Home Anno 17° N° 62 Pag. 4° Dicembre 2008 Cristina Allegretti


Cristina Allegretti
 CONSULENZA FILOSOFICA 

LA CONSULENZA FILOSOFICA E L'ARTE DEL VIVERE.

La via indicata è quella del superamento tra vita e pensiero, è indicata nel ritrovamento tra individuo e universale, tra desideri e destino, tra la natura e la cultura.

 

 

La consulenza filosofica aspira alla capacità dell'uomo di comprendere la vita e di avvicinare la filosofia alla vita pratica innalzando essa al dominio della riflessione umana e in ciò renderla universale.

Nella storia della filosofia abbiamo un movimento filosofico importante che dopo i grandi sviluppi teoretici di Platone e Aristotele, e a causa dei grandi cambiamenti politici, aspirò anch'essa a un sapere capace di comprendere la vita e volse lo sguardo filosofico alla pratica del buon vivere.

L'arte del vivere resta ancora oggi una meta a cui aneliamo, una meta a cui già gli stoici anelavano.

La via indicata è quella del superamento tra vita e pensiero, è indicata nel ritrovamento tra individuo e universale, tra desideri e destino, tra la natura e la cultura.

Necessità oggi è la parola che più di tutte ci fa riconoscere nel percorso, nel filo d'oro, che ci unisce a chiunque, conosciuto o sconosciuto, abbia fatto un percorso che necessariamente lo ha portato a seguire il percorso del logòs.

 

 

La stoa e la filosofia del comprendere la vita

"I veri tiranni sono dentro il nostro petto,

sono i giudizi sbagliati

e la brama dei piaceri e della potenza"

(M.Pohlenz)                                                                    

Lo stoicismo vive tre fasi, il suo inizio nel 308 a . C. con il suo iniziatore Zenone di Cizio, e si intende questo periodo come dello stoicismo antico.
Lo stoicismo medio si ha con Pananzio, e Posidonio, nel II e I sec. c. C., in questa fase lo stoicismo ha influenze platoniche, aristoteliche ed epicuree.
Dal I sec. d. C. al IIIsec. d. C., con Seneca, Epitteto, Marc'Aurelio e Cicerone, si ha il periodo nuovo romano dello Stoicismo e un ritorno alle sue origini.
La filosofia stoica viene adattata da Roma in quanto nella dottrina stoica il mondo era come doveva essere, tutto era necessario, e tale principio aiutava l'Impero a trovare una logica giustificativa all'ordine dell'Impero: ogni battaglia, ogni guerra, ogni morte in campo, voleva dire rientrare nell'ordine del Tutto.

"La Stoa non intese proporre un rigido sistema dottrinale, destinato a vivacchiare nel chiuso mondo della storia, della filosofia; volle essere un'arte del vivere, capace di illuminare l'uomo intorno al suo destino e di metterlo in grado di realizzarlo in ogni possibile contingenza. Per mezzo millennio la Stoa manifestò la sua forza presso i popoli e nei periodi più diversi, ad innumerevoli uomini diede una base morale e la pace interiore" (M.Pohenz).

Lo stoicismo fu la risposta filosofica, culturale e storica alla sua epoca, si occuparono dell'uomo inteso per la prima volta nella sua interiorità, nudo nel suo concetto, al di fuori del suo essere uomo politico.

Fu una risposta concreta e positiva per ricondurre gli uomini a loro stessi.

"La filosofia stoica voleva essere un'arte del vivere: l'arte di organizzare la vita in modo tale che il logòs stia saldo di fronte a tutte le lusinghe, provengano esse dall'esterno o dall'interno dell'uomo, e determini tutto il nostro pensare ed agire. Per raggiungere tale obiettivo è necessaria una concezione universale, poggiante su basi scientifiche, e la meta ultima consiste nella scienza delle cose umane e divine, la quale, in quanto saggezza, pochi in verità possono raggiungere, mentre la maggioranza si deve contentare dell'aspirazione ad essa".. (Pohlenz)

Nel sec. IV a. C.
in Grecia, il problema filosofico della fine della vita, e dell'eudaimonia dell'uomo (intesa come disposizione spirituale e della coscienza di compiere una missione assegnata da Dio), sono al centro della ricerca stoica la quale si pone l'obiettivo di essere una pratica arte del vivere e si assume come compito, quello di fissare il telos- il fine - della vita.

"Base e premessa dell'arte del vivere teorica e pratica è la scienza delle cose divine e umane, la sapienza, la quale invero tocca a ben pochi, mentre i più si devono contentare della "filosofia", cioè dello sforzo di far assumere al logòs il giusto atteggiamento. Dalla conoscenza della realtà dell'universo deriva la scienza dei valori della vita umana, la scienza del bene e del male:
questa è la saggezza pratica, la phronesis. La sua azione si sviluppa in quattro direzioni principali. Come phronesis in senso stretto regola le nostre azioni. Come sopportare difficoltà e pericolo - non solo in battaglia, ma dovunque la moralità incontri degli ostacoli - si afferma come fortezza, come quella disposizione dell'anima che, secondo la definizione di Crisippo, "soffrendo e sopportando obbedisce senza paura alla legge suprema".
Con lo scegliere le cose degne di essere perseguite la virtù si manifesta come sophrosyne, quella padronanza di noi stessi o temperanza che mantiene tutti gli istinti in armonia col logòs. Nei rapporti con il prossimo, infine la virtù è la giustizia, che attribuisce a ciascuno ciò che gli spettta. 
"(Phohlenz).


 

 

Zenone: l'austero ricercatore.

Vita

Nacque a Cizio, (Cipro), che aveva avuto coloni fenici, Z. era di sangue semitico,

Per una scelta spirituale, ventiduenne si trasferì ad Atene.

Qui entrò in contatto con molti filosofi ma fu soprattutto Cratete Cinico ad avere molta influenza su di lui, soprattutto per il suo esempio pratico di vita filosofica.

Zenone ebbe contatti anche con i socratici minori e la scuola dell'Accademia.

L'apertura del Giardino di Epicuro, scatenò uno stimolo profondo a Zenone, nel considerare l'apertura di una propria scuola.

Zenone come Epicuro visse la tensione di trovare una pratica arte del vivere ma rifiutava le risposte di Epicuro.

Rifiutò infatti l'idea epicurea che riduceva l'uomo ad un insieme di atomi e l'identificazione del bene morale con il piacere.

Zenone trovò una risposta sua spirituale e filosofica nel logòs.

Della sua filosofia si vedono similitudini con Eraclito, infatti le opere di Eraclito furono studiate a fondo da Zenone.

Zenone non essendo un cittadino ateniese, non poteva comprare un edificio, le sue lezioni le tenne in un Portico, che in greco si traduce con stoa, da qui la nuova scuola ebbe il nome di Stoa, Portico.

Zenone da Atene fu molto onorato, il suo insegnamento gli meritò stima e rispetto.

Delle sue opere, non ci resta nulla solo frammenti.

Zenone fu il creatore della filosofia stoica a lui si deve la visione unitaria della filosofia stoica, egli fu un pensatore conscio della propria responsabilità, studiò scrupolosamente i filosofi precedenti prima di proporre una innovativa e del tutto personale risposta filosofica.

Era di natura austera, fu un grande ricercatore per una pratica arte del vivere, combattè contro i pregiudizi e le debolezze umane per poter praticamente far primeggiare il logòs piuttosto che gli istinti.

 

 

Pensiero:

 

Zenone creò il suo pensiero a partire dalla fondamentale idea che l'essenza specifica dell'uomo è data dal suo logòs.

La physis partecipe della dimensione animale come di quella spirituale è intrinseca al logòs, vivere secondo natura vuol dire vivere secondo il logòs.

Per Zenone il bene deve essere circoscritto alla dimensione del logòs, in quanto pur sapendo che l'uomo partecipa sia al proprio istinto che al proprio spirito, vede quest'ultimo guida della vita dell'uomo.

Il bene morale, per Zenone è l'unico bene da cui dipende la felicità dell'uomo.

Per giungere alla virt, all'aretè l'uomo mette in opera il logòs, al di sopra di tutto.

La virtù è la potenzialità dell'uomo, sta a lui metterla in opera.

Zenone ricercò un sapere capace di comprendere la vita tutta, che investe il territorio dell'agire. La tripartizione della filosofia in etica, fisica e logica nello stoicismo, attraverso Zenone, assumono un ruolo determinante in quanto questi tre elementi ruotano intorno al concetto di logòs che sta al centro di tutto il cosmo.

"Il logòs per Zenone non rappresentava soltanto la ragione pensante e conoscente, ma anche il principio spirituale che dà forma a tutto l'universo razionalmente e in base ad un piano rigoroso e fissa per ogni singola creatura la sua destinazione".

"La fisica aveva il compito di mostrare, come il logos in quanto principio creativo, dà forma al cosmo; all'etica, come esso indichi all'uomo la meta della vita e costituisca la norma dell'agire. La base della fisica e dell'etica, come di ogni altro lavoro scientifico, doveva però essere posta da una dottrina specifica, la "logica" la quale indaga il logòs in quanto principio della nostra esistenza spirituale, esamina le forme e le leggi secondo cui attuano il pensare e il conoscere e utulizza i risultati e il conoscere ottenuti per elaborare una propria metedologia".(Pholen)

Il linguaggio è lo strumento attraverso cui esprimiamo alla collettività il nostro pensiero e quindi anche il linguaggio è partecipe dello spirito.

 

La logica

La  logica è composta dalla dialettica e dalla retorica; entrambe costituiscono la verità: la prima procede per argomenti la seconda sviluppa il discorso in maniera oratoria.

Base della verità fu la rappresentazione "comprensiva", essa è la rappresentazione che ha ricevuto l'assenso dal logòs, e solo questa rappresentazione è criterio di verità, dare l'assenso vuol dire che ci troviamo di fronte a una oggettiva evidenza.

Per gli stoici l'anima inizialmente è una tabula rasa, l'esperienza fa nascere le impressioni e le rappresentazioni.

 

La fisica

Per quanto riguarda la fisica gli Stoici avevano una rappresentazione corporea dell'essere, loro infatti erano contrari alla visione trascendentale di Platone e Aristotele.

La fisica dell'antica Stoa era anche in antitesi alla fisica di Epicuro, sono due forme di materialismo ma distanti tra loro.

Il materialismo della Stoa è un monismo panteistico, per loro tutto ciò che esiste è corpo, anche l'universale.

Il corpo per gli Stoici è materia e qualità, unite inscindibilmente l'una all'altra.

La qualità - forma è il principio attivo, la materia è il principio passivo ed esse sono indissolubili.

Gli stoici identificano Dio - physis - logòs, con il fuoco artefice (Eraclito).

Il dio natura in sè è razionale, tutto ciò che è ha un suo fine e questo fine ha come nome provvidenza anche se tale concetto è diverso dalla provvidenza cristiana.

L' heimarmene è l'essenza della legge antichissima che Crisippo definì "il movimento eterno, continuo e ordinato. E' la legge razionale in base alla quale le cose avvenute sono avvenute, quelle che avvengono avvengono, e quelle che avverranno avverranno".

L heimarmene, nella filosofia stoica può essere paragonata alla provvidenza e anche al Nous di Zeus.

Il mondo è un organismo perfetto, chiuso in sè e fermo, anche se il cosmo vive cicli cosmici, dalla materia informe infatti nascono per poi perire cicli che si ripetono nell'eternità. 

L'uomo partecipa del logòs divino e ciò lo rende partecipe del divino più di qualunque altro essere vivente.

 

L'etica.

L'etica stoica fu e resta il messaggio più forte ed eterno della Stoa.

Essa è capace di dare un senso alla vita e toglie le illusioni.

Anche per gli Stoici come gli Epicurei lo scopo del vivere è il raggiungere la felicità, l'etica determina in cosa consiste la felicità.

L'uomo per gli Stoici è il logòs, esso è un frammento del logòs divino, e ciò lo differenzia dagli altri esseri umani.

La physis ovvero la natura caratteristica dell'uomo è il logòs, siccome il fine di ogni essere è attuare la propria natura, il fine della natura dell'uomo è attuare il proprio logòs.

La natura istintiva di ogni essere vivente consiste proprio per gli Stoici, di conservare se stesso, ovvero di conciliarsi con se medesimo e con le cose che le sono conformi. (Simile con il simile messaggio evangelico e della fisica).

Questa forma istintiva che caratterizza gli esseri viventi viene chiamato oikeiosis= attrazione, approvazione.

Negli esseri umani questo istinto è sorretto dall'intervento della ragione.

Ovvero vivere secondo natura per l'uomo (dotato di ragione) significa vivere "conciliandosi" con il proprio essere razionale, conservandolo e attuandolo pienamente.

Questo è il fondamento nuovo e radicale dello stoicismo.

Il bene fondamentale è ciò che reca godimento alla ragione, il male fondamentale è ciò che nuoce alla ragione, in questo lo stoicismo radicalizza la valutazione del bene e del male a partire dalla natura più profonda dell'uomo il logòs..

A partire dall'oikeiosis sia che si tratti del logòs che della natura fisica viene considerato come fondamento che l'istinto di tutti gli esseri è quello di conservare se medesimi e il medesimo istinto diventa fonte delle valutazioni etiche.

La virtù per gli Stoici è essa stessa felicità in quanto la felicità è perfezione della ragione e quindi è la totale attuazione della natura specificatamente umana.

La virtù per lo Stoico è perfettamente autosufficiente e quindi non è legata o dipendente ai piaceri.

La virtù è conoscenza dei beni così come la intendeva Socrate , è la phronesis, la saggezza, le virtù sono la scienza pratica.

L'universalità del logòs, e il considerare la riduzione delle virtù a perfezione del logòs, permette agli Soici,  di universalizzare gli esseri umani: uomini, donne e schiavi compresi.

"La virtù non è preclusa ad alcuno, è permessa a tutti, accoglie tutti, chiama a sè tutti, liberi, liberti, schiavi, re, esuli. Non sceglie la casa o il censo, si accontenta dell'uomo nudo". (Seneca).

Con lo Stoicismo si ha un pensiero cosmopolita perchè l'universalità del logòs rende simili gli uomini.

Gli Stoici irrompono con un pensiero nuovo: non solo la virtù è uguale in tutti gli uomini ma la virtù degli uomini è uguale alla virtù Divina, così come il logòs umano è un momento del logòs divino.

"Il carattere morale (ethos) è la fontana della vita, da cui sgorgano le singole azioni"

(Zenone).

L'azione agita dalla virtù non può che essere un'azione perfetta.

L'azione perfetta gli Stoici la chiamano Katòrthoma essa è quel' azione che si radica nella virtù e quindi contiene tutte le caratteristiche della virtù.

Katorthoma= orthòs logòs ovvero azione perfetta ispirata dal logòs perfetto.

L'azione la si giudica non dal fine del raggiungere ma dal punto di partenza, da cosa è ispirata è' la disposizione spirituale interiore che conta.

La legge e la natura, nel pensiero degli Stoici sono conciliate in quanto la legge deriva dal logòs stesso che regge l'universo, pertanto il diritto "è dato dalla natura".

"La legge è la regina di tutte le cose divine ed umane: bisogna che essa sovrintenda alle cose belle e turpi e sia il capo e la guida, ed in base a ciò vi sia una norma del giusto e dell'ingiusto e degli esseri socievoli per natura che imponga ciò che bisogna fare e vieti ciò che non bisogna fare".
(Crisippo).

Le passioni sono viste dagli stoici causa di infelicità. Zenone considerò le passioni causa di un giudizio erroneo, Crisippo identificò il giudizio erroneo con le passioni.

Gli Stoici distinsero quattro tipi di passioni: il desiderio, la paura, il dolore e il piacere, e una serie di sottospecie di passioni.

"Il desiderio dipende da una falsa opinione e da un falso giudizio circa un bene futuro, la paura dipende da una falsa opinione e da un falso giudizio rispetto a una male futuro; il dolore dipende da una falsa opinione e da un falso giudizio circa un presunto male attuale e il piacere dipende da una falsa opinione e da un falso giudizio su un presunto bene presente". (G. Reale).

La felicità è apatia in quanto le passioni sono estirpate.

Gli Stoici affrontano il problema della vita e il saggio rappresenta la figura dell'uomo ideale, l'uomo perfetto che agisce con virtù perchè egli stesso è virtù e logòs.

 

Riflessioni

 

 La ricerca stoica dell'etica è ancora attuale; anzi proprio oggi che ci sentiamo più distanti che mai dal seguire il logòs, distanti dall'accettare ciò che è, dal sentire vita ciò che pure non soddisfa i nostri desideri più immediati; più che mai, oggi ci sentiamo abbandonati dagli dei (Holderling) e ancor di più siamo abbandonati da noi stessi: viviamo un nichilismo etico  morale e spirituale; sempre di più abbiamo necessità di vivere in un mondo abitato dal tutto dal dio physis, logòs, per poter guardare la morte senza paura di aver perso nulla perchè il tutto abbiamo abbracciato.

Gli Stoici vedono l' allontanamento delle passione come la manifestazione e la realizzazione del logòs, ricadendo nella dualità corpo spirito, oggi abbiamo bisogno invece di riappropriarci delle mostre passioni cercando di farle maturare in noi, oggi sappiamo che non è rimuovendo un lato di noi che possiamo andare avanti nella ricerca, ma semmai cercando sempre più di integrare il Tutto che siamo, ciò che abbracciamo è ciò che ci è simile.

Il messaggio potente dello Stoicismo è proprio l'esplicitazione della legge universale costitutiva della vita che vede il simile cercare il simile. Nel suo senso più originario e anche spirituale, tale legge ci permette di proseguire il sentiero del giorno, il sentiero dell'essere che ci permette di riconoscerci nell'essere.

Gli Stoici rifiutano di rifugiare il proprio intelletto in strutture complicate teoretiche preferendo andare al cuore del problema umano: la vita, per ritrovarci vita noi stessi. 

 

 

 

 

 

Epitteto: lo schiavo filosofo e la libertà.

 

 

"Non sono i fatti a sconcertare gli esseri umani, ma i loro giudizi intono ai fatti".

 

 

Vita

Nacque tra il 50 e il 60 d. C.  a Ierapoli in Frigia, fu schiavo,  infatti fu comprato da Epofroido, il  potente segretario di Nerone,  ma frequentò ugualmente le lezioni del famoso stoico Musonio, che gli rivelarono la propria vocazione alla filosofia.
"Anche Epitteto conobbe per esperienza diretta la potenza del destino che condiziona l'uomo dall'esterno. Ma il momento decisivo della sua vita non fu rappresentato dalla concessione della libertà da parte del padrone Epofroido, bensì dall'aver ascoltato alla scuola di Musonio la lieta novella della libertà interiore, che dà la felicità anche a chi è nato in catene e lo rende signore di tutte le cose. E' la libertà di "vivere come si vuole", di seguire senza limitazioni la propria natura, un bene a cui ogni essere vivente tende istintivamente": (M. Pohenz).

Intorno agli anni 85-90 pare non fosse più schiavo tanto è vero che fu cacciato da Roma insieme agli altri filosofi da Dominiziano.

Egli lasciò l'Italia e si ritirò nella città di Nicopoli in Epiro.

Qui fondò una scuola che ebbe molto successo e che attirò uditori da molte parti.

Alla base del suo grande successo si trovano: le sue capacità di educatore, la sua personalità molto forte, l'umanità e l'essenzialità della sua filosofia.

Nei suoi ultimi anni godette dell'amicizia personale dell'imperatore Adriano.

Morì si pensa intorno al 138 d. C..

Non lasciò nulla di scritto, prendendo ad esempio Socrate, dobbiamo ringraziare lo storico Flavio Arriano, che partecipò alle sue lezioni, se oggi abbiamo degli scritti sul pensiero di Epitteto, infatti Arriano decise di trascrivere le lezioni del filosofo creando le "Diatribe" e un "Manuale" estraendo dalle "Diatribe" le massime più significative.

Il gesuita Matteo Ricci, missionario in Cina, cercando di allacciare dei rapporti tra Occidente e Cina, riscontrò delle similitudini tra il confucianesimo e la morale stoica così decise di tradurre il "Manuale" di Epitteto in cinese intitolandolo "Il libro dei 25 paragrafi",  dandogli però una interpretazione cristiana.

 

 

 Pensiero

 

"Dio mi conceda la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare, e la saggezza di capirne la differenza".

L'anelito di Epitteto, nato schiavo, fu la libertà, e la sua convinzione profonda rispetto alla libertà fu che essa la si trova nella filosofia.

Epitteto al pari di Seneca e di Marc'Aurelio ha un interesse esclusivo per l'etica, un forte senso dell'interiorità, e un forte sentimento del legame tra l'uomo e Dio.

Cerca di tornare alle origini della Stoa e soprattutto a Crisippo, pur facendo affiorare delle novità cristalline dai suoi insegnamenti.

Riformulando uno dei più importanti princìpi dell'etica stoica la quale distingueva: i beni dai mai e dagli indifferenti, E. distingue il principio in due classi: le cose che sono in nostro potere, e le cose che non sono in nostro potere.

"Le cose sono di due maniere; alcune in nostro potere, altre nò. Sono in nostro potere l'opinione, il movimento dell'animo, e l'appetizione, l'avversione, in breve tutte quelle cose che sono nostri propri atti. Non sono in nostro potere il corpo, gli averi, la reputazione, le altre cariche, e in breve quelle cose che non sono nostri atti. Le cose poste in nostro potere sono di natura libere, non possono essere impedite né ostacolate. Quelle altre sono deboli, schiave, sottoposte a ricevere impedimento, e infine sono cose di altri".(Epitteto).

I mali e le difficoltà dipendono tutte dal fatto di non tener conto della differenza fondamentale riportata sopra: schiavo sarà chi si occuperà delle cose che non sono in nostro potere, libero sarà chi si occuperà delle cose che non sono in nostro potere cambiare.

"Non cercare che le cose che accadono, accadono come vuoi tu, cerca invece di volere che le cose  accadono come accadono".(Epitteto)

E. suddivide l'indagine filosofica a tre vasti campi in cui necessita esercitarsi per acquistare la perfetta virtù: il primo campo riguarda i desideri e le avversioni; il secondo campo riguarda gli impulsi e le repulse; il terzo campo riguarda i casi d'assenso.

E. come tutti gli stoici mettono a fondamento dell'indagine filosofica il problema della vita a cui danno una risposta intuitiva, creando una premessa ragionata.

Epitteto come fondamento dalla sua morale pone la "Prohairesis " ovvero una pre-scelta fondamentale che l'individuo compie nei confronti di se stesso nel seguire la strada del bene o del male; questa pre-scelta autentica ovviamente per E. coincide con il suo grande principio che distingue le cose che sono in nostro potere da quelle che non ci devono interessare.

"Non sei carne né peli, ma scelta morale: e se questa sarà bella, sarai bello".
(Epitteto).

"Dalla prohairesis dipendono, insomma, virtù e vizi, felicità e infelicità: essa è ciò che di più grande c'è nell'uomo".(Giovanni Reale "Storia della filosofia antica").

La prohaires è un giudizio conoscitivo.
"La prohairesis è la premessa di ogni decisione singola, non come atto che avviene una volta tanto, ma come coerente atteggiamento spirituale da cui scaturisce, sul piano della pratica, ogni nostra singola azione" (M.Pohlenz).

Il suo anelito religioso si esprime in una visione trascendentale del dio dalla quale emergono una forte spiritualità e religiosità.

 

Riflessioni

 

Questo pensatore, per certi aspetti cristiani, ci offre la possibilità di riflettere su un principio molto semplice a cui appellarci per riuscire a districarci nel folto e intricato percorso interiore: occuparci delle cose che possiamo cambiare e accettare tutto il resto, non occuparcene,ci permette di  non intavolare guerre contro i mulini a vento ma affrontare ciò che possiamo cambiare.

"Il tuo compito nella vita, è recitare nobilmente la parte che ti è stata assegnata.
Quanto alla scelta di essa, questo è compito di un altro".

Possiamo liberare il bene che è presente in ciascuno di noi: bene presente nei nostri giudizi, nelle nostre emozioni, nella nostra spiritualità.

"Nessuno è libero se non è padrone di se stesso"..

Le riflessioni di questo filosofo ci suggeriscono di esprimere al meglio le nostre risorse, a monte di una scelta esistenziale profonda  seguirle oppure nò.

Tale pensiero ci ricorda la sofferenza di Amleto, la filosofia di Kierkegaard, i personaggi di Dostojevski: la scelta esistenziale che solo dentro di noi possiamo compiere, prima ancora che nel mondo; di tale scelta ne custodiamo i semi, essa è una tensione che fin dall'inizio del pensiero umano accompagna l'uomo in questo suo tentativo di riprodurre vita, nel suo riconoscersi esso stesso vita.

Leggendo Epitteto come altri filosofi stoici del passato, si arriva, a mio avviso, a percepite una serenità di fondo, un'accettazione incondizionata del destino, o del piano divino, e nello stesso tempo un'attenta e rigorosa morale nel tentativo di mettere in pratica il pensiero giusto, la saggezza, la tensione verso il bene, il buon vivere.

Questi messaggi assolutamente positivi, nelle capacità individuali sono nuove risposte ai problemi della vita, che quotidianamente affrontiamo.

Così come il filosofo Severino ci ricorda che la filosofica non può cambiare il mondo ma trasformarlo, cosi la filosofia di Epitteto e della scuola stoica ci ricordano che non possiamo cambiare la nostra vita ma viverla nel bene.



Marc’Aurelio: l’imperatore filosofo

 

Un universo umano conta solo visto dal suo interno (P.P. Pisolini)

 

Vita.

Nacque nel 121 d.C., fin da giovanissimo si dedicò alla filosofia e alla retorica.

Frequentò lo stoico greco Apollonio, stoici romani; grazie a Rustico conobbe le Diatribe di Epitteto, questo testo fu sempre un punto di riferimento per Marc’Aurelio.

Quarantenne nel 161 salì al trono, con un forte senso stoico del dovere tenne testa alle invasioni interne dell’Impero, e alle tensioni esterne dei barbari.

Visse il ruolo di imperatore portando il carico di responsabilità che ciò gli conferiva.

Morì nel 180 d.
C.

Scrisse “Ricordi”, una serie di massime, sentenza, e riflessioni.

 
Pensiero


Marc' Aurelio fu l'ultimo grande esponente dello stoicismo.

In lui si ritrovano notazioni di saggezza che provengono da Epicuro, oltre all'uso della tesi di Eraclito del "tutto scorre".

Con lui la filosofia stoica si concentra nella problematica morale, correlata di forti tinte religiose.

Possiede ben salda la fede stoica in Dio e rinsalda i legami tra la fede in Dio e l'etica.

"Un mondo unico formato da tutte le cose e un Dio presente in tutte le cose".

Questo dio Aurelio lo chiama logòs, altre volte spirito universale, più spesso "natura universa".

Nei suoi scritti insiste molto sulla caducità delle cose e sulla vanità delle cose, a tale visione del non senso Marc'Aurelio risponde sul piano ontologico e cosmologico con la visione dell'Uno - Tutto, capace di dare un senso alle singole esistenze.

Sul piano etico il dovere morale restituisce senso alla vita di ciascuno.
Tutti hanno un posto dentro l'universo perchè il cosmo è visto come un organismo unitario, ogni parte è collegato al tutto e dipendente alle altre parti.
Nel cosmo gli interessi generali hanno la precedenza, quanto giova al tutto dovrà in definitiva convenire alla parte.
L'uomo per Mar'Aurelio a differenza degli altri esseri ha la facoltà di dare un senso all'accadere degli eventi.

 Il periodo storico di Marc'Aurelio è un periodo spirituale di grande trasformazione: il Cristianesimo sta conquistando gli animi e il  mondo antico sta dissolvendosi.

La Stoa distingue nell'uomo il corpo dall'anima, anche se quest'ultima resta un ente materiale.

Marc'Aurelio distingue tre principi costituitivi dell'uomo:il corpo che è carne, l'anima che è soffio pneuma, e la parte superiore dell'anima stessa che è l'intelletto.

La Stoa identificava il principio primo dell'uomo con la parte più alta dell'anima.

Marc'Aurelio pone il principio primo dell'uomo fuori dell'anima, e lo identificava con il nous.

Con il concetto di nous il filosofo vuole mostrare che l'uomo non è riducibile alla mera componente fisica.

Il nous non è immortale ma nella vita di ciascun uomo determina la direzione di ciascuno.
Secondo la legge di natura il simile si unisce con il simile, e il simile del nous si trova in due direzioni: nella direzione orizzontale, nella dimensione sociale, e nella direzione verticale nella dimensione religiosa.

Egli ama gli uomini, nonostante l'uomo non sia perfetto, egli va oltre se stesso e abbraccia l'universale corso della natura umana che è l'essere socievole.
Marc'Aurelio si sente cittadino del cosmo, i vari imperi rientrano in questo cosmo che li comprende.


Citazioni

- L' incapacità  di penetrare nell'anima altrui di rado ci rende infelici; al contrario, chi non segue i moti della sua propria anima non può non soffrire.

- Occorre sempre avere in mente quale sia la natura dell'universo e quale la tua; in che rapporto questa stia con quella e che parte sia di che universo. E ancora:nessuno può impedirti né di fare nè di dire sempre quello che si accorda alla natura, poiché le appartieni".

- La mente dell'universo è socievole. Ha fatto le cose inferiori per quelle superiori, e quelle superiori ha legato in armonia. Vedi bene come ha subordinato, coordinato e assegnato a ogni cosa un posto secondo la sua dignità e sistemato le forme eccellenti in reciproca concordia"

- La maggior parte delle cose che la gente ammira è della specie più comune - soggetta alle leggi della coesione o della nascita spontanea: pietre, legno, fichi, viti, ulivi. Quelle che ammirano le menti appena superiori rientrano nella sfera della vita conscia - come greggi e mandrie. E quelle che ammirano persone ancora più raffinate nella sfera dell'anima razionale, non in quanto universale, ma in quanto dotata di qualche capacità, come quella semplicissima di possedere una massa di schiavi. Infine, chi tiene in gran conto l'anima razionale, universale e sociale non cerca nient'altro, ma si preoccupa solo che la sua anima si mantenga razionale e socievole in sè e nelle sue attività e a questo fine collabora con il suo simile.

- Pensa in quali rapporti le cose si leghino nell'universo. Le cose, diciamo, formano un intreccio e si amano a vicenda.
L'una segue l'altra nell'ordine del movimento, nel respiro comune e nell'unità della materia.

- Quello che non è utile allo sciame non lo è neppure all'ape.

- Nessuno può impedirti di vivere contro la ragione della tua natura. Niente ti accadrà di contrario alla ragione della natura comune.

- Aver paura della trasformazione? Che cosa può accadere senza trasformazione?
Che cosa c'è di più caro o di più proprio alla natura dell'universo? Tu stesso potresti lavarti se la legna non si trasformasse? Potresti mangiare se il boccone non si trasformasse? Qualche altra attività potrebbe compiersi senza trasformazione? Non vedi che il tuo stesso trasformarti è uguale e ugualmente necessario alla natura dell'universo?

- Guarda dentro: dentro è la fonte del bene - zampillerà sempre, se scavi sempre.

- Ricorda che i fili li muove la cosa nascosta dentro di noi: la cosa che ci dà la parola, la cosa che ci dà la vita, la cosa - è il caso di dirlo - che ci rende uomini. Non ti venga in mente di confonderla con l'involucro che la avvolge o con gli organi di cui è costituita. Questi sono come l'ascia dell'operaio, l'unica differenza è che aderiscono naturalmente al corpo. Senza la causa che li muove e li tiene, l'utilità di questi organi non è superiore a quella della spola per la tessitrice, della penna per lo scrittore e della frusta per l'auriga."

 

Tutto appare razionale nell'animo umano, questa razionalità porta positività e benessere nell'anima umana.

Seguendo il pensiero di Marc' Aurelio non abbiamo un nemico fuori da combattere, ma un alleato dentro di noi da alimentare e fortificare.

 

 

 

Bibliografia:

- Il manuale di Epitteto
- Colloquio con me stesso di Mac'Aurelio
- Storia della filosofia antica Giovanni Reale
- La stoa. Storia di un movimento spirituale. Max Pohlenz    Ed.Bompiani

 

 

 


Cristina Allegretti


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