SILVIA MONTEFOSCHI
Il senso della Psicoanalisi
Incontri e conversazioni realizzati presso la nostra sede.
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"A proposito di relazione e di evoluzione...":

stralcio di un incontro con Silvia Montefoschi
Milano 2003
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Partecipano all'incontro
Silvia Montefoschi, Ada Cortese, Carla Pezzani, Cristina Allegretti.

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Carla racconta un sogno fatto in Egitto alcuni anni fa, nel sogno una voce dice: "Le perle della corazza magica sono gli eventi della vita non ce n'è né uno di meno né uno di più per poterla tessere, attenzione però a non pronunciare mai la parola sfiga."

Silvia: E' molto bello questo sogno perché evidenzia come non ci sia un minimo evento della nostra vita che non sia ciò che deve essere, che non sia nel processo.

Carla: Questa corazza è l'ultimo talismano della vita e quello che è importante non sono gli eventi ma è la corazza; non è ciascun evento: lo sono tutti.

Silvia: La corazza è sempre la difesa dalla morte e quindi ciò che ti difende dall'idea della malattia e quindi dall’idea della morte è proprio l'accoglimento di ogni minimo evento.

Ada: Silvia c'è un modo per facilitare l'accoglimento? Nella mia vita ho incontrato molte persone, con le quali ho lavorato, che giravano attorno alla visione che noi condividiamo, ma tale visione spesso è accettata solo razionalmente non nella totalità.

Silvia: Se le persone non si vivono nella loro interezza la visione non possiamo fare nulla, quello che posso testimoniare è che la cosa bella che vivo io è invece proprio il sentir come la visione diventa realtà al di là della sofferenza del corpo, al di là della stanchezza fisica, al di là della malattia.
Io ho notato che la visione del salto evolutivo fa molta difficoltà ad essere accolta, è molto difficile per le persone rinunciare alla facile uguaglianza con gli altri uomini, capisco che forse anche i primi uomini avranno pensato di portarsi dietro nel loro pensiero anche le scimmie, e poi avranno lasciato le scimmie al loro destino e queste non si sono più evolute, perché quando compare la nuova forma, essendo che il pensiero è salito su un piano più elevato di riflessione la forma precedente cessa di evolversi, e così accade per l'umanità.

In quest'ultimo secolo è avvenuto il salto evolutivo, che da me è stato registrato, da me è stato vissuto, non è che io questo salto l'ho pensato, io sono l'evento, sono questo evento fin dall'inizio della mia infanzia.
E' in quest'ultimo secolo che si è avvenuto via via affermando il salto evolutivo soprattutto nella seconda metà del secolo, anche se è nella psicoanalisi agli inizi del '900 che il pensiero comincia a riflettere su se stesso , cioè l'uomo non pone più la riflessione rivolta all'esterno per creare nuovi pensati nuovi oggetti, con la psicoanalisi comincia un movimento inverso. Con la psicoanalisi il pensiero si ripiega su se stesso e si interroga sul suo stesso modo di pensarsi.

Il grande valore del pensiero di Freud è il recupero della proiezione, il concetto della rimozione - proiezione , Jung ha colto la dinamica del collettivo umano e io ho colto la dinamica dell'intero universo.

L'inconscio non è né personale né collettivo umano bensì universale.
Questo inconscio universale per essere cosciente deve emergere in una coscienza universale, di qui la necessità del superamento dell'io che è tutto il lavoro che è stato fatto attraverso di me per coincidere tutti in questa coscienza universale che riconosce la realtà vivente di tutto ciò che è l'oggettualità del mondo come un pensato che è stato posto fuori, per riconoscerlo interiormente.
Quando la gente legge questa visione come parola in un libro l'accetta, ma cos'è che distingue il mutante, che è appunto quello colto dalla mutazione (mutazione avvenuta in questo ultimo secolo che ha portato questo livello più elevato di riflessione per cui non ci si pone più dal punto di vista del soggetto riflessivo individuale ma dal punto di vista del soggetto super riflessivo) dai non mutanti? Il cono di visione del mutante si allarga e si accorge di abbracciare tutto in tutti.

Chi ha vissuto questo salto non può non sentirsi tormentato, incalzato dall'esigenza di mettere in atto questa sua visione. Ci sono poi persone che vengono affascinate sì da questa visione ma che non la sperimentano come l'unica sola possibile realtà, pena il non poter esistere.
L'unico criterio che noi possiamo veramente utilizzare per riconoscere il mutante dal non mutato è proprio la necessità, non poter vivere senza questa visione e senza la possibilità di attuarla nella propria vita, pena il morire.
Per attuare la visione dobbiamo lavorare al superamento dell'io, è questo tutto lo sforzo quotidiano che la gente deve fare e fa fatica a fare e non lo vuole fare, ovvero l'esercizio elementare del mettersi al di sopra della propria testa e non abbandonarsi mai dalla mattina alla sera, facendo attenzione a non aderire immediatamente ai propri vissuti, agiti, movimenti, pensati.

Tutto questo porta al superamento dell'io, perché l'io non è altro che l'identificazione immediata con i propri vissuti.
Senza nessuna distanza e senza nessuna analisi critica di quello che si fa non c'è riflessione, anni fa c'era stato in voga nel mondo il ritorno all'immediatezza, ma questa filosofia, questa moda, non è altro che il ripetere pregiudizi, giudizi già dati, quindi è retro-cultura.

Ada: Nella mia esperienza non è così netta quella distinzione tra i mutanti e i non mutati, perché al lavoro di smantellamento dell'io può aderire anche chi ama l'umanità senza abbracciare la visione del salto già avvenuto.

Silvia: Non esiste l'amore per l'umanità, è necessario abbandonare il mondo perché amare l'umanità è ancora un'identità dell'io, è ancora un narcisismo, amare l'umanità è ancora un attributo dell'io, noi non amiamo l'umanità noi ci amiamo con tutti nella vita eterna, ma amiamo la vita eterna che siamo ancora noi, non amiamo una specificità.
Il blocco al salto ha come causa il personalismo.

Carla: Una delle metafore che io utilizzo per far comprendere questa condizione mentale a cui deve aderire anche la prassi è questa: nella coppia noi tendiamo ad aderire completamente all'altro, se la persona riesce a capire che deve amare non l'altro ma la relazione con l'altro, supera la dinamica dell'interdipendenza

Ada: Non si fa difficoltà ad amare la relazione, sento il limite dell'umanità quando si tratta di abbandonare il mondo, allora in questo caso, come tanti sogni già annunciavano se tu non compi il salto torni non più ad una dimensione umana ma ad una dimensione animale.

Silvia: Ricordo un sogno molto bello in cui: " la sognatrice entrava nella città del futuro che già si dava nel mondo, e la caratteristica degli abitanti, degli esemplari della città del futuro era quella che ognuno parlava di ciò che sapeva solo a chi già sapeva quello che l'altro sapeva e diceva."
L'importante è tenere presente, se emergono ancora visioni personali, che tutto è opera divina che non c'è niente che sia personale, vedere che ormai il nuovo individuo è tutti noi, così come la corazza del sogno di Carla aveva tutte le pietrine che rappresentavano tutti gli eventi non uno in più, non uno in meno, così ogni dinamica anche quella di restare in una visione personalistica è da riferire al soggetto Uno che ancora pone la sua identità nell'io e non in se stesso.
Noi dal livello del super riflessivo abbiamo abbracciato un solo unico grande individuo di cui noi dobbiamo prendere consapevolezza, e di cui noi appunto ne siamo la coscienza.

Carla: Il rischio è di ricadere nella relazione di potere anziché attuare la relazione d'amore.

Silvia: Lo sforzo è quello di arrivare alla radicalità.

Cristina: Chiedo se sia stato necessario per l'uomo aderire alla materialità.

Silvia: E' stato necessario il non l'aderire.
Io ricordo un sogno di tanti anni fa in cui la sognatrice sognava: " se stessa con una matita in mano su un foglio con la testa china, la sognatrice disegna me non vede ciò che fa, allora io gli tiro su la testa e lei vede il suo disegno. In questo sogno è presente la metafora della psicoanalisi quale funzione riflessiva.

Carla: In fondo l'io è fatto dalle infinite sfaccettature del nostro sentire che di volta in volta possono emergere, se tu metti l'identità solo in una di queste mille sfaccettature resti nella frammentazione mentre se l'identità la poni nell'occhio che vede la complessità dei vissuti, non aderisci mai a nessun contenuto, a nessun vissuto.

Silvia disegna un modellino relativo all'io e al rapporto tra l'io e gli eventi. I movimenti sono due: il primo movimento vede l’io aderire ai singoli eventi della sua esistenza (da un piccolo cerchio rappresentante l’io tante frecce si dipartono vero un ideale linea di base punteggiata ciascun punto della quale rappresenta un singolo evento), l'altro movimento consiste nel riferire ogni evento al soggetto super riflessivo (da ogni punto della linea tratteggiata riparte una freccia verso il soggetto super riflessivo collocato idealmente sopra al cerchietto dell’io): tale movimento è negaentropico; se esso manca ci si trova nella psicosi, ovvero nella frammentazione. Lo psicotico è tale proprio perché non è in grado di comporre l'arco della propria esistenza.
Nel momento in cui i due soggetti riflessivi si incontrano sul piano riflessivo più elevato, tutti e due i soggetti sentono di essere una sola persona e questa esperienza, vissuta dai due soggetti basta perché tale esperienza sia esperienza di tutta l'umanità.

La psicosi si può dare in due casi: o l'individuo nasce senza soggetto super riflessivo ed è uno scarto della coscienza irrecuperabile e vive la sua vita senza un senso storico perché non ha la capacità riflessiva, oppure come tanti psicotici oggi, si trova nella coscienza del soggetto super riflessivo senza saperlo e allora il soggetto riflessivo individuale non funziona più. Sul piano del quotidiano questi soggetti si comportano come tanti psicotici cioè incapaci di riferire tutto alla propria persona, ma il movimento che devono compiere deve essere quello di riportare tutto alla coscienza del soggetto super riflessivo che non sanno di avere.
Lo schizofrenico è colui che non sa di avere il terzo occhio e, fino a che non si riconosce con un altro che ha la stessa visione, non può uscire da tale condizione.

Carla: Che differenza c'è tra me e lo schizofrenico che aderisce? il fatto che so di avere l'occhio. L'occhio è il vaccino contro la schizofrenia.

Silvia: Il rischio degli psicologi e degli psicoanalisti oggi è quella di appiattire la vicenda umana che è la vicenda universale dell'Unico Individuo.
I sogni e le vicende delle persone schizofreniche che arrivano a lavorare su loro stesse spesso trovano come interlocutori, umani della vecchia specie che non considerando il potere relazionale che nella psicoanalisi si è resa consapevole, danno interpretazioni vecchie e pregiudiziali rispetto alla Nuova Specie, amplificando il sintomo anziché sviscerarlo.

(*) Per ulteriori approfondimenti suggeriamo il libro: "L'avvento del regno specificamente umano - Visione sistematica degli stati della coscienza umana nell'attuale momento storico attraversato dall'ultima mutazione." di Silvia Montefoschi, disponibile a Gea Euro 30.

(Redatto da C. Allegretti)