Home Anno 12° N° 53 Pag. 5° Settembre 2005 Cristina Allegretti


Cristina Allegretti
 SCHEDE 

DALLO ZERO ALL'AZZERAMENTO DEL PENSIERO

Oggi pare che l'umanità, abbia paura della propria intelligenza e prediliga l' azzeramento del pensiero

Siamo immersi filosoficamente oggi nel nichilismo, oppressi dal nichil, dal niente. Anche l'economia è fondata sul niente: zero interessi, tasso zero... Eppure di questo nulla che tanto ci perseguita, nulla, appunto, sappiamo.
Lo zero ormai è diventato un concetto morale: "Sei uno zero in questa società!", spesso sentiamo frasi di questo tipo.
Lo zero, per il nostro pregiudizio è il simbolo anti Tutto per eccellenza, anche se lo zero ha una storia affascinante, ricca di Tutto.
Da un punto di vista della fisica, sappiamo che da un Universo visto come pieno, composto di Etere, siamo passati al concetto di un universo "vuoto".
Attraversando la storia del concetto di Vuoto attraversiamo anche la storia dello Zero (John D. Barrow "Da zero a infinito - La grande storia del nulla" Ed. Mondadori), essendo i numeri la conoscenza universale condivisibile con tutta l'umanità.
Lo zero è stato scoperto dai Babilonesi, dai Maya, e dagli Indiani dell'India.
Per i primi lo scopo dello zero era riservato all'economia, dai Maya è stato utilizzato con finalità estetiche, per gli Indiani lo zero aveva uno scopo in matematica e in campo filosofico.
In principio per tutte e tre le civiltà, lo zero aveva la funzione di indicare l'assenza di una cifra, ma presto divenne anch'esso cifra.
La parola zero nel linguaggio indiano e sanscrito ha diversi significati, viene rappresentato con un cerchio.
Lo zero viene chiamato in India sunya, che significa letteralmente vuoto, ma in realtà esibisce una ricchezza di concetti incredibile.
Nella filosofia indiana esso significa abhra, ambara, antariksha (atmosfera), akàsha (etere), ananta (l'immensità dello spazio), bindu (punto), gagana (la volta del cielo), jaladharapatha (viaggio per mare), kha (spazio), nabha (cielo, atmosfera), pura (completezza), randhra (buco), skùnya/sunya (vuoto).
Lo zero rappresenta un Mandala, la meditazione che si compie guardando una figura per giungere al nulla, al vuoto.
Lo zero esprime la dimensione mistica orientale, mentre l'antica Grecia seguì una dimensione filosofica logica dell'essere pieno: "la natura ha orrore del vuoto"; la civiltà greca non riuscì, infatti, a concepire lo Zero: i suoi più grandi matematici non vi riuscirono.
La culla della civiltà occidentale, la Grecia, appunto, non concepiva il vuoto semplicemente perché non rientrava nella sua logica. Il sistema matematico decimale ci arriva dagli Arabi, i quali vi arrivarono attraverso lo studio del "Manuale astronomico migliorato di Brahma", un antico manuale indiano. Gli Arabi, dunque, concepirono un sistema numerico che, per la verità, dobbiamo più esattamente denominare "indo _ arabo".
In Occidente, nell'Epoca Antica e Moderna, era pericoloso parlare del nulla, perchè si poteva rischiare l'accusa di eresia.
Il vuoto venne indagato poi dalla scienza. Gli scienziati del Seicento cercarono di costruire il vuoto attraverso vari tentativi tra cui l'esperimento degli emisferi di Magdeburgo fatto da Otto von Guericke nel 1654.
Ai giorni nostri due gruppi di astronomi, servendosi dei più potenti mezzi tecnologici, hanno raccolto prove convincenti sul fatto che il vuoto cosmico esista e che tale vuoto stia accelerando l'espansione dell'universo.
La presenza del vuoto, a quanto sembra, è reale e pare condizionare le sorti di tutto l'Universo.
Ma del vuoto, noi, che ce ne facciamo?Che posto occupa nella nostra vita affettiva e mentale?
Oggi pare che il mondo abbia assunto, come principio categorico, l'impoverimento del mondo concettuale. Compresi i concetti che possono riguardare sia il vuoto che l'essere.
Oggi pare che l'umanità abbia paura della propria intelligenza e prediliga l'azzeramento di pensiero in virtù del quale può evitare di affrontare direttamente sia il concetto di vuoto che il concetto di Tutto.
Da un lato le ricerche scientifiche e filosofiche tendono a una unitarietà tra pieno, vuoto, materia, spirito, essere, nulla, una unità che tenda ad una essenzializzazione della logica; dall'altro tutta la ricchezza del patrimonio umano pare spaventarci e la fuga da tale patrimonio, da tale ricchezza di pensiero, di intuizione, di informazione di cui disponiamo, iperalimenta il suo contrario: superficialità, stupidità, impoverimento di ogni contenuto, inintelligenza, barbarie.
Dal pensiero dello zero siamo pervenuti così all'azzeramento del pensiero!
Al di là del dato indiscutibile della presenza di "ombre", così come della presenza di risorse in ogni essere umano, ho notato come spesso, quando non riusciamo a trovare la nostra strada, quando non riusciamo a esprimere concretamente la nostra natura più profonda, la visione dell'umanità che ci invade è una visione di non libertà, di angoscia, di sofferenza.
Senza negare le sofferenze del mondo, io penso che sia il nostro non sentirci liberi ad alimentare e produrre pensieri e visioni di illibertà. La proiezione contribuisce alla formazione sempre più potente di un circolo vizioso in cui si acutizza la percezione della nostra già limitata libertà. Quando invece respiriamo in noi stessi la libertà, anche la visione che abbiamo dell'umanità è visione di libertà. E tale vissuto diventa energia immediatamente circolante e arricchente la libertà e il pensiero del mondo.
Il rapporto che ciascuno ha con se stesso, quindi, non è separato dal rapporto tra se stessi e l'umanità.
La vita intellettualmente attiva, la vita dedicata ad alimentare la cultura, dedicata ad alimentare la relazione umana, alimenta e "perfeziona" la dimenzione affettiva, ed emotiva, perché la crescita e lo sviluppo della persona, quando comprendono la dimensione dell'intelligenza, comprendono tutte le dimensioni, non ne escudono nessuna.
L'azzeramento del pensiero, ovvero agire la "banalità del male" che è appunto assenza del pensiero, alimenta una regressione affettiva, un'incapacità di vivere appieno anche la sfera emotiva, la sfera delle passioni.
Mi sembra necessario soffermarmi sul fatto che solo sviluppando la facoltà del pensiero, alimentando la mente attiva, creiamo una vita attiva e possiamo arrivare a vivere una matura dimensione affettiva ed emotiva. Non il contrario; spesso la ricerca di vivere emozioni forti, nasconde l'incapacità o il blocco nel vivere appieno la facoltà intellettuale, condizione che ci consegna alla necessaria inevitabile e terribile ripetizione e sudditanza dai soli modelli istintuali della sfera affettiva ed emozionale, sfera che non possiamo conoscere e dunque neanche vivere se non con il mezzo della riflessione.
L'azzeramento del pensiero ci rema contro, rema contro l'umano, ed è un atteggiamento in cui rischiamo tutti di cadere: rischiamo tutti di manifestare quell'assenza, quel nulla che anima inconsciamente il mondo; quel vuoto, quel nulla che non rientra nel complesso concetto rappresentato dalla storia dello zero, a sommi capi qui riassunta, ma concerne la logica della nientificazione che sa solo aggredire la dimensione soggettuale, schiacchiarla e ridurla a pura oggettualità.
Ma se tutto è oggetto, tutto scompare, tutto si distrugge. Tutto si consuma.
No, così non sia.

Bibliografia:
JohnD. Barrow "Da zero a infinito - La grande storia del nulla" Ed. Oscar Mondadori


Cristina Allegretti


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