Home Anno 16° N° 58 Pag. 9° Aprile 2007 Cristina Allegretti


Cristina Allegretti
 TEORIA 

OMOSESSUALITÀ ED EVOLUZIONE

"...lo spaventò il sospetto tardivo che è la vita, più che la morte, a non avere limiti." G. G. Marquez

Ritrovandomi sola a cercare un senso per i vissuti caotici e imprevedibili che affollavano il mio cuore, ho cercato aiuto in una griglia, una mappa che potesse funzionare per comprendere a fondo.
Le riflessioni che propongo sono un modo per mettere in gioco soprattutto i valori umani in cui credo profondamente e che penso sia necessario coltivare il più possibile nel mondo quotidiano per non sentirsi estranei o peggio ancora apolidi nella propria vita, vita che abbiamo il dovere di esprimere e di abitare per ciò che siamo non per quello che non possiamo fare.
Parto dal presupposto che vi siano due diverse interpretazioni della vita, ancora oggi agenti nel mondo: l'interpretazione biologica che vede la vita solamente appunto nella dimensione biologica e quindi come sua finalità la prosecuzione delle specie; l'altra visione interpreta anche una dimensione "spirituale" della vita.
L'omosessualità secondo l'interpretazione biologica è sempre stata vista "perdente" rispetto alla vita; l'omofobia a mio avviso, nasce come conseguenza di un irrigidimento e chiusura della visione biologica della vita, visione che non può che vedere "nemica della vita" una natura diversa che non ha in sè la possibilità di proseguire la specie.
Molti già sapranno che il termine omosessualità è la traduzione italiana della parola tedesca homosexualitat (creata fondendo il termine greco "omoios", che vuol dire "stesso" e il termine latino "sexsus") dalla quale poi sono derivate le traduzioni in tutte le altre lingue. Fu coniata nel 1869 dal letterato ungherese di lingua tedesca K. M. Kertbeuy (1824 - 1882) che lo usò in un pamphet anonimo contro l'introduzione da parte del Ministero della Giustizia prussiano di una legge per la punizione di atti sessuali fra due persone dello stesso sesso maschile. Solo negli anni '20 si farà strada il termine di "eterosessuale". (Wikipedia).
Quindi il termine eterosessualità è nato per contrastare o differenziarsi da una identità omosessuale.

L'omosessualità appartiene agli esseri viventi e quindi appartiene alla Vita, che porta in sè teleologicamente la relazione quale progettualità di vita, ed è questo ciò che mi affascina dell'omosessualità. Al di là dell'identità sessuale di ciascun individuo, nell'omosessualità vi è una scelta della Vita. Tale scelta scavalca la dimensione riduzionista biologica e alimenta la complessità stessa della vita in quanto investe sulla Relazione.
Già nel mito greco è presente l'identità tra relazione e genesi, l'uomo è nato per stare in relazione.

Il mito

Aristofane nel "Simposio" di Platone: "...A me pare che gli uomini non abbiano affatto sentito la potenza di Amore perché diversamente gli avrebbero elevato templi ed altari grandissimi e gli farebbero grandissimi sacrifici, non come ora che non si fa niente di ciò, mentre lui ne avrebbe più diritto di tutti. Poiché egli è il dio più amico degli uomini, è loro protettore, risanatore di quei mali la cui guarigione farebbe la suprema felicità dell'uomo. Pertanto mi proverò a rivelarvi la sua potenza: voi ad altri ne sarete maestri. Bisogna innanzi tutto che sappiate qual è la natura dell'uomo e quali prove ha sofferto; perché l'antichissima nostra natura non era come l'attuale, ma diversa. In primo luogo l'umanità comprendeva tre sessi, non due come ora, maschio e femmina, ma se ne aggiungeva un terzo partecipe di entrambi e di cui ora è rimasto il nome, mentre la cosa si è perduta.

Era allora l'androgino, un sesso a sè, la cui forma e nome partecipavano del maschio e della femmina, ora non è rimasto che il nome che suona vergogna. In secondo luogo, la forma degli umani era un tutto pieno: la schiena e i fianchi a cerchio, quattro bracci e quattro gambe, due volti del tutto uguali sul collo cilindrico, e una sola testa sui due volti, rivolti in senso opposto; e così quattro orecchie, due sessi, e tutto il resto analogamente, come è facile immaginare da quanto s'è detto.
Camminavano anche ritti come ora, nell'una e nell'altra direzione; ma quando si mettevano a correre rapidamente, come i saltimbanchi fanno capriole levando in alto le gambe, così quelli veloci ruzzolavano poggiando su quei loro otto arti.
Dunque i sessi erano tre e così fatti perché il genere maschile discendeva in origine dal sole, il femminile dalla terra, mentre l'altro, partecipe di entrambi, dalla luna, perché anche la luna partecipa del sole e della terra. Erano quindi rotondi di forma e rotante era la loro andatura perché somigliavano ai loro genitori. Possedevano forza e vigore terribili, e straordinaria superbia, e attentavano agli dei. Quel che Omero racconta di Efialte e di Oto che tentarono cioè la scalata del cielo per attaccare gli dèi è detto di loro.
Pertanto Giove e gli altri che andavano arrovellandosi che dovessero fare ed erano in grave dubbio perchè non se la sentivano di ucciderli e farli sparire fulminandoli come i giganti, - sparivano così onori e sacrifici da parte degli uomini - nè potevano lasciarli insolentire. Ma finalmente Giove, pensa e ripensa: "Se non erro, dice, ce l'ho l'espediente perchè gli uomini, pur continuando a esistere ma divenuti più deboli, smettano questa tracotanza. Ora li taglierà in due e così saranno più deboli, e nello stesso tempo più utili a noi per via che saranno aumentati di numero. E cammineranno ritti su due gambe; ma se ancora gli salterà di fare gli arroganti, e non vorranno vivere quieti, li taglierò in due una seconda volta: così cammineranno su una gamba zoppa a balzelloni".
Ciò detto prese a spaccare gli uomini in due, come quelli che tagliano le sorbe per conservarle o quelli che dividono le uova con un crine. E intanto, via via che tagliava, ordinava ad Apollo di torcere il viso e la metà del collo dalla parte del taglio - così che l'uomo avendo sott'occhio quella spaccatura divenisse più tranquillo - e di rimediare tutte le altre ferite. E Apollo voltava a ciascuno il viso e, tirata da tutte le parti la pelle sul punto che oggi si chiama ventre, la legava stretta, come si stringono i sacchi con un cordone, formando uno strozzamento nel mezzo del ventre, nel cosiddetto ombelico. In più spianava le molte altre grinze e modellava il petto, usando quello strumento con il quale i calzolai appianano le pieghe del cuoio sulla forma.
Ma alcune ne lasciò nel ventre e intorno all'ombelico a ricordo dell'antica pena. Quando dunque la natura umana fu tagliata in due, ogni parte, vogliosa della propria metà le si attaccava, e gettandosi le braccia attorno, avviticchiandosi l'un l'altra, nella brama di fondersi insieme morivano di fame e in generale di inazione, perché nulla volevano fare l'una staccata dall'altra. E ogni volta che una parte moriva e l'altra restava sola, questa superstite andava cercando un'altra metà, ed a quella si avviticchiava sia che per caso incontrasse parte di una femmina intera (che appunto oggi noi chiamiamo donna), sia che incontrasse la metà di un uomo. E così morivano.

Ma impietositosi Giove, ricorre a un'altra trovata e traspone i loro genitali sul davanti: fino ad allora li avevano avuti nella parte esterna e così gli uomini generavano e riproducevano non fra di loro, ma in terra come le cicale. Li traspose dunque davanti e per mezzo di essi rese possibile la fecondazione fra di essi, attraverso il sesso del maschio in quello della femmina. E ciò appunto con lo scopo che, se nell'avvinghiarsi si incontrasse maschio con femmina, generassero e riproducessero la specie; se invece un maschio si imbattesse in un maschio, provassero sazietà in quell'accoppiamento, smettessero e si rivolgessero ai loro lavori e alle altre occupazioni della vita. Ecco dunque da quanto tempo l'amore reciproco è connaturato negli uomini: esso ci restaura l'antico nostro essere perché tenta di fare di due una creatura sola e di risanare così la natura umana..

Ognuno di noi è dunque la metà di un umano resecato a mezzo com'è al modo delle sogliole: due pezzi da uno solo; e per sempre è in cerca della propria metà. E quanti risultano tagliati da quell'essere misto che allora si chiamava androgino, sono grandi amatori di donna, ed è da questo ceppo che provengono per lo più gli adulteri, e parallelamente le donne che da qui provengono vanno folli per gli uomini e sono adultere; invece quante donne risultano parte di femmina, per nulla pensano agli uomini, ma più volentieri sono inclinate alle donne, e da questo sesso vengono le tribadi; e quanti infine sono parte di maschio danno la caccia al maschio e finché sono fanciulli, cioè fettine di uomini, amano gli uomini e godono a giacersi e ad abbracciarsi con gli uomini. E questi sono i migliori fra i fanciulli e i giovani perché sono i più virili di natura.

Certo alcuni li dicono impudenti, ma è falso; perché essi non si comportano così per impudenza, ma per l'indole forte, generosa e virile, in quanto amano ciò che è loro simile; e ne è grande prova che, adulti, solo questi riescono capaci nelle attività pubbliche. Quando poi giungono in età virile, amano i fanciulli, nè l'indole loro propende alle nozze e alla procreazione cui solo sono costretti dal costume, altrimenti ben lieti sarebbero di vivere fra di loro senza nozze. Proprio questo è il vero amante di fanciulli e il vero innamorato degli amatori, perché sempre predilige chi gli è congeniale. E quando ad alcuno di questi, sia l'amatore di fanciulli o altro, avvenga di incontrare la propria metà, allora restano entrambi così impetuosamente soggiogati dall'amicizia e dall'intimo amore che soffrono di restare attaccati l'uno dall'altro per così dire nemmeno per poco tempo.

Sono questi che insieme trascorrono l'intera esistenza, che non saprebbero dire cosa s'aspettino l'uno dall'altro, perché a nessuno parrebbe che tutto ciò sia solo comunanza di piacere amoroso come se questa fosse la ragione per cui amano stare insieme con così intensa passione; ma è chiaro che l'anima loro aspira a tutt'altro, senza che lo sappia esprimere; essa pur vagamente indovina ciò che vuole e per oscuri segni lo palesa. E se ad essi, mentre insieme giacciono, apparisse Efesto con i suoi strumenti e chiedesse: "Cos'è che volete o uomini, voi, l'uno dall'altro?".
E rimanendo quelli dubbiosi, di nuovo chiedesse: "Forse che desiderate soprattutto essere sempre quanto più possibile una cosa sola l'uno con l'altro, affinché notte e giorno mai dobbiate lasciarvi? Se questo desiderate voglio fondervi e plasmarvi in un essere solo, affinché, di due divenuti uno, possiate vivere entrambi così uniti come un essere solo, e quando vi colga la morte, anche laggiù nell' Ade siate uno, invece di due, in un'unica morte.

Orsù vedete se è questo che volete e se vi farebbe lieti ottenerlo.." A queste parole, sappiamo bene che nessuno contraddirebbe, nè mostrerebbe di desiderare altra cosa, ma semplicemente avrebbe l'impressione di aver udito proprio quello che da sempre desiderava, di congiungersi cioè e di fondersi con l'amato per formare, di due, un essere solo. E la spiegazione di questo sta qui, che tale era l'antica nostra natura, e noi eravamo tutti intieri; a questa brama di intierezza, al proseguirla, diamo il nome di amore. Prima di allora, lo ripeto, eravamo uno; ma ora per la nostra arroganza il dio ci ha divisi e dispersi, come gli Arcadi lo sono stati dai Lacedemoni...."

La normale naturalità dell'omosessualità

L'omosessualità s'inscrive nel flusso evolutivo della vita, ed è proprio a questa risorsa che ogni essere umano dovrebbe attingere per integrarsi meglio con la vita. Provocatoriamente affermo che l'omosessualità richiederebbe un superamento identitario di genere per meglio essere compresa.
La storia dell'umanità sotterraneamente ci svela il grande potere che l'omosessualità porta in sé. Essa nasce in sè stessa, al di fuori della dimensione sociale. Esiste in sè.
Da alcuni anni siamo a conoscenza che anche nel mondo animale esiste l'omosessualità. Tale scoperta sgombera il campo dal pregiudizio che l'omosessualità sia "anti naturale". La stessa natura ci indica che l'omosessualità è universalmente naturale, e a questa conclusione possiamo giungere osservando ciò che accade nella realtà.
A questo riguardo ricordo che il primo Novembre 2006, Oslo ha dedicato una mostra sull'omosessualità degli animali dal titolo provocatorio: "Contro natura?".
Solo dal primo Agosto 1995 la ventiquattresima Conferenza Etologica Internazionale ha dichiarato solennemente l'omosessualità` animale un legittimo campo di ricerca. L'omosessualità è stata osservata in 1500 specie diverse documentate dettagliatamente per 500 specie ed esistono rapporti tra animali dello stesso sesso che durano anche tutta una vita.
Queste informazioni insieme ad altri saggi che circolano in Italia sul tema dell'omosessualità animale, ci possono aiutare a considerare l'omosessualità una possibilità in più che la vita si è data, essa è una scelta naturale.
L'uomo nel rapporto con il concetto di omosessualità si è posto sempre in un atteggiamento egoriferito, la causa dell'omosessualità è sempre stata considerata riferita solo all'uomo, sia che questo fosse letto come un fatto negativo che, viceversa, come un fatto accettato, mai l'omosessualità è stata vista come una forma d'amore che la vita prende, un fatto naturale.
L'altra metà del cielo è reale e legittimabile tanto quanto l'eterosessualità. L'uomo dovrebbe cercare di adeguarsi di più alla realtà non costruire barriere e fantasmi contro di essa, in nome di una "natura fantastica" perchè l'uomo così facendo corre il rischio di perdere il senso della realtà.

Omosessualità ed evoluzione coscienziale

Anni fa mi imbattei in un libro di Pierre Teillhard De Chardin, paleontologo, geologo, filosofo e teologo francese, "L'avvenire dell'uomo".
l'Autore parla nel libro di un salto evolutivo operato dalla vita, salto che ha comportato lo spostamento della vita dalla dimensione biologica alla dimensione "coscienziale":
"Se veramente, come io affermo, il movimento cosmico verso una maggiore coscienza non è un'illusione ottica, ma esprime l'essenza stessa dell'evoluzione biologica, allora l'uomo occupa indiscutibilmente il vertice della curva tracciata dalla vita. Ed è l'uomo, inoltre che con la sua comparsa e la sua esistenza, completa la dimostrazione della realtà della traiettoria e ne definisce, l'andamento: "il punto sulla i".
E infatti, nel campo accessibile alla nostra esperienza, la nascita del pensiero non si pone forse come un punto critico attraverso il quale emerge e si consuma tutto lo sforzo delle età anteriori, il punto critico attraversato dalla coscienza che, a furia di concentrarsi, finisce con il riflettersi su se stessa? ".
Non c'è bisogno di idealizzare nessuna dimensione che investa la sfera personale ed intima delle persone, ma ciò non toglie che ogni definizione personale sia una veste nuova che la vita indossa, per provare a dirsi "diversa - mente".
Le parole dell'Autore si sposano bene ad una visione "altra" dell'uomo, delle sue capacità evolutive.
L'omosessualità si inserisce nell'evoluzione spirituale della vita in quanto esprime l'estremo anelito e slancio d'amore, della relazione che non vuole altro fine se non l'amore stesso.
L'omosessualità entra nella sfera dell'evoluzione come una direzione altra rispetto alla cultura, così come quest'ultima viene difesa e impostata ancora oggi nel mondo. La Cultura ha cioè sposato senza riflessione né critica la conoscenza della vita biologicamente intesa, e su questa acriticità ha impostato: scienze, religioni, sistemi giuridici, sistemi arcaici di contenimento a difesa di una preservazione, in fondo, del diritto alla vita nella sua forma pulsionale.
L'evoluzione grazie al cielo, "sceglie" le sue vittime con cui proseguire il suo cammino non curante delle strutture mentali umane, dirompe nella vita cercando di sciogliere i nodi della caduta agli inferi di una vita senza coscienza, e cerca nuove forme.
L'omosessualità è un dato di fatto, è un dato di fatto della vita e dell'evoluzione, appartiene al principio unico che spinge la vita ad andare oltre se stessa, oltre la propria struttura.
L'omosessualità è un principio universale che mette in discussione la forma mentis statica e conservatrice a favore di un valore naturale e umano che libera l'uomo dal sentirsi creatura della vita e che implica l'adesione ad una "scelta". E' un principio di responsabilità ed un principio individuativo portato alle estreme conseguenze, crea una "circumnavigazione dei valori".

Due pareri autorevoli

Grazie alla preziosissima collaborazione del Dott. Roberto Maggi e della Dott.ssa Ada Cortese, a cui vanno i miei più sentiti ringraziamenti, ho cercato di affrontare lo scottante problema di come sia stata trattata l'omosessualità dalla psichiatria e dalla psicoanalisi.
Prima di riportare le loro parole si accennerà in breve al lungo e tormentato percorso che per decenni le due discipline hanno affrontato trattando l'omosessualità dapprima come "devianza" fino ad arrivare ai nostri giorni, giorni in cui pare esserci più apertura spirituale e intellettiva per contemplare l'omosessualità nella sua normalità e "adeguatezza" alla vita.

Omosessualità e psichiatria

Per il benpensante, l'essere solo e avere torto sono l'identica cosa... (J. P. Sartre)

Non è un caso che l'omosessualità sia stata dichiarata "malattia mentale", nel corso della storia della psichiatria.
La psichiatria, che spesso vestì i panni della censura anzichè i panni della scienza, vide un nemico da sconfiggere nell'omosessualità, una malattia da curare, perchè vide in essa un nemico del sistema biologico, e vide nel superamento del biologico una "eresia", una follia.
A tale riguardo cito un passo del libro "I manipolatori della pazzia. - Studio comparato dell'Inquisizione e del movimento per la salute mentale in America" di T. S. Szasz: "Il passaggio da una concettualizzazione e del controllo del comportamento individuale da una forma religioso - morale a una forma medico - sociale colpisce l'intera disciplina della psichiatria e i campi affini. Forse questa trasformazione in nessun altro campo è più evidente che nel punto di vista moderno della cosiddetta deviazione sessuale, ed in particolare della omosessualità. Paragoneremo dunque il concetto di omosessualità come eresia prevalente ai tempi della caccia alle streghe, con il concetto di omosessualità come malattia mentale prevalente oggi".

"L'omosessualità era stata inclusa nel primo DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) fra i "disturbi sociopatici di personalità".
Nel 1968 il DSM II la classificava come "deviazione sessuale" .
Nel 1974 fu eliminata l'omosessualità ego-sintonica (la condizione dell'omosessuale che accetta la propria tendenza e la vive con serenità) dal DSM III, ma vi fu aggiunta l'omosessualità ego-distonica (il caso della persona omosessuale che non si accetta come tale); a questa persona i terapeuti potevano continuare a proporre cure mirate alla trasformazione in eterosessuale.Il DSM R cita: "pag. 357 " .... persistente o mancato disagio a riguardo del proprio orientamento sessuale".
Dal DSM, che fa testo in tutto il mondo, l'omosessualità ego distonica sarebbe stata cancellata soltanto con decisione presa i l7 maggio 1990, destinata ad entrare in vigore a partire con la promulgazione della nuova edizione del DSM IV, il 1 gennaio 1994" (Wikipendia).

Nel 1975 nel testo "Classificazione internazionale analitica malattie traumatismi (ICD - 9) Settore disturbi psichici" l'omosessualità viene inserita come sottoclasse delle deviazioni e disturbi sessuali (pag. 156 - 157):
"302- Deviazioni e disturbi sessuali. Inclinazioni o comportamenti sessuali anormali, che fanno parte di un problema oggetto di consultazione. I limiti e le caratteristiche delle inclinazioni e dei comportamenti sessuali normali non sono stati codificati in senso assoluto nelle diverse società e culture, tuttavia essi rispondono in gran parte ad esigenze sociali e biologiche riconosciute. L'attività sessuale delle persone colpite è diretta in primo luogo verso persone dello stesso sesso, o si manifesta con atti sessuali non associati al coito normale o, ancora, con il coito praticato in circostanze anormali. Se il comportamento anormale si manifesta soltanto nel corso di una psicosi o di un'altra malattia mentale, deve essere classificato nella categoria corrispondente all'affezione principale. E' frequente che nello stesso individuo si possano verificare insieme più di un'anomalia; in tal caso si deve classificare la deviazione predominante. E' preferibile non comprendere in questa categoria gli individui che compiono atti sessuali devianti, quando le possibilità sessuali normali non sono consentite ad essi.
302.0 Omosessualità Attrazione sessuale, esclusiva o predominante, per persone dello stesso sesso con o senza relazione fisica. Codificare, in questa sottocategoria, l'omosessualità sia essa o no considerata come un disturbo psichico."

Intervista a Roberto Maggi

Roberto Maggi è nato a Genova nel 1954. Dopo la laurea in Medicina, conseguita nel 1979, si è specializzato in Psichiatria ed ha progressivamente perfezionato la propria formazione psicoanalitica. Lavora da più di vent'anni nei Servizi pubblici di Salute Mentale come psichiatra clinico e, privatamente, pratica la terapia psicoanalitica. A questa attività affianca quella di consulente per il Tribunale ordinario (sezione famiglia) e per il Tribunale dei Minori.

L'omosessualità nella storia della psichiatria come è stata interpretata?

Per molti anni la psichiatria è stata la disciplina medica che si è da un lato posta come compito la gestione dei diversi e della diversità e dall'altro, in maniera speculare, ha assunto la tutela della norma e della normalità, a livello individuale e soprattutto sociale. Se diverso, quindi, è tutto ciò che esce da un concetto di normalità come stabilito dalla società borghese e che da questa stessa società viene vissuto come socialmente pericoloso (da cui il passaggio da diverso a deviante, termine maggiormente connotato in senso eversivo) l'omosessualità, maschile e femminile, non può che essere collocata nel contesto della diversità e della devianza, insieme alla follia. Nei secoli precedenti i diversi (omosessuali e folli, ma anche le streghe e gli eretici) venivano semplicemente puniti per la loro diversità (col carcere o col rogo, ad esempio). Nell'Ottocento la Psichiatria inizia a porsi come scienza medica al pari delle altre specialità e cerca di affrontare il problema della devianza in termini medici, quindi di malattia, cercandone le cause a livello anatomico e fisiologico ed organizzandone la cura all'interno degli spazi manicomiali. In questo contesto, quindi, si capisce bene come l'omosessuale sia passato dal ruolo di anormale da eliminare a quello di malato da curare.

Oggi cosa è cambiato nella psichiatria rispetto all'omosessualità?

Prima ancora che nella psichiatria ci sono stati importanti cambiamenti (o meglio, grandi aperture verso possibili cambiamenti) nella società. Mi riferisco naturalmente ai grandi movimenti politici e sociali che, a partire dalla fine dell'Ottocento e poi attraverso tutto il Novecento, si sono posti come obiettivo primario la conquista di una maggiore libertà ed indipendenza, passando attraverso fenomeni di emancipazione e di liberazione, oltre che, evidentemente, di affermazione di se stessi e dei propri diritti. Questo ha riguardato ad esempio, tanto per citare solo i casi più eclatanti, la classe operaia ed il movimento delle donne. Attraverso questi movimenti, attraverso i loro percorsi politici, sociali ed intellettuali, hanno iniziato ad affermarsi anche modi altri di intendere la morale, compresa la morale sessuale, ed i rapporti tra le persone, e quindi anche i rapporti uomo/donna. La presenza in Italia della Chiesa e del papato ha reso tutto molto più difficile (ma questo è ancora, purtroppo, un problema attualissimo).
Dopo la prima guerra mondiale, poi, con la presa del potere da parte del fascismo, per due lunghi decenni il Paese ripiomba in un autoritarismo oscurantista. L'omosessualità, inoltre, collideva in maniera clamorosa con i miti fascisti della virilità e della forza, e questo spiega anche come mai, nel Ventennio, gli omosessuali siano stati apertamente perseguitati così come gli oppositori politici e puniti col carcere e col confino. Dopo la Resistenza e la liberazione, col ritorno della democrazia in Italia (ma, contemporaneamente, si afferma anche la cultura democristiana) si creano di nuovo gli spazi per un pensiero più aperto, a cui, come è noto, darà voce il cosiddetto Sessantotto, in tutte le sue espressioni. Anche da qui, ma non solo da qui, nasce in quegli anni la psichiatria antistituzionale (Franco Basaglia) che pone in maniera forte non solo il problema della cura della patologia mentale (la critica del manicomio finalmente riconosciuto come generatore di malattia e non di salute) ma anche quello della malattia mentale stessa, che non viene certo negata (come spesso si sente dire) ma ridefinita nelle sue ragioni e nelle sue espressioni. Ho fatto un discorso lunghissimo e certamente risaputo, ma mi pareva importante collocare quello che certamente oggi (ma non da moltissimo tempo) è cambiato nella Psichiatria rispetto all'omosessualità in un contesto preciso storicamente e culturalmente. Quello che si può dire oggi, utilizzando un espressione forse un po' enfatica, è che, finalmente, l'omosessualità non riguarda più la psichiatria, essendo uscita dai manuali e dai sistemi diagnostici (ad esempio, il famoso DSM). La psichiatria può certamente ancora occuparsi di omosessuali, così come di eterosessuali, ma solo in quanto singole persone sofferenti che richiedano un aiuto rispetto alla loro sofferenza, qualunque ne sia la causa.

Che aiuto può dare la psichiatria all'evolvere della concezione dell'omosessualità come del diverso, nella vita di tutti i giorni?

Sulla base di questo, si può capire bene che, a livello individuale, la psichiatria (ma, secondo me, soprattutto la psicoanalisi, in tutte le sue declinazioni) può offrire all'omosessuale come all'eterosessuale lo stesso tipo di aiuto: comprensione delle ragioni profonde della propria sofferenza psicologica su cui fondare una prospettiva di esistenza più soddisfacente e meno dolorosa. A livello sociale e culturale, poi, credo che la psichiatria potrebbe in modi diversi contribuire alla diffusione nella società di una visione del diverso maggiormente tollerante ed accogliente, aiutando a comprendere che se le persone (come pure i popoli) sono certamente tra loro differenti, questo non implica anche una diversità antropologica, ma anzi il riconoscimento di una dignità di essere umano che è diritto di ciascuno. Purtroppo, nel tempo che stiamo attraversando (un tempo fatto di razzismo, di diritti negati e di paranoia diffusa) questo appare un discorso estremamente difficile.

Omosessualità e psicoanalisi

Nella psicoanalisi il tema dell'omosessualità è stato tappeto d'indagine legato alla vita psichica e inconscia dell'individuo. Leggendo le prime indagini psicoanalitiche compiute da Freud in particolar modo e le interpretazioni antropologiche di Jung, pare che l'omosessualità sia vista come fonte di integrazione individuale, o comunque sempre all'interno del principio di individuazione, la relazione omosessualità non è considerata mai matura relazione al pari di quella eterosessuale, non ha lo stesso spessore. Essa è vista solo come dinamica psichica negativa o di passaggio.

Così Freud parla dell'omosessualità nel primo saggio "Le aberrazioni sessuali" del libro: "La vita sessuale" Ed. Boringhieri:
"Alla teoria popolare della pulsione sessuale corrisponde assai bene il mito poetico della divisione dell'uomo in due metà - uomo e donna - che aspirano a ricongiungersi nell'amore. E' per ciò sorprendente udire che vi sono uomini per i quali non la donna, bensì l'uomo, e donne per le quali non l'uomo, bensì la donna forma l'oggetto sessuale. Queste persone si chiamano omosessuali o meglio invertite, il fatto è chiamato inversione. Il numero di queste persone è molto rilevante, sebbene vi siano difficoltà per conoscerlo con sicurezza."
In una nota del 1914 al libro menzionato Freud precisa:
"Finora la psicoanalisi non ha potuto chiarire completamente l'origine dell'inversione, ma ha scoperto il meccanismo psichico della sua genesi e arricchito essenzialmente la problematica relativa. In tutti i casi studiati, abbiamo constatato che le persone in seguito invertite attraversano negli anni dell'infanzia vera e propria una fase di fissazione intensa ma breve sulla donna (per lo più la madre); dopo averla superata si identificano con la donna e assumono sè stessi come oggetto sessuale, vale a dire, partendo dal narcisismo, cercano uomini giovani e simili alla loro persona che li vogliano amare come li ha amati la loro madre. Inoltre abbiamo trovato con frequenza che individui pretesi invertiti non erano affatto insensibili all'attrattiva femminile, bensì proseguendo l'eccitamento provocato dalla donna lo trasponevano su oggetto maschile. Così ripetevano per tutta la vita il meccanismo dal quale era sorta la loro inversione. Il loro desiderio ossessivo di un uomo si rivelava condizionato dalla continua fuga dalla donna."

Anche Jung ci parla dell'omosessualità come di momento nello sviluppo della persona per potersi nelle condizioni di introdursi al mondo degli adulti: "La deviazione verso l'omosessualità ha tuttavia molti precedenti storici. Nella Grecia antica, come anche in altre collettività primitive, omosessualità ed educazione erano per così dire la stessa cosa. Sotto questo aspetto l'omosessualità dell' adolescenza è il bisogno della presenza di un uomo, frainteso certo, ma comunque utile" ( "Lo sviluppo della personalità`" Ed. Boringhieri).

Intervista a Ada Cortese

Ada Cortese laureata in sociologia nel 1974, psicoanalista, psicologa, psicoterapeuta, fondatrice del "Laboratorio Ricerche Evolutive" con Silvia Montefoschi, fondatrice e Presidente dal 1991 dell'Associazione G.E.A. (Gruppi Evolutivi Autocentrati) Psicologia Analitica e Filosofia Sperimentale - con sede a Genova, cura il sito www.geagea.com, Direttore Responsabile della rivista "Individuazione", ha collaborato dal 1999 al 2003 a Radio 24, più volte ospite di settore alla rai e alle radio nazionali.

L'omosessualità nella storia della psicoanalisi come è stata interpretata?

Come fissazione ad una fase pulsionale. Freud presenta la sua teoria dell'omosessualità nel suo "Tre saggi sulla teoria sessuale" nella quale ipotizza la relazione tra omosessualità e fissazione alla fase edipica come conseguente concretistico innamoramento della figlia per il padre e del figlio per la madre. Questa fissazione impedirebbe il completamento e l'attraversamento della sequenza omosessuale a livello simbolico: impossibilità di incontrarsi a livello simbolico col genitore dello stesso sesso e così ricercarlo nelle facce dei futuri partners, per garantire l'altro genitore, quello con cui la figlia/figlio è affettivamente "invischiato", che non lo si abbandonerà mai. Come se interiormente e inconsciamente questi figli dicessero "Cara mamma non ti lascerò mai, quindi non ti tradirò mai con nessun altra donna, perciò potrò andare solo con quelli del mio stesso sesso, che il tuo amore invischiante mi impedì di conoscere nella persona di mio padre, l' uomo che mi è stato sottratto".
"Cara madre (a volte "padre") non ti lascio mai né mai ti tradirò con un altro uomo, perciò posso andare solo con quelle del mio stesso sesso come fedeltà a te e come segno indelebile di quel mancato incontro con me stessa che il tuo amore invischiante mi tolse".

L'analisi ha dunque letto l'omosessualità solo come risultato di dinamiche relazionali parentali (dentro un universo implicitamente colpevolizzante) a livello inconscio e simbolico, a volte anche come causa di eventi traumatici reali ma sempre comunque e solo eventi relazionali.

Pur senza più arrischiarsi a parlare di patologia, essa prevede l'omosessualità come blocco di un processo individuativo attraverso il quale ogni genere si prepara ad incontrare l'altro.
La filosofia di fondo, il giudizio permane nell'idea dunque che la norma sia l'eterosessualità e la patologia l'omosessualità senza in questo allontanarsi dalle scelte prevalenti della natura e senza peraltro troppo interrogarsi su altri riscontri e altri significati possibili nel fenomeno dell'omosessualità umana ed animale.

Ciò ancora accade nonostante lo stesso Freud ebbe a ripensare l'omosessualità come patologia solo in caso di "egodistonia" ovvero nel solo caso che essa procuri sofferenza, e ciò nonostante molti psicoanalisti siano essi stessi omosessuali o lesbiche.
Un certo movimento dirompente, soprattutto all'estero, va segnalato, specie a partire dal 2000, da parte di colleghi omosessuali e lesbiche che hanno pubblicamente ammesso la loro natura e hanno dato il via ad un controverso dibattito anche interno alla psicoanalisi. Ma il fatto che ciò non porti ad una ridefinizione dell'omosessualità o ad una presa di posizione evolutiva e anticipatoria rispetto alle altre forme di ribellione di massa, parrebbe segnalare che la psicoanalisi ortodossa si assoggetti all'ideologia del puro evoluzionismo naturalistico.
In sé la psicoanalisi ortodossa cova la contraddizione ma non si esprime a riguardo, e così abbandona la novità coscienziale, portata dalla sofferenza delle persone comuni, sposando il modulo della semplificazione e della banalizzazione collettive dove tutto si trasforma alla lunga in rappresentazione ed assenza.

Oggi qual è la visione, nella psicoanalisi, dell'omosessualità?

Sarei ingenerosa verso la psicoanalisi che io ho conosciuto ed ho coltivato se sostenessi che essa insiste sugli errori storici che l'hanno contraddistinta nel trattamento del tema in oggetto: in essa e nella mia esperienza la psicoanalisi è terreno di novità evolutive incredibili. Nella mia visione che prevede prossimi livelli evolutivi già intravisti, l'omosessualità ha molto da dirci e da suggerirci sul piano della relazionalità davvero libera, rispettosa, amorosa, amichevole ed intersoggettuale. Non va dimenticato che molti colleghi omosessuali e lesbiche, come accennato poc'anzi, hanno scritto e si sono messi in discussione contribuendo ad una ridefinizione dell'omosessualità all'interno dell'universo psicoanalitico e permettendo lo scioglimento delle riserve da parte delle istituzioni psicoanalitiche verso chi, essendo omosessuale / lesbica, voglia esercitare la professione la quale, fino a non molto tempo fa (e temo in Italia, ancora oggi), era impedita o esercitata nella clandestinità.

Che aiuto può dare la psicoanalisi all'evolvere della concezione dell'omosessualità come del diverso, nella vita di tutti i giorni"?

Penso soprattutto offrendo una visione "olistica" dell'omosessualità, sottraendola dunque al piano ermeneutico della pura identità umana biologica e recuperandola come categoria incarnata del pensiero il quale pretende di essere consapevolizzato in un concetto universale. A ciò tutta la psicoanalisi può contribuire, tutti gli psicoanalisti sufficientemente "arcipelago" ovvero capaci di attingere alla propria omosessualità interna, ma soprattutto quei colleghi che sanno direttamente la vicenda perché di essa è impregnata la loro personalità di base e la loro identità primaria.
In questo spirito è stato scritto nel 2000 un libro di Parin Moss Moor Drescher Isay Blechner Phillips Morgenthaler Mitchell su "L'omosessualità nella psicoanalisi" curato da Fabiano Bassi e Pier Francesco Galli, consistente di una serie di articoli sul controverso rapporto tra psicoanalisi e omosessualità.
Argomento peraltro allora e ancora molto attuale, poiché in quell'anno Santo, la città di Roma ospitò tra molte polemiche la giornata internazionale dell'orgoglio omosessuale. Questo lavoro testimonia che anche la psicoanalisi sta aprendosi lentamente ad una visione nuova sull'omosessualità, ed ha lo scopo di ricostruire l'atteggiamento storico generale della psicoanalisi nei confronti dell'omosessualità e presentare al lettore le posizioni che stanno emergendo nella clinica e nella tecnica psicoanalitica su questa materia.

Omosessualità ed etnologia
intervista a Maria Luisa Faldini Docente di Etnologia presso l'Università degli Studi di Genova

Nell'evolversi della sua storia che rapporto ha avuto l'etnologia con il tema dell'omosessualità?

L'etnologia è un scienza giovane e le sue prime basi teoriche appaiono nella seconda metà dell'Ottocento con la scuola evoluzionista. In tale periodo, stante che i dati sulle singole popolazioni non erano oggetto di una ricerca di campo, ma provenivano da resoconti di geografi, missionari, viaggiatori ecc., il tema delll'omosessualità è rimasto in sordina. Solo in seguito, con le ricerche della scuola storica americana (a partire dalla fine dell'Ottocento) e poi con le trattazioni di studiosi di Storia delle religioni come Mircea Eliade, tale tema ha iniziato ad essere preso in considerazione, specie per quanto riguarda alcune figure di operatori che fanno da tramite fra il mondo soprannaturale e quello degli uomini. Mi riferisco a quell'operatore che viene impropriamente definito in termini generici "sciamano" e che, spesso, per quanto riguarda il genere, è un omosessuale. Si è infatti riscontrato, sia per questo che per altri ruoli connessi col soprannaturale, che l'omosessualità, intesa come diversità, come situazione fuori dalla norma, sia una costante di alcuni operatori del soprannaturale, almeno in certe aree del globo, e cioè le regioni siberiane ed artiche, nonché gran parte delle aree culturali indigene dell'America.
Si tratta quindi di un tema discusso nel passato e di attualità anche oggi riguardo alla caratterizzazione del genere nelle diverse popolazioni, le quali prevedono un ruolo per tutte le loro componenti, etero- e omosessuali.

Ha voglia di raccontarci alcune concezioni sull'omosessualità appartenenti alle "culture altre" che ribaltano il concetto che ne ha la cultura Occidentale?

Vi sono molti esempi da prendere in considerazione. L'idea di base è, comunque, che l'omosessualità è una situazione di marginalità ma preziosa, nel senso che la diversità va ritenuta come un dato che accresce la posizione dell'individuo. Come americanista, tenuto conto che nelle Americhe tale fenomeno è presente in diverse culture, posso ad esempio citare alcuni casi, tra cui, in primis, quello dei Mezzi Uomini-Mezze Donne degli Cheyenne, oggetto degli studi di diversi antropologi e, in special modo, di Adamson Hoebel, i quali, in quanto omosessuali, erano, ancora in epoca storica, da un lato equiparati al genere femminile e, dall'altro, associati a poteri che venivano dal mondo soprannaturale, tanto da essere coloro che conducevano, dopo la battaglia, la Danza degli Scalpi, un rituale che concludeva le spedizioni di guerra. L'idea relativa al genere, presente nelle diverse culture da noi considerate, è che essa è funzionale alla società, per cui può avere modulazioni diverse, del tutto funzionali alla cultura di cui sono parte, tenendo conto che ogni cultura ha idee diverse su ciò che è, almeno nei nostri termini, etero o omosessuale, concetti che possono differire molto dalle idee vigenti nella nostra società.
Il principio di base è che, in ogni società, nessuno deve essere escluso, per cui è evidente che per ogni categoria di genere (etero od omosessuale) vengano ritagliati ruoli che consentono ad ogni individuo di poter partecipare agli avvenimenti sociali senza temere discriminazioni di sorta. Questa è una grande lezione che ci viene dalle culture cosiddette "altre".

Nel candomblé, religione sincretista brasiliana nonché oggetto privilegiato dei suoi studi e ricerche, come è contemplata l'omosessualità?.

Nel candomblé, una religione afrobrasiliana che vede le sue origini in territorio nigeriano, l'omosessualità, soprattutto maschile, è una presenza costante. Ciò è dovuto a diversi fattori, tra cui, ad esempio, la capacità di questa religione di raccogliere nel suo ambito persone marginali alla società che possono mediante essa, ascendendo nella gerarchia religiosa, acquisire una importanza anche nella gerarchia sociale della società in cui vivono. In campo religioso non esiste alcuna preclusione in merito e, se è più evidente la presenza di omosessuali maschili, va rilevata anche quella femminile, meno evidente ad un primo sguardo. Si ritiene che, in una società maschilista, tradizionale e chiusa come quella del Brasile, la via di fuga per l'omosessualità, costituita da una serie di religioni sincretiste, come Candomblé, Umbanda, Tambor e altre, sia lo sbocco naturale per le differenze di genere.
All'interno delle comunità religiose la percezione è ovviamente diversa e si ritiene che ogni individuo acquisisca un genere che è, almeno nelle sue grandi linee, dovuto alla divinità che gli è patrona, fattore che condiziona il suo essere nel mondo e, spesso, il suo genere.
A livello concreto, possiamo dire che il candomblé, per gli omosessuali, trattandosi di una religione che prescinde da idee di genere, è un veicolo di ascesa sociale per individui che si trovano in situazioni di marginalità.

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Bibliografia:

-Simposio di Platone -La vita sessuale di S. Freud Ed. Boringhieri -Manuale di psichiatria di Franco Giberti e Romolo Rossi Ed. Piccin -I manipolatori della pazzia - studio comparato delle Inquisizioni e del Movimento per la salute mentale in America Ed. Feltrinelli T. S. Szasz:
-Lo specchio incrinato Paola Lupo Ed.
-Lo sviluppo della personalità C.G. Jung. Ed. Boringhieri -L'omosessualità nella psicoanalisi a cura di Fabiano Bassi e Pier Francesco Galli Einaudi 2000


Cristina Allegretti


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