Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione G.E.A.
Direttore : Dott. Ada Cortese
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Giugno 2002 Pag. 8° Ada Cortese


Ada Cortese

 TEORIA 

LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO E LA PSICOANALISI DIALETTICA

"E' assai più difficile rendere fluidi i pensieri solidificati, che rendere fluida l'esistenza sensibile" (*)

Hegel: genio e follia familiare
Pare che Hegel abbia scritto la Fenomenologia subendo il plagio e la fascinazione della sorella schizofrenica (da questa esperienza familiare il suo lavoro sulle malattie mentali). Un elemento di turbamento in più perché questo dato biografico permette l'argomentazione secondo cui le grandi opere del pensiero umano nascono dalla collaborazione tra due aspetti che la logica formale della contrapposizione ha voluto sempre tenere scissi:
natura e cultura: inconscio e coscienza.
La contaminazione dei due universi nella vita di Hegel può rendere conto del perché, nonostante aspetti a volte incomprensibili del suo pensiero, esso sia stato tanto amato dai suoi allievi da indurli a sistematizzare alcune sue lezioni ("Storia della Filosofia") dopo la sua morte.

Fenomenologia
Nasce come termine medico che riguarda la manifestazione della malattia nella sua descrivibilità. Oggi è parola comune grazie alla cosiddetta "scuola fenomenologica" fondata da Husserl con Heidegger e Max Scheler.
Hegel la introduce in filosofia per indicare la dottrina che si occupa dei modi attraverso cui lo Spirito si manifesta.
L'opera è uno dei due grandi progetti filosofici che Hegel ci ha lasciato (essendo l'altro la "Scienza della Logica"). Venne composta a Jena, dove egli insegnava, durante l'invasione napoleonica della Germania (su Napoleone che attraversa Jena Hegel disse: "Oggi ho visto passare lo Spirito a cavallo").

L'intento
Hegel sostiene che i problemi politici, filosofici e religiosi del suo tempo (la dissoluzione dello Stato conseguente, per Hegel, ad una concezione troppo astratta del diritto e della vita politica socialmente compartecipabile) troverebbero soluzione solo attraverso una rinnovata concezione della filosofia che venga compensata nei suoi aspetti unilaterali e finiti.
Hegel critica la riflessione e l'intelletto come sapere puramente finito e rivendica il diritto della filosofia a ripensarsi come Totalità e sistema capace di comprendere in se stessa tutti i momenti precedenti del conoscere, scienze empiriche comprese. La scoperta e la conoscenza scientifica della verità passano attraverso la "fenomenologia" come "scienza dell'esperienza della coscienza", nel doppio senso di esperienza compiuta dalla coscienza sulle cose e del suo stesso modificarsi in virtù di questa esperienza.
All'atteggiamento oggettivante in cui restava impigliata la coscienza kantiana e fichtiana, Hegel sostituisce l'idea del processo di "soggettivizzazione" crescente e totale del mondo attraverso la dialettica: è tale movimento che, ponendo (oggettivando) prima e negando il posto (positivo) dopo, si eleva gradualmente verso strati sempre più elevati di sintesi, permettendo così allo Spirito Assoluto del mondo di ritrovare se stesso oltre la potenza e la manifestazione, eppur tuttavia grazie e necessariamente attraverso di esse.

La dottrina
Con tale opera Hegel presenta la sua dottrina secondo cui lo Spirito si manifesta per gradi diversi sia nella natura prima, il mondo fisico e vivente in generale, o della necessità - l'inconscio o per dirla con lui "l'in-sé" - sia nella natura seconda - il mondo ri-creato e ritrovato come propria manifestazione dall'attività pensante, ovvero l'autocoscienza, "l'essere - per sé" che non è ancora comunque la figura dello Spirito Assoluto.
In questo sua lavoro Hegel si sofferma proprio sul cammino della coscienza.
Essa attraversa le fasi che, dalla elementare certezza sensibile, e poi della coscienza infelice, disconosciuta nel rapporto servo - padrone, la conducono a raggiungere la figura dell'autocoscienza: in essa la coscienza si fa presente a se stessa ma tale "presenzialità" è esperienza possibile solo avanti e attraverso il riconoscimento di un'altra autocoscienza.
L'autocoscienza prepara il terreno alla manifestazione e all'autoritrovarsi dello Spirito Assoluto (Religione, Arte e Filosofia) attraverso il mondo e viceversa.
In questo processo la natura, le sue forze e le sue leggi, sono citate ad argomentazione del rapporto necessario d'interdipendenza tra universale e particolare. Come già mostra nella sua "Storia della Filosofia" - che Storia della filosofia significa svolgimento concreto della Filosofia - così nella "Fenomenologia" mostra che lo Spirito è già presente nell'immediato porsi della cosa eppure che esso comincia ad intuirsi solo nella coscienza dell'uomo e nel formarsi e de-formarsi di essa in un processo che, visto a posteriori e già vivificati dallo spirito, ci induce commozione e reverenziale rispetto per la fatica e la forza sostenuta dalla catena generazionale umana di cui lo Spirito si è nutrito per rinascere a se stesso.
Scrive Hegel nell'Introduzione: "La bellezza senza forza odia l'intelletto, perché questo le attribuisce dei compiti ch'essa non è in grado d'assolvere. Ma non quella vita che inorridisce dinanzi alla morte, schiva della distruzione; anzi quella che sopporta la morte e in essa si mantiene, è la vita dello spirito. Esso guadagna la sua verità solo a patto di ritrovare sé nell'assoluta devastazione. (...)
Il genere di studio proprio dell'antichità si differenzia da quella dei tempi moderni, perché era propriamente il processo di formazione della coscienza naturale. Allora, l'individuo, esercitandosi dettagliatamente in ciascuna parte della sua esistenza e filosofando su ogni accadimento, si educò a una universalità intimamente concretata. Nei tempi moderni egli trova invece bella e preparata la forma astratta; lo sforzo per giungere ad afferrarla e farla sua è oggi (...) più una monca produzione dell'universale, che non un procedere di questo dalla concreta e molteplice varietà dell'essere determinato. Ora, quindi, il compito non consiste tanto nel purificare l'individuo dal modo dell'immediata sensibilità per renderlo una sostanza pensata e pensante, quanto piuttosto nell'opposto: nell'attuare, cioè, l'universale e nell'infondergli spirito, togliendo i pensieri determinati e solidificati.
E' peraltro assai più difficile rendere fluidi i pensieri solidificati, che rendere fluida l'esistenza sensibile" (cors.d.r.).

Il rapporto Servo - Padrone e l'Autocoscienza Falsa
La struttura dialettica della vita è un continuo fluire e rifluire ma un conto è attraversarla nella figura della schiavitù dalla legge naturale in cui io non sono un Sé, altra cosa è attraversarla nella figura dell'autocoscienza: esempi del primo caso sono la dipendenza dall'appetito che mi fa ricordare "me" in forma momentanea, animalesca , stante che una volta sazio perdo il contatto pur solo sensoriale con questo "me"; e la relazione Servo - Padrone in cui si scopre che quella che immediatamente sembra la figura dell'autocoscienza (il Padrone) in realtà è falsa autocoscienza frapponendo tra sé e l'indipendenza della cosa, tra sé e la morte, tra sé e la paura, il Servo inteso e posto come "inessenziale".
Esempi del secondo tipo, inteso nella idealità hegeliana - interpretando Hegel oltre le sue ingessate sistematizzazioni "politiche" dello Spirito - devono forse ancora essere "posti", ovvero non esistono ancora. E ciò perché la vera autocoscienza presupporrebbe la comparsa del fenomeno umano inteso come relazionalità necessaria e libera ad un tempo in cui le due autocoscienze del dialogo, i due soggetti della relazione sappiano di essere, l'uno per l'altro e reciprocamente, il loro e proprio bisogno prioritario.
Diciamo, un po' provocatoriamente, che non esistono ancora rapporti tra Autocoscienze perché è sotto gli occhi di tutti che i rapporti interpersonali sono ancora troppo spesso imbevuti di automatismi istintuali che riducono a "ideologie" tutte le filosofie e programmazioni sociali che si richiamano alla "solidarietà", "libertà", "giustizia", "fratellanza". Gli istinti di cui parliamo sono riducibili al fenomeno primordiale dello schema comportamentale paranoide. Ciò significa che il mondo e il vivente sono percepiti immediatamente come minacciosi sicché l'atteggiamento psichico corrispondente è di costante allertaggio contro "il nemico", nonché di patterns relazionali basati proprio sul rapporto di forza e prevaricazione "debole - forte", "capo - gregario", insomma quello che nel mondo umano Hegel chiamerà appunto il rapporto di Signoria, la psicoanalisi, da Freud in poi, chiamerà rapporto coscienza - inconscio, rapporto edipico genitore - figlio, di interdipendenza tra ruoli affettivi rigidamente ("giuridicamente") determinati riconducibili ancora allo schema "governante - governato". Il passaggio all'interdipendenza intersoggettiva (tra autocoscienze, con terminologia ancora hegeliana) prevederebbe la sostituzione nella profondità psichica del fenomeno umano globale della percezione e del pensiero "affermativo" al pensiero paranoide e persecutorio. Non che questa cosa ci sia interamente sconosciuta ma è a tutt'oggi l'unica "sfida", l'unica teleologia, l'unico laboratorio di ricerca che può suscitare nella vita che attraverso di noi sente se stessa, vissuti di entusiasmo e gratitudine.

La Fenomenologia di Hegel, la Psicologia Analitica di Jung e la Psicoanalisi come Teoria della Conoscenza in Montefoschi
Il concetto di totalità dell'essere inteso come natura e umanità ad un tempo non è ritrovabile, per lo meno non in forma diretta ed esplicita, nel pensiero hegeliano che resta, nonostante la sua intuizione di fondo, nella scissione kantiana mondo/uomo. Il motivo è che a Hegel manca il concetto di "evoluzione". Ma è proprio lui che prepara, con la sua analisi lucida della dialettica, pur limitata prevalentemente nell'orizzonte umano, il terreno alla dialettica "totale".
Le due categorie universali che l'uomo e la donna incarnano già fin dal lontano linguaggio mitico, eidetico e archetipico: Spirito e Materia, continuano a restare separate e la filosofia anche con Hegel si fa filosofia unilaterale che parla del Soggetto, del conoscente, lasciando muti ed estranei il mondo, la natura, la materia. Nella dimensione umana l'uomo incarna da sempre il conoscente (il Soggetto, il Verbo, lo Spirito) e la donna il conosciuto (l'oggetto muto, inerte e senza anima).
Eppure, proprio Hegel, nella sua analisi del percorso della coscienza che, dallo stoicismo, scetticismo, servo/padrone, porta alla coscienza libera e alla ragione, produce quegli elementi linguistici che permetteranno ai suoi eredi naturali (la psicoanalisi dialettica) di "completare" l'opera.
Non possiamo qui che proseguire solo con alcuni spunti di riflessione: Hegel è il primo analista moderno, dopo Socrate, ed è abbastanza agevole sostituire ai suoi due termini, "l'essere in - sé" e "l'essere per - sé", i più moderni termini della psicoanalisi, inconscio e coscienza.
La triade hegeliana: tesi, antitesi e sintesi, ovvero affermazione, negazione e negazione della negazione in nuovo positivo, sempre e solo fluido e impermanente, trova nel conflitto psichico interiore tra punto di vista della coscienza (positivo), punto di vista dell'inconscio (negativo), la sintesi come produttrice di sempre più vasta Soggettività. Quello che Hegel chiama sintesi, Jung chiama "Coniunctio oppositorum".
Jung non era un grande estimatore di Hegel, non gli era affatto simpatico, eppure si può tranquillamente affermare che è colui il quale, più di Freud (decisamente kantiano controvoglia e perciò depresso), ha assimilato e riproposto nell'universo interiore dell'uomo, la trinità hegeliana: dunque la pura dialettica dello Spirito, ancora unilaterale, ancora mancante, per esplicita ammissione di Jung, del contributo che egli abbastanza chiaramente intuiva dovesse giungere dal Femminile e al contempo da Donna in carne e ossa. Con ciò già alludendo a quanto S.
Montefoschi, dopo il contributo di P.T. de Chardin e di Aurobindo, avrà il compito di coscientizzare: la necessità di sposare la dialettica dello "Spirito" unilaterale, dunque necessariamente più "maschera" caricaturale (l'Egoriferimento e l'Antroporiferimento) che "sostanza", alla dialettica della Materia (l'inconscio universale, la materia muta, la donna inessenziale all'uomo). Questa conoscenza che l'umanità acquisisce proprio guardando alla sua stessa psiche come struttura conoscitiva dell'Essere, trasferisce la psicoanalisi da disciplina "finita" e particolare a nuova "teoria della conoscenza".

L'eredità di Hegel
Un sogno fondamentale per tutta la psicoanalisi dialettica è il sogno che fece tanto tempo fa Silvia Montefoschi:
Camminando lungo la "strada" le viene incontro un uomo col volto di Hegel che nel presentarsi dice di essere un teologo. L'uomo si scusa di non poterle dare la mano essendo le sue mani ormai ritorte; motivo, per cui, egli le spiega, non può scrivere e deve pertanto morire, sicché ha deciso di uccidersi e lasciare in eredità gli occhi alla figlia. "Come teologo, Hegel è (come ogni teologo a tutt'oggi) il sostenitore della trinità maschile di Dio, dove è soltanto il figlio (giammai la figlia) consustanziale al padre, e ciò perché è l'uomo (e non la donna) identificato con il soggetto conoscente, dove si realizza la dinamica riflessiva del pensiero che è appunto lo Spirito che consustanzia il figlio e il padre, quali manifestazioni individuale l'una, universale l'altra, della dinamica stessa.
Sembra però che il dirsi dell'essere nella riflessione filosofica del discorso umano universale che si realizza nella filosofia assoluta di Hegel, sia arrivato a compimento, sì che non può che ripiegarsi su se stesso; e ciò perché quell'occhio che ha riflesso il divenire dialettico del pensiero umano, proprio in quanto collocato soltanto nel maschile, non ha più un novum da riflettere e Hegel non ha più niente da scrivere. (…)
Ma l'occhio che Hegel ha aperto per l'intera umanità, avendo visto la dialettica, ha visto anche che la dialettica, in quanto tale, non si può fermare. (…)
Il maschile, fattosi consapevole del suo stesso limite all'ulteriore divenire, accoglie il femminile e, nel riconoscere in esso l'essere che già conosce se stesso, gli consente il riconoscimento di sé come conoscente, ovverosia gli consegna il proprio occhio riflessivo [l'essere "in-sé", alienato inizialmente e necessariamente da sé, per dirla con Hegel, torna - vedendosi - a sé (n.d.r.)].
E proprio questa figlia, nel ricevere in eredità dal padre l'occhio della riflessione, nel farsi a lui consustanziale , porta alla luce dello spirito la dialettica della materia, ovverosia quella stessa dinamica conoscitiva che si dà nell'essere prima ancora che il soggetto conoscente umano la rifletta".
Ancora cito Montefoschi: "La sintesi tra coscienza e inconscio alla luce del soggetto riflessivo che la psicoanalisi realizza, è la sintesi dialettica di due dialettiche: quella che si svolge nel soggetto conoscente e quella che si svolge nell'oggetto conosciuto". Esse richiamano la dialettica dello Spirito di Hegel e la dialettica della Natura di Engels: dialettiche che la riflessione psicoanalitica abbraccia nel contempo, facendo fare al pensiero riflessivo, che è il pensiero filosofico, un salto su se stesso, trasformando e rileggendo le due dialettiche come l'unica dialettica dell'essere, la quale, nel riflettere su se stessa, si dice come nuova filosofia: la dialettica del reale tutto. La riflessione psicoanalitica così ripartorita porta non solo ad un rovesciamento di come l'essere si è visto fin qui, ma prospetta anche un salto evolutivo delle coscienze umane così come si intuiva già in Nietzsche (Tramonto dell'uomo), De Chardin (punto Omega), Aurobindo (il Sovramentale e l'uomo immortale)".¹

La nuova figura del rapporto Servo - Padrone e la Psicoanalisi Dialettica
Nel rapporto Gruppo - Individuo la Psicoanalisi Dialettica, erede di Hegel e Montefoschi, individua la nuova figura della Servitù e della Signoria. Se Montefoschi ha "cantato" nel pensiero e nella sua persona di donna in carne e ossa la dialettica totale dell'essere, il compito, che spetta a noi suoi figli spirituali ed eredi diretti, è di "smantellare" per quanto possibile ogni rapporto di schiavitù e di alienazione, ogni unilateralità per favorire vera unione (dell'Uno e del Trino). Accanto al lavoro disalienante e mutativo di individuazione del Sé personale, pare che occorra affiancare un altrettanto disalienante e mutativo processo di individuazione del Sé di gruppo interiore (la gruppalità interiore) ed esteriore (la gruppalità esteriore). Il lavoro che da sempre la psicoanalisi dialettica (questo è il nome che le rimane se vogliamo "distinguerla" - ma perché? - dalla Filosofia Vivente) svolge è la realizzazione dell'esperienza dell'Unione dei Sé individuali nella quale ciascun Sé sappia di sapere di sé come parte e varietà irripetibile del Sé universale concreto e come il Sé intero concreto in se stesso (il Gruppo concreto attraverso cui e con cui ciascun Sé fa l'esperienza).
Perché la psicoanalisi dialettica individua nel rapporto Gruppo - Individuo² la più toccante forma di Schiavitù - Signoria dei nostri giorni? Perché il gruppo è bistrattato, è massa, è informità, è materia, è bestia, è inconscietà, è il conosciuto. E perché l'individuo è individualismo, è particolarismo, frammentazione, ego e antroporiferimento. La massa è femmina, è materia. Il singolo è maschio, è coscienza, è conoscente.

Il rapporto Padrone - Servo nel rapporto Maschio -Femmina
E poiché ci avvaliamo ancora del rapporto universale tra i diversi per eccellenza, il maschio e la femmina, facciamo un piccolo passo indietro, ai Manoscritti economico-filosofici del '44 in cui K. Marx, applicando il rapporto Padrone - Servo al rapporto Uomo - Donna, così scriveva:
"Il rapporto immediato, naturale, necessario dell'uomo con l'uomo è il rapporto del maschio con la femmina.
In questo rapporto naturale della specie il rapporto dell'uomo con la natura è immediatamente il rapporto dell'uomo con l'uomo, allo stesso modo che il rapporto con l'uomo è immediatamente il rapporto dell'uomo con la natura, cioè con la sua propria determinazione naturale. (...) In esso si mostra sino a che punto il comportamento naturale dell'uomo sia diventato umano oppure sino a che punto l'essenza umana sia diventata per lui essenza naturale, e la sua natura umana sia diventata per lui natura. In questo rapporto si mostra ancora sino a che punto il bisogno dell'uomo sia diventato bisogno umano, e dunque sino a che punto l'altro uomo in quanto uomo sia diventato per lui un bisogno, ed egli nella sua esistenza più individuale sia ad un tempo comunità".
Come queste parole riassumano in se stesse i passaggi necessari di tutte le autocoscienze, di genere e di gruppo, ciascuno lo può cogliere agilmente da sé.
Raimon Panikkar sostiene che ogni più piccolo pensiero o gesto, individuale o collettivo che sia, produce ripercussioni di carattere universale. E dunque noi, fiduciosi in questa comune consapevolezza, tentiamo la strada difficile del confronto e del "dialogo dialogico" non solo da singolo "Io" con un altro singolo "Tu", ma anche con ciascun "Tu" presente nella coralità interna ed esterna che fanno il "Noi" davvero plurimo nella ricchezza e integrato nella sua unione concreta, psicologica e spirituale.

La maggiore attrazione gravitazionale esercitata dalla coscienza individuale concreta rispetto all'attrazione esercitata dalla coscienza universale concreta
Le difficoltà? Alla rinfusa: uscire dalla delega, dall'Edipo, dal fascino lamentoso e rivendicativo della schiavitù, la perdita di vista del comune "soggetto" d'amore, della comune meta, la maggiore attrazione gravitazionale esercitata dalla coscienza individuale concreta rispetto all'attrazione esercitata dalla coscienza universale concreta. In altri termini: prevale l'aspetto dicotomico, frantumante, massificante, esteriore, corpuscolare, rispetto all'aspetto ondulatorio, dinamico, impermanente, interiore. Prevale il concretismo letterale rispetto alla ermeneutica e al simbolo.

Le risorse
L'attivazione della nostra potenza: se c'è potenza evolutiva e mutativa occorre solo evocarla per farne vera energia capace di carburare il processo faticoso ed elettrizzante di spostamento della identità dal livello personale e privatistico al livello universale ed autoarricchentesi. Ma le risorse sono soprattutto nei nostri sogni o, a questo punto della storia, nel "nostro" sogno comune e perfetto? Uno per tutti: il sognatore sogna il "sogno perfetto" dell'analista del suo analista: bianco assoluto, silenzio assoluto, pace profonda che nella loro unione facevano l'eternità.

(*) G.W.F. Hegel
(1) S. Montefoschi: Psicoanalisi e dialettica del reale, Bertani Edizioni
(2) A. Cortese: Individuo e Branco, e.i.p.

Ada Cortese


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