Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione G.E.A.
Direttore : Dott. Ada Cortese
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Dicembre 2003 Pag. 8° Ada Cortese


Ada Cortese

 METODO 

L'EROE E LA SUA OMBRA

Da una performance all'insegna dell'archetipologia junghiana organizzata dall'Associazione C.G.Jung di Fidenza

Chi è l'eroe (1) L'eroe è il soggetto chiamato a reggere la numinosità, l'eccezionalità, della libido archetipica, capace di rigenerare come di distruggere a seconda della corretta intenzionalità del soggetto. L'eroe è colui che conclude felicemente il ciclo e dunque ritorna "vincitore" dalla "missione impossibile", è l' "Indiana Jones" dell'interiorità.
C.G. Jung sottolinea costantemente il pericoloso aspetto dell'eroe che può coinvolgere e possedere il soggetto oltre misura facendogli perdere di vista il significato del viaggio a favore (e disgraziatamente) della meta.
Anche noi analisti, in quanto "nuovi sacerdoti" rischiamo personalmente gli aspetti ombrosi dell'atto eroico perché siamo molto stuzzicati al delirio di onnipotenza: quello di voler strappare il tesoro all'inconscio dell'Altro. Ma, spostando l'attenzione al nostro interlocutore di analisi, proprio come analisti noi dobbiamo sempre ricordare che chi si avvicina a noi, soggetto errante e sperduto, è un potenziale eroe seppur anonimo e, dunque, contemporaneamente, anche anti-eroe per eccellenza non nel senso di chi declina e rifiuta il suo possibile destino regale in quanto destino umano, bensì anti-eroe perché oggi sa, sapendolo il suo inconscio, che non è più il solo e l'unico che salva tutto un popolo o ad esso dona gloria quanto perché sa che in se stesso è tutta l'umanità che è impegnata nell'opera di salvazione e lui, colto e raccolto in questa visione del mondo, non può più separare se stesso dagli altri.
Ebbene, questo è l'ambiente del sottosuolo del pensiero generale in cui si possono generare queste considerazioni. Ma sul suolo, sulla superficie invece, accade che il cammino verso se stessi venga ancora ritenuto soggettivamente il percorso più arduo, accade ancora che l'inconscio trovi appoggio in metafore e figure estratte dal ciclo mitologico dell'eroe per aiutare a fare coscienza.

L'impresa eroica ed il ciclo dell'eroe Intendiamo qui solo elencare i passaggi fondamentali del ciclo dell'eroe (assimilabili entro certa misura al ciclo sciamanico e al ciclo alchemico che Jung approfondì) facilmente sovrapponibili al ciclo psicoanalitico vero e proprio che spesso si fanno manifesti nei messaggi onirici del "soggetto analizzando":
Il ciclo dell'eroe (2) prevede:
1) La partenza e l'appello, attraverso imposizione interiore o eventi esteriori 2) La possibilità del rifiuto all'appello: l'inconscio ci prova ma la paura o altri motivi di rifiuto possono prevalere.
3) L'aiuto soprannaturale (figure protettive, vecchierelle, gnomi, animali fantastici e non, ecc.): parti soccorrevoli psichiche interiori assolutamente impensate e comunque espressioni del Sé.
4) Il varco della prima soglia e l'incontro con il "guardiano di soglia" sempre inquietante per i suoi aspetti distruttivi e seduttivi ad un tempo. Il primo varco allude all'abbandono del mondo ordinario. Si procede verso lo sconosciuto con l'aiuto delle forze già citate.
5) Il ventre della balena (del Leviatano, del mostro): è il secondo varco in cui si assiste alla propria morte simbolica caratterizzata da oscuramento, obnubilamento della coscienza. Simbolo universale di questa fase di "nigredo" è il ventre della balena. Si danno elementi nei sogni e nei vissuti di smembramento. Spesso la mia metafora è il "dissodamento della terra". Facile andare con la mente ad Osiride due volte ucciso dal fratello Set o ad Orfeo.
Questa fase è caratterizzata dall'incontro con la propria Ombra, uno dei tre archetipi fondamentali junghiani.
L'eroe deve fare i conti con il suo egoriferimento. La morte simbolica, che nei sogni giunge spesso violenta e corporale, sta a designare la possibilità di liberarsi di ciò che produce la sofferenza, la percezione deforme del transeunte, del provvisorio, che in quanto tale - che dal nulla emerge e al nulla ritornerebbe - produce la falsa convinzione della mortalità e la sconvolgente insanabile angoscia dell'io il quale, pur di rifuggire da tale "certezza" di mortalità, dà inizio alle più bizzarre, stupende e terribili opere, istituzioni e costruzioni mentali. Che è tutto ciò di cui si deve liberare morendo all'identità che esse sorreggevano.
"L'eroe che sacrifica il proprio io può attraversare i mondi vietati agli altri comuni mortali e che sono protetti dai mostri. In ciò risiede il suo potere di salvare: poiché il suo passaggio al di là dei confini ed il suo ritorno dimostrano che attraverso tutti gli opposti fenomenici l'Increato Indistruttibile permane eterno, e non vi è nulla da temere".
E' per questo dunque che l'eroe infierisce, universalmente, simbolicamente contro il proprio corpo, disperde, come Osiride e come Cristo, le proprie carni, per il rinnovamento del mondo ovvero per il rinnovamento della visione del mondo.
Ciò che, dunque, per prima cosa l'eroe incontra è la propria Ombra, il proprio egoriferimento ed è ciò di cui deve assolutamente disfarsi se vuole proseguire il viaggio affrontando .
6) L'incontro con la dea ovvero con l'archetipo della Grande Madre, dea del Mondo, grembo e tomba, vita e morte, personale e universale che è anche 7) L'incontro con la donna tentatrice (l'Anima amorale, la danzatrice del mondo) "Il matrimonio con la Dea del Mondo simboleggia il completo dominio della vita da parte dell'eroe; poiché la donna è vita, ed eroe è colui che la conosce e la domina". In effetti, le tante prove che egli ha dovuto superare sono altrettanti simboli delle crisi trasformative attraverso cui egli è dovuto passare per ampliare la propria conoscenza e giungere al totale possesso della madre-distruttrice, sua inevitabile sposa.
"Quando l'eroe vi giunge egli sa che lui e il padre sono una cosa sola:
egli ha preso il posto del padre e si è legittimato l'incesto".
L'aspetto, dunque, che esprime la contraddittorietà della vita, la sua caoticità, è portato dal cosiddetto femminile; l'aspetto della Legge che cerca di sancire, di controllare e di sottrarre al disordine la sua visione è il cosiddetto maschile, il padre.
8) L'apoteosi: è il tempo della sintesi e dell'uomo integrato alla sua natura originaria: maschio e femmina come Iddio lo creò. Egli torna ad essere la sua reale immagine. Egli incarna l'unione dei contrari. Di tutti i contrari.
E' la fine dell'inimicizia eraclitea. E' una restituzione di dio a dio. Ma è anche la liberazione dell'uomo dall'eroismo coatto.
9) L'ultimo dono: consiste nella liberazione dallo sforzo continuo all'eroismo spirituale. La libertà da se stessi ma anche da Dio. Dal particolare e dall'universale.
E' poter vivere l'esperienza del Vuoto oltre ogni drago, ogni divinità e oltre ogni cosmico divenire. E dopo l'esperienza della pienezza attraverso l'immersione nel Vuoto, è duro pensare al ritorno. Ma l'eroe è tale perché torna, perché non tiene per sé il tesoro.
10) Il ritorno (la resurrezione) e l'urto con il mondo.
Se l'eroe riesce a superare la fisiologica resistenza a rientrare nella dimensione "ordinaria" dell'esistenza, deve fare i conti con le leggi di questo mondo che insistono ancora nella divisione.
Ma chi sopravvive all'urto del mondo si fa signore dei due mondi: quello del tempo e quello dell'eternità e suo compito sarà proprio quello di portare l'uno nell'altro e viceversa.
Egli è maestro e viaggia nei due sensi proprio come lo sciamano che viaggia tra cielo e terra. Con distacco opererà in qualsiasi ambiente la vita lo metterà.
Scopo del mito è la riconciliazione della coscienza individuale col volere universale.
E a questo punto non conta il copione per il mondo.
Nel nostro lavoro il passaggio dalla psicoterapia alla psicoanalisi è spesso segnato dalla riattualizzazione ed attivazione dell'archetipo in questione al servizio, a sua volta del cosiddetto processo di individuazione. E per questo suo aspetto di essente eterno(3) necessariamente va accolto ancora e sempre il mito dell'eroe.

Il mito dell'eroe assorbito e superato dalla coscienza cristica Per un altro aspetto, che ha a che fare col mondo del divenire relativo (nel senso che è in relazione allo sfondo nella totalità degli eterni essenti severiniani (4)), che ha a che fare, col necessario ricambio di configurazioni, ebbene, paradossalmente il mito dell'Eroe si svela essere una grande figura di appoggio all'ego, alla sua "solitudine mancante" nel prevalente mondo del principio di non contraddizione. Mantenendo saldo il mito dell'eroe, si mantiene l'eccezionalità dell'esperire la coniunctio degli opposti. L'eroe vive nel mondo coscienziale e collettivo segnato dalla netta separazione tra particolare e universale.
Nel suo primo e concreto apparire storico, il tempo dell'eroe è il tempo pre-cristiano. Nella figura del Cristo l'eroe giunge all'apoteosi e al tramonto perché con il Cristo, e dunque con la coscienza cristica, si afferma comunque il principio della umanissima possibilità di esperire gli opposti non solo nella lacerazione della croce ma anche nella resurrezione, ovvero nell'apparire della nuova visione.
Molti sono gli eroi, arcaici e più recenti, insomma, che ci portiamo dentro di noi. Non per ripetere gli stessi copioni sulla scena del mondo. Quanto, piuttosto, per tentare di tradurre in ordinarietà ciò che a suo tempo è stato straordinario.

L'affioramento del tesoro E' l'eroe stesso, come categoria universale, che è libero perché ormai ha depositato il suo tesoro nel Soggetto Universale che in ogni essere umano alberga! Il tempo per nuovi eroi è finito.
Tutto questo perché, di epoca in epoca, di conquista simbolica in conquista simbolica, l'umanità è giunta alla psicoanalisi, attraverso la quale può percepire se stessa non più avanti e contro il resto del mondo, ma come lo sguardo e l'occhio dell'essere che guarda se stesso.
La scissione, fondamento della logica formale basata sul rapporto soggetto _ oggetto, come legge universale che in psicoanalisi corrisponderebbe alla legge del tabù dell'incesto , può essere superata in un'altra percezione.

Tabù dell'incesto e infrazione simbolica del tabù L'altra legge universale, quella che solo gli eroi e per tempo limitatissimo potevano esperire, mentre per i comuni mortali viveva e vive tuttora nell'inconscio e nel sottosuolo, oggi non solo può essere saputa ma anche sperimentata. E' la legge dell'infrazione del tabù dell'incesto, la legge del pensiero maturo, quello che sa produrre sintesi (5). Con buona pace di Jung, che vedeva in questa frequentazione del confine giorno/notte, segno/simbolo, contraddizione/non contraddizione, tabù incesto/infrazione tabù incesto, un grande rischio per la salute mentale dell'io del soggetto, oggi si deve tradire eroicamente ancora una volta il padre ovvero consegnarsi alla novità e affermare la consapevolezza assolutamente necessitante di queste nozze tra (apparenti) opposti.

Il gruppo come universale concreto L'unione di individuale e universale, e tra l'altro, il passaggio dall'individuale all'universale nell'espressione della vita concreta, si mostra in ambiente psicoanalitico nel graduale spostamento di lavoro dall'individuale al gruppo.
Ciò non significa scavalcamento e oltrepassamento di un momento imprescindibile quale quello del singolo.
Significa semplicemente privilegiare l'apparire, sul proscenio psicoanalitico, del gruppo finalmente come soggetto a se stesso e non come strumento al servizio della crescita del singolo solamente.
Questo evento designa la concreta possibilità che l'essere si sta offrendo di sperimentare consapevolmente l'unione dei contrari: l'individuo e il gruppo.
Quest'ultimo designa una visione d'insieme che nel lavoro psicoanalitico individuale resta necessariamente simbolica.

Il tesoro: nuovo fondamento per non impazzire più E' proprio tale gesto, afferrare la percezione degli opposti, quello che solo sa e può togliere alla base, l'idea della malattia mentale perché aprendo alla visione universale è in grado: 1) di implementare la capacità creativa e dunque l'arricchimento dei "modelli" comportamentali per i singoli e per i gruppi; 2) conseguentemente di togliere, solo essa, l'atteggiamento legalistico e giudicante di base, con ciò riducendo l'ombra dell'ego che poi altro non è se non il dolore e la sofferenza dell'ego stesso quando resti imprigionato entro le poche possibilità comportamentali e ideali che la contrapposizione concede. L'ombra dell'eroe, se per eroe, intendiamo il rintanarsi della consapevolezza nella figura dell'ego, è oggi, dunque, la persistenza della rimozione, nella scissura tra questo "io di questo corpo" e l'"io degli altri corpi" e tutti i corpi che fanno il mondo a me coevo.

Il punto sull'aspetto epistemologico Non è una novità, ne parlava e ne scriveva già tanti decenni fa Gregory Bateson (6). Egli attribuiva a questa kantiana e cartesiana separazione io/mondo il significato di un errore epistemologico.
Ovvero quel fondamento della nostra conoscenza che fa sì che essa sia tutta una deformazione, una interpretazione, dunque una opinione, perché basata sulla separazione dall'assolutamente Altro da me quando, a ben pensarci, con l'altro assolutamente altro da me io non mi ci posso neppure relazionare.

Non esiste l'Altro assoluto La relazione è costitutiva a me medesima. Dunque della mia stessa sostanza deve essere ciò a cui io mi relaziono. Se no sarebbe come dire che il mio essere si relaziona con il mio non essere. Il non essere semplicemente non è. Tutto ciò che è, mi costituisce.
L'Altro "sostenibile" è l'Altro "relativo". E tutto ciò che questo "io", consapevole di essere attraversato dal tutto che pure lo trascende, può dire su questo tutto da cui può solo prendere la distanza riflessiva per poterne parlare e pensare, ecco, tutto quanto può dire questo "io" risulta essere la parola medesima dell'essere su se stesso. Dunque veritativa perché oltre le interpretazioni e le opinioni dell'io isolato e autoisolantesi.
Il principio veritativo non intende, né potrebbe, togliere il principio della falsificabilità scientifica e il ricambio delle consapevolezze nella scienza e nella conoscenza in quanto esso rappresenta il solido fondamento su cui esse invece appaiono e si nascondono. E' solo tale principio che conserva la dignità di un eterno ad ogni manifestazione in quanto manifestazione del Soggetto Universale.
Il principio veritativo inoltre è tale perché è l'unico su cui può svilupparsi il pensiero nella sua dinamica essenziale e nella infinità possibilità delle sue oltrepassabili manifestazioni. Senza tale fondamento si apre e si chiude subito il percorso sul muro del nichilismo che paralizza il Soggetto universale nella pura contrapposizione, dunque nella necessaria conseguente frammentarizzazione senza ritorno.
(segue a pag. 10)

Il tesoro è la nuova relazione:
l'intersoggettività
L'eroe è oggi il contrario di ciò che è stata la sua essenza simbolica: diventa oggi la celebrazione dell'ego e della sua solitudine, del suo sradicamento necessario fin qua e del suo fin qui funzionale esilio.
Oggi, ripetiamo, a cristificazione universale avvenuta (unione dell'individuale e dell'universale) seppure sul piano profondo dell'inconscio, oggi i miti dell'eroe potrebbero non servire più: l'eroe ed i suoi infiniti gesti storici, le sue reiterate sofferenze, ripeto, si sono inscritte dentro di noi, nel nostro inconscio e là si stanno consumando.
E' una contraddizione insostenibile suggerire il trasferimento del procedere eroico nel nostro quotidiano ma se il significato del tesoro già presente in noi (l'unione degli opposti!!), viene condiviso, allora l'eccezionalità svanisce. Il tesoro condiviso significa poter giocare il gioco degli opposti nei nostri rapporti, non anelare più a garantirsi un solo aspetto della vita, non coltivare egoiche aspettative, non coltivare la partigianeria.

Psicoanalisi e Umanità Femminile Eppure il fatto che oggi insieme alla tecnica e allo scientismo, ultimi Dèi avanti a cui ancora ci si inchina adoranti, ci sia la psicoanalisi, non tanto come disciplina di settore, ma addirittura intesa come teoria della conoscenza, e come luogo in cui dunque l'essere può prendere coscienza di se stesso nella propria carne e nelle proprie ossa, oltre ogni separazione tra logos e materia, ci dice che qualcosa di enorme e di fondamentale sta tentando di svelarsi: l'affermazione del tempo del femminile in senso rilkiano (7) non come contrapposto a maschile ma come nuovo modo di dirsi e sentirsi umanità. L'eroe è guerriero, è violento laddove la violenza si fa sacrificio e sacralizza il cambiamento, è protagonista, è potente. Il femminile ovvero quel lato del nuovo conoscere e sperimentare è invece basato sull'universalità dell'intelligenza di base, del corpo con ciò intendendo che il femminile porta con sé un tipo nuovo di consapevolezza che non inneggia a se stessa come eccezionale e non chiede dunque particolari celebrazioni perché quando essa, questa consapevolezza, giunge, ha gli attributi necessari e costituitivi della naturalezza (che non è prima natura), dell'anonimato (che non è rimasto innominato), dell'universalità (che non è più l'indifferenziato)
e dunque dell'assoluta familiarità: il definitivo ritorno a casa dell'eroe!

Note:
(1) Gli archetipi portano in sé la forza genetica delle soluzioni originarie già sperimentate dall'umanità, istintualizzatesi , e l'imperativo a ricercarne di nuove.
Essi sono irrappresentabili ma lasciano, come gli elettroni in fisica, delle tracce: le rappresentazioni archetipiche, ovvero i simboli, capaci di modularsi conformemente ai tempi e alle culture in cui si attivano e che si manifestano attraverso leggende, fiabe, racconti, sogni, film, disegni e quanto altro riesce a produrre la creatività artistica dell'uomo. Essi corrisponderebbero ad una sorta di patrimonio spirituale e linguistico a disposizione del Soggetto pensante originario ed universale che trasversalmente vive in ogni umano al di sotto e al di sopra dell'Io cosciente e che Jung definisce come il Sé.
Tra gli archetipi fondamentali troviamo proprio l'Ombra l'Anima e poi il Vecchio Saggio. Tutte espressioni di tappe ineludibili per chi sia chiamato a percorrere i territori della conoscenza interiore. A costui si riconosce tradizionalmente il titolo di "eroe".
(2)
J. Campbell "L'eroe dai mille volti" Guanda (3) E. Severino "Oltre l'uomo, oltre dio" Il Melangolo (4) E. Severino "La Gloria" Adelphi (5) S. Montefoschi "Al di là del tabù dell'incesto" Feltrinelli (6) Gregory Bateson "Ecologia della mente" Adelphi (7) R. M. Rilke "Lettera ad un giovane poeta" Adelphi.


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