Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione G.E.A.
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Giugno 2002 Pag. 7° Paolo Cogorno


Paolo Cogorno

 ATTIVITA' 

PSICOANALISI ED "EVOLUZIONE CONVERGENTE" DI TEILHARD DE CHARDIN

Il grande problema del nostro tempo è quello di far prendere coscienza agli uomini del moto di convergenza, cioè di riflessione, che li sollecita in avanti,
come prolungamento diretto del processo "cosmico" che li ha generati
circa un milione di anni fa

Semplicità, complessità, unitarietà di ciò che noi siamo e di ciò che ci circonda, … chiunque si è posto qualche domanda in questo senso.
Personalmente ho sempre provato disagio rispetto ad affermazioni che sottolineavano unilateralmente il lato `semplice' della vita: trovavo ben poco di "easy" in me stesso e tantomeno negli altri.
Ora intuisco che attraverso un processo di unificazione possa esistere una dimensione di semplicità `secondaria', fruibile solo dopo essersi calati in un viaggio nella straordinaria complessità della realtà, interna ed esterna che sia.
La conferenza del Prof. Mantovani a GEA sul pensiero di T. de Chardin è stata illuminante a questo proposito; la complessificazione delle strutture evolutive legate da una coscienza che tende all'Unico Verso (Omega) ovvero una coscienza Universale, rende bene esplicita la paradossale consustanzialità tra ciò che è "semplice" e ciò che è "complesso".
In questo articolo proponiamo alcuni collegamenti evidenti tra la teorizzazione di Teilhard e la prassi della psicoanalisi dialettica.
Mantovani inizia la sua conversazione con una diapositiva molto semplice, un assunto di base della teoria teilhardiana: "è meglio essere più coscienti che meno coscienti", intendendo coscienza come `essere consapevoli'.
Questo esprime un punto di vista, non è dimostrabile, o lo assumi o lo rifiuti, rappresenta una sorta di "spartiacque' iniziatico per procedere o meno in questo discorso.
Poste queste premesse gnoseologiche, il relatore arriva rapidamente al centro del discorso che origina dalla formazione del cosmo; esso sembra partire da un punto di caos (big bang) dalla cui frantumazione si sono formate le galassie ed i mondi oggi ben visibili e databili, i concetti che incontriamo sono la molteplicità, la frantumazione fino ad arrivare alla coesione ed all'unità della materia-energia che si è diversificata ed aggregata in strutture sempre più complesse ma unitarie.
Il processo in questione viene battezzato "complessificazione" ed è il nucleo della teorizzazione evolutiva teilhardiana: la conoscenza che finora si è sviluppata lungo l'asse dell'infinitamente piccolo (struttura della materia, dell'atomo) o dell'infinitamente grande (osservazione del cosmo, galassie corpi celesti ecc.) si sposta su un terzo piano: la complessità delle strutture.
Lungo questo asse è evidente quanto il determinismo ed il suo "principio causalistico" perdano colpi e non rendano ragione dei processi evolutivi.
Teilhard intuisce quindi una direzione che è sottesa all'evoluzione stessa, la sua prospettiva è teleologica; la "pura casualità" dell'esistere della nostra specie e della sua coscienza perde consistenza.
A questo proposito studi recenti hanno confermato queste intuizioni dimostrando quanto l'evoluzione sia passata attraverso "scelte" decisamente improbabili da un punto di vista statistico (un esempio si riferisce alla comparsa nell'universo dell'atomo di carbonio).
Queste ricerche costituiscono attualmente una corrente scientifica che esplora l'alta improbabilità di alcune trasformazioni evolutive.
Centrazione, decentrazione e surcentrazione sono altri tre concetti fondanti il pensiero di Teilhard:
- la Centrazione si riferisce alla capacità di un elemento di assumere una identità definita (un atomo, una molecola, una persona);
- la Decentrazione riguarda il collegamento dell'elemento centrato ad altri elementi nuovi;
- la Surcentrazione è la partecipazione di questo elemento ad un centro di livello superiore (una cellula si unisce alla vita ed al funzionamento di un organo vitale).
Come dicevamo i punti di convergenza con la psicoanalisi dialettica sono molteplici.
Partendo, per esempio, dall'assunto di base:"è meglio essere coscienti che meno coscienti", possiamo dire che esso fa riferimento ad una scelta che in qualche modo viene esplicitata: è il momento in cui l'analizzando ha intuito la natura simbolica e comunicativa di un sintomo o di un disagio, quindi sceglie se procedere nella consapevolezza e, in un certo senso, assumersi senza riserve ciò che ne consegue. Probabilmente segna il passaggio stesso dalla psicoterapia all'analisi tout-court.
Accettare la complessificazione è necessario per affrontare il viaggio nella molteplicità dell'essere, che passa attraverso stati di comprensione e di confusione.
Per usare la stessa metafora, la complessità dell'inconscio complessifica la visione che la coscienza (l'Io) può avere passando attraverso fasi di psicosi (frantumazione, caos) e di presenza o maggiore consapevolezza (congiunzione e principio di unitarietà cosmica).
L'allargamento dello spazio mentale che inevitabilmente ne consegue, consente all'analizzando di reggere le forti tensioni alla frantumazione.
Nel lavoro di gruppo il tutto si amplifica: la stessa configurazione gruppale produce vissuti di frantumazione e unitarietà e, attraverso il lavoro, sviluppa la consapevolezza di unitarietà-molteplicità.
Un altro aspetto riguarda la forte analogia tra `centrazione' ed il concetto di Individuazione junghiano.
Come sottolineato dal Prof. Mantovani, essa è "strutturazione della realtà interiore volta al superamento dei conflitti ed all'unificazione delle parti".
In altre parole è essenzialmente "Coniunctio" che "predispone ad una migliore apertura verso gli altri nella fase successiva di decentrazione".
Su questo punto il collegamento specifico con l'analisi di gruppo è importante: essa alterna momenti di centrazione sul proprio mondo interno e momenti di allontanamento da esso, la presenza concreta di compagni velocizza la dialettica tra interno ed esterno, io e non-io.
Non è banale affermare che in analisi individuale si portano vissuti relativi a relazioni esterne (esterne quindi allo stesso analista), mentre in analisi di gruppo si vivono direttamente relazioni concrete tra individui che producono i vissuti, vissuti su cui si svilupperà il lavoro.
In questo caso l'apertura all'altro non è scontata e nemmeno indolore, Teilhard la esprime come disponibilità a decentrarsi: "per unirsi agli altri bisogna cambiare, rinunciare a sé, donarsi, ..." .
Ed ancora, sottolineando la difficoltà di questa fase che è collegata al `superarsi e lasciarsi': "ogni esistenza individuale fedelmente condotta, è cosparsa dei bozzoli abbandonati di metamorfosi che in noi si sono succedute ..." . Sulla scorta di quanto è stato detto, centrazione, decentrazione e surcentrazione fanno riferimento ad un unico processo individuativo, in cui viene sottolineata la concreta ed incarnata (cristificata) necessità di relazione con l'altro e quindi l'evolvere verso una coscienza universale; la consapevolezza di questa convergenza consente all'Uomo di recuperare a sé le proprie origini e rendere unitaria la struttura e la direzione della sua evoluzione.
Usando le parole di Teilhard, possiamo concludere che l'Universo è passato da forme frantumate e disgregate a forme più complessificate ed unitarie; la comparsa della autocoscienza umana, quale vertice di un processo di complessificazione, potrebbe produrre (operando una surcentrazione) una nuova coscienza, individuale e collettiva, di livello superiore.
Quanto abbiamo detto "converge" (sovrapponendosi) a ciò che potrebbe essere il "fine" della psicoanalisi dialettica: produrre "pensiero consapevole di sé", superare la struttura paranoica della psiche individuale e collettiva, promuovere una nuova coscienza, unificare l'umanità.


Paolo Cogorno


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