostro essere più profondo, al di là delle contingenze esterne. Ed è questa la situazione più difficile da gestire perché, laddove non sembrano esserci motivi, pure il malessere si fa sentire ed è autentico: un dolore tanto duro e greve da essere vissuto come un macigno che schiaccia.
Non sono rari, purtroppo, i casi di suicidio che lasciano esterrefatti amici, conoscenti e anche i parenti più stretti che vivono quel dramma in modo assolutamente inaspettato.
Spesso, dietro gesti così radicali e violenti, c'è un dolore psichico altrettanto violento che forse non ha mai potuto esprimersi in modo efficace.
O forse, non è stato mai raccolto ne' tanto meno rispettato neanche da colui che lo porta, e così si è manifestato in modo radicale e definitivo imponendosi sulla vita.
Eppure la depressione, come tutti gli altri "sintomi", ha una grande valenza trasformativa in quanto svolge una funzione fondamentale nel percorso individuativo.
Ogni disturbo, psicologico o somatico, è un vero e proprio segnale, una sorta di faro che ha la funzione di illuminare e rimarcare un malfunzionamento del tutto.
Come un dolore fisico, (ad esempio il mal di denti) fa sì che ci prendiamo carico del "problema" (andare dal dentista)
così il dolore psichico ci avverte che qualcosa non va, al di là delle apparenze e delle nostre sciocche, infantili e semplicistiche interpretazioni intellettuali. La vita psichica non è poi così semplice e le sorprese che ci può riservare sono infinite!
Così, dietro uno stato vitale fortemente e cronicamente depresso può nascondersi un radicale bisogno di trasformazione che non sempre, ma spesso, si dà anche attraverso scelte di vita che vanno in altra direzione rispetto a quella che l'Io, nella sua tirannia, "ha scelto" per sè giudicandole buone per lui in modo statico e definitivo.
Soluzioni disfunzionali, prima o poi portano a segnali tanto più gravi quanto meno ci facciamo carico del nostro compito evolutivo, della parte di coscienza che incarniamo nell'armonia del tutto. Può sembrare una logica obsoleta, soprattutto se guardiamo al presente e al futuro con gli occhi freddi di un'umanità che cresce tecnologicamente in modo abnorme rispetto ad una coscienza che resta sempre indietro, ma non è così.
In fondo, certe cose le aveva già scritte Platone e ne hanno parlato molti altri filosofi dell'antichità.
Entrare in dialogo con il proprio Male non solo può essere utile e funzionale ma addirittura vivificante, non tanto e non solo perché permette la ripresa del fluire della vita del singolo individuo e (forse)
il superamento definitivo della sua sofferenza, ma anche perché si arriva a scoprire che, come un rimedio omeopatico, è proprio da quel male, da quel dialogo autentico, a scaturire la vita stessa.
Il dialogo d'amore con l'altro si fa tutt'uno col dialogo amoroso che ogni soggetto instaura con se stesso, con i suoi lati più riposti, più oscuri e spaventosi. Anzi, lo precede.
La consapevolezza, nella sua pienezza, e il benessere che ne deriva, si costruiscono a partire da questo dialogo intimo e non vi è altra strada, nè sono possibili scorciatoie facilitanti. Inutile "far finta di nulla": se la vita ci chiama a render conto di noi in quanto umani, non possiamo eludere il nostro compito esistenziale.
Quando l'anima si fa sentire - e la depressione è un urlo soffocato dell'anima - bisogna imparare umilmente ad ascoltarla.

Laura Ottonello


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