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Associazione Gea
Psicologia Analitica e Filosofia Sperimentale
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GeaBlog: Riflessioni e Pensieri in libertà
  dal 39 al 33   
Ada Cortese Nov 2014
Sognare o Delirare?

Quella che il bruco chiama la fine del mondo per il maestro è una farfalla.

Quando sentiamo parlare di delirio ci poniamo immediatamente in un atteggiamento di difesa e di disagio rispetto a qualcosa che amiamo pensare molto lontano da noi e appartenente a mondi che riecheggiano sbarre, psicofarmaci, occhi vuoti e teste rapate. Ma, a ben considerare i fondamenti della nostra stessa coscienza e di quello che amiamo pensare rappresenti il nostro "solido" principio di realtà, i fondamenti stessi del mondo quotidiano in cui siamo immersi e in cui convivono i nostri più grandi aneliti spirituali nonché le nostre "relazioni minime", ebbene essi possono procurare l'ambivalente sensazione di orrore e di libertà ad un tempo, perché essi stessi non sono affatto lontani dal "delirio".
Certo i libri, la cultura, l'erudizione, Freud, Jung e tanti altri hanno dato il loro contributo per permettere alla coscienza lo sguardo sul magma caotico dell'inconscio che pure la istituisce e la genera. L'inconscio è un mare magnum di dinamiche finalistiche e conservative ad un tempo, di istinti e di energia libera, la libido, che non si accontenta di fluire lungo alvei già solcati.
Questa disponibilità libidica, eccedente quella che normalmente viene utilizzata per la soddisfazione dei fondamentali bisogni, è la causa prima del disagio interiore dell'uomo. Il quale cerca di placare l'angoscia crescente o sprofondando nella ricerca spirituale o spalmandosi orizzontalmente sulla mondanità.
Intendo qui per mondanità l'adesione acritica agli standard comportamentali suggeriti quotidianamente dal grande mostro mondiale, che si chiami mercato libero globale, villaggio globale, diritto di delocalizzare, sfruttamento, banchieri, finanza, manager , multinazionali, tutti nomi diversi per un'unica droga che quotidianamente essi iniettano: la spinta al consumo ormai impossibile per i più e dunque la spinta schizofrenogenica sempre più spudorata ed evidente verso il "nulla".
E' evidente sempre di più l'apertura delle forbici tra maggiore, silente e sotterranea consapevolezza da un lato e l'abbrutimento barbarico dall'altro.
Ma questo abbrutimento è frutto di un pensiero inconscio avvelenato che attraversa il pianeta e che dunque non può che produrre e iniettare veleno. Non mi interessa qui formulare ipotesi sulla provenienza di tale pensiero velenoso che necessariamente rimanderebbe ad un “maligno” soggetto pensante. Non è chiaro come si formi ma sicuramente esso si presenta come un vero e proprio delirio organizzato a tutto vantaggio dei soliti ignoti.
Quando sento parlare o leggo sui mezzi di comunicazione di massa di libero mercato, di delocalizzazione, di assoggettamento a leggi che ti costringono a comprare merci provenienti da migliaia di chilometri a detrimento della economia locale, quando devi essere "buonista" ad ogni costo, quando senti gli effetti del pensiero unico che è tutt'altro che debole, anzi fortissimo nella sua ottusità, insomma senza entrare nei particolari quando penso a questo lato "hard" del nostro vivere insieme fondato sulla economia oligarchica, il sentimento di essere in gabbia diventa a volte insopportabile.
La realtà mondiale, interconnessa come è, ma suo malgrado, ha svelato la base ideologica di ogni utopia. E adesso che il mercato ha raggiunto il suo obiettivo può fare a meno di coperture o come le chiamava Marx "sovrastrutture".
Sembra che a nessuno importi che tu sappia di filosofia o creda in Dio o che tu abbia una certa idea di società perfettibile o che tu insomma possa pensare ancora "politicamente".
Basta guardare alle condizioni in cui versiamo nell'ambito della istruzione, della politica e della morale, per comprendere che alla società economica attuale non serve nulla di quello che fino al secolo scorso cercava di essere ancora presentato come fondante necessativo di società e uomini e che veniva riepilogato nel nome di "umanesimo".
Mi sono fatta portare via dallo sguardo sociologico pur percependo comunque personalmente il vissuto di soffocamento che l'adesione a questo delirio mondiale, così immaginato e formulato, sa produrre. Però non rimuovo il fatto che questo modo di percepire, di intendere e di immaginare le dinamiche del "villaggio globale" possa essere solo un modo, magari delirante, e che forse le cose possano invece procedere secondo la loro naturale dinamica evolutiva verso una ricomposizione mondiale o cosmica che i più di noi neppure sanno immaginare. Certo se questo processo è in atto esso non si svolge in maniera pacifica, nè si svolge senza strappi, nè in maniera comprensibile, armonica e trasparente.
E forse, anche quelle terribili multinazionali che rappresentano la “Grande Bestia mondiale”, se materialmente perseguono per un verso i loro più privati e sordidi interessi a spese di tutto il pianeta, forse, loro malgrado, potrebbero essere essi stessi strumenti evolutivi verso quel mondo migliore che io non riesco ad immaginare ma in cui mi piace sperare.
Tutto questo inquietante fermento mondiale della nostra epoca, anche se a molti me compresa, appare una catastrofe, forse, come tutte le catastrofi, potrebbe anche preludere ad un epocale rinnovamento. Come dice il maestro "ciò che al bruco appare morte e desolazione, tu la chiami una farfalla!".
E allora se è vero che l'attualità fenomenica può essere gravida di future novità, allo stesso modo tutto ciò che è stato definito in passato come "sovrastruttura" non può essere considerato solo oppio dei popoli, ma anche patrimonio di storia e di esperienza talmente interiorizzata che riproposta oggi forse produrrebbe scarsi benefici.
Quello che sembra perdita di "valori" e di "coscienza" potrebbe rivelarsi essere solo un loro temporaneo inabissamento sotto la sferzata di epocali cambiamenti da cui, come l'Araba Fenice, riemergeranno sotto forma di realtà costitutive dell'uomo e non più come ideali da raggiungere.

Pensiero e Delirio

Forse allora questa condizione psicologica e spirituale che ci consente, non ostante l'incertezza che ci attanaglia, di percepire l'ossatura interiore del pianeta che condividiamo, ci dà anche una enorme libertà e una maggiore facilità di accedere alle radici di quel cosiddetto "principio di realtà" già citato prima.
E paradossalmente ne troviamo legittimazione proprio dall'inconscio.
Il fatto di conoscere che buona parte del pensiero affondi nell'inconscio, che le comunità umane possano essere etero dirette attraverso i mezzi di “disinformazione di massa”, che la storia e la cultura e la stessa scienza siano tutt'altro che neutre, che distorsione, manipolazione ed omologazione siano finalità semplificanti del potere. qualsiasi cosa esso voglia significare, ebbene il fatto di sapere tutte queste cose paradossalmente ci ripulisce la mente edipica e ci consegna ad una vera età adulta segnata ahimè dall'assenza di Padri, di modelli, di eroi e di strade già tracciate.
La storia ci racconta le vicende del passato, sia pure dialetticamente, come una sorta di battaglia tra il bene ed il male che si sarebbe combattuta a livello per noi totalmente inconscio.
A posteriori però sappiamo che tutto sommato si è sempre trattato solo di vicende di Dittatori, di Capi, di Padri, che hanno deciso per i figli, per il gregge, per il popolo bue, per la carne da cannone chiamateli un po' come vi pare. Oggi sappiamo che non ci è più consentito di rimanere ingenui, nemmeno volendo.
Sappiamo da dove nasce il concetto di realtà su cui riposa la vita di ognuno di noi. E lo sappiamo grazie al contributo della psicoanalisi e dell'attuale quadro mondiale che sta chiudendo il ventaglio delle diversità possibili a favore della omologazione controllata.
L'arroganza del potere mondiale si è fatta così palese, ripeto, che ha asservito a sè anche i comportamenti, i valori, le istanze e le teorie umanistiche, utilizzandole come trappole per paralizzare le persone entro quadri teoricamente inoppugnabili ma in maniera subdola e distruttiva. Tutto ciò condito da conflitti, guerre e giochi di potere.
In analisi le persone comprendono che il pensiero e la consapevolezza di come si pensa è determinante nella costruzione della propria vita. Comprendono per esempio che, forse, quando si pensi davvero in maniera affermativa, ossia ci si renda disponibili ad accogliere tutto ciò che ci capita di vivere, accadono sempre cose meravigliose.
Per pensiero affermativo si intende qui il pensiero che, riappacificato con ogni emozione che lo accompagna, sappia tener testa ad ogni tempesta interiore insistendo nella certezza dell'inevitabile “Lieto fine”. Ed Il mantra di questa certezza sarà:

"Ogni cosa che accade è per me, lavora per me
e mai contro di me purché io sappia concepire
questo mio bisogno/pensiero/emozione
e in esso sappia riporre la mia più totale fiducia."

Quella cosa strana che chiamiamo pensiero di cui noi come coscienza in realtà fruiamo più di quanto pensiamo di guidare, quel pensiero che dunque nuota nel nostro inconscio e infine emerge affiora e si fa catturare dalla cosiddetta coscienza, questo pensiero, tutt'uno con l'inconscio e con la sua logica, ci offre un potere incredibile. Infatti, non essendo l'inconscio esposto alle leggi dell'esteriorità fisica e della materia se non in forma molto più indiretta e filtrata, esso ci invita a immergerci totalmente nella logica del suo potere.
Noi tutti prima o poi abbiamo fatto esperienza di come a volte, e sembra magia, ciò che pensiamo accada, anche se non proprio nella forma utilitaristica e letterale che noi da eterni bambini desidereremmo.
Ebbene si tratta di soffermarsi su queste esperienze ripercorrerle ed evocarle al fine di allenarsi e di attivare sempre più intensamente questo potere dell'inconscio.
La percezione della realtà interiore, che è in questo mondo ma non è di questo mondo, la percezione della impossibilità di farci “immagini scolpite” di essa, la percezione della capacità ad ascoltare il Soggetto Millenario che sa prendere vita solo se viene cercato nella solitudine, la magia di percepirsi come coscienza alterata in stato di grazia ossia in condizione di particolare sensibilizzazione all'ascolto interiore, sono solo alcune tra le percezioni provenienti dalle dinamiche del pensiero creatore. Esse poi sanno ulteriormente ammantarsi di storie, leggende, parabole, miti e quanto altro per esprimere in forma popolare, filosofica o devozionale, quel processo del pensiero che, quando riesce ad auto percepirsi, può regalare il suo potere nudo e crudo in forma di intuizioni, concetti, visioni.
Il pensiero sa suggerire il proprio potere di creare realtà corrispondenti alle necessità del soggetto che lo pensa, in un vortice assolutamente virtuoso, perché virtuoso, ossia vitale ed evolutivo, è lo spirito e l'intendimento di chi pensa.
Se il pensiero prende coscienza di sé allora noi comprendiamo anche da dove scaturisce ed in cosa consiste il cosiddetto "principio di realtà".
La realtà insomma non nasce fuori ma dentro di noi.
Certo fino a che la realtà fisica è prevalsa sulla realtà psichica sicuramente il principio di realtà si poneva come oggettivo ed esterno nel rassicurante binario della fisica classica.
Dopo più di un secolo di ufficiale ricerca interiore con la nascita della psicoanalisi e della nuova scienza postpositivista, la realtà non può essere nominata senza tenere conto dell'occhio e della posizione dell'osservatore.
Ma allora tornando al delirio, scopriamo che tutto il pensiero è delirio. L'etimologia della parola delirio rimanda al latino con la particella "de" indicante allontanamento e "lira" indicante solco. Significa quindi uscire dal solco e dalla via già segnata per tutti. Pertanto la differenza tra “principio di realtà” e “delirio” consiste nella condivisione con molti o con nessuno. Nel primo caso fai parte di un gruppo sociale, culturale, filosofico, di lavoro, sportivo ecc. Nel secondo caso "deliri" e dunque sei un "pazzo".
La certezza del potere del pensiero ci emancipa dal mondo esteriore per quanto dittatore esso ci appaia.
Se si crede nel potere creativo del pensiero desiderante e necessitante, è importante evitare di tradirlo togliendogli la fiducia, perché se lo si tradisce esso muore in quello stesso istante.
Se non lo si pensa non esiste perché è esso stesso pensiero, quello che conta è evocarlo, ed evocarlo forse è come pregare, non lo so. Comunque sia esso va tenuto vivo perché rappresenta il mezzo più potente che abbiamo per contrastare le ombre personali e quelle del mondo. E per far ciò è necessario trovare e mobilitare tutti i potenziali nostri compagni di "delirio".
E' dunque il nostro bisogno che determina la direzione e le persone da incontrare. E questo è ovvio quanto più ci facciamo consapevoli dei nostri bisogni.
Il nostro linguaggio nasce sotto la pressione dei nostri bisogni che a loro volta si esprimono come risultato di sintesi progressive, prima apparentemente personali e storicamente inerenti alla nostra vita individuale e dopo, nella loro forse più intensa realtà e significanza, quale frutto di una sintesi progressiva più ampia che riguarda il soggetto umano universale intero ed unico.
Il nostro linguaggio nascente dalla nuova logica che il lavoro d'analisi fa emergere ci porta a scoprire un mondo che si mostra sempre almeno a due livelli, quello dell'ego immerso nella sua ordinarietà quotidiana, e quello della straordinarietà e del Sé.
La nostra libertà non dipende da una sola di queste parti, ma da entrambe. Essere ben coscienti che giochiamo sempre su un doppio binario, che in realtà è uno solo, è la condizione che renderebbe la nostra vita sempre diversa e sempre capace di indurre stupore e meraviglia.
La conoscenza della logica dell'ego, della scienza e della coscienza ci permette di trovare il comune denominatore sotto cui cade la parte culturalmente condivisa della nostra vita e dei significati che si declinano ai diversi scalini della nostra percezione e della nostra esperienza: dalla vicenda più pratica quotidiana, o anche personalmente più intima, alla conoscenza scientifica ai paradigmi che fondano e suggeriscono i significati per le nostre piccole e grandi esperienze. E non c'è da stupirsi di questa contiguità tra scienza e vita quotidiana . perché proprio da questa contiguità abbiamo l'opportunità di cogliere suggerimenti per nuovi valori e significati.
La conoscenza delle dinamiche dell'inconscio ci permette di comprendere la vera natura di quello che spesso ci appare come un irritante dispotismo della coscienza, infatti in queste circostanze le cose che ci colpiscono non sono altro che esplosioni di inconscio, il quale mostra con ciò tutta la sua capacità di “bucare” se stesso ed emergere alla coscienza con contenuti paradossali, atemporali, distruttivi, creativi, archetipali insomma di tale potenza e natura da lasciare spesso la coscienza attonita e sgomenta.
La nostra coscienza appare impreparata a recepire la logica dell'inconscio in quanto la logica dell'inconscio sembra proprio essere quella del caos e del simbolo.
Se per logica si intende qui la serie di dinamiche che l'organizzazione psichica permette a livello inconscio, si può dire che le dinamiche dell'inconscio ruotino sempre intorno al concetto psicoanalitico di libido, al concetto di istinto e di archetipo. Sappiamo anche che ogni dinamica, evolutiva conservativa o distruttiva che sia, dipende a seconda dei casi dalla presenza o meno di un differenziale “energetico” in grado di avviare un movimento libidico, a seconda dei casi, finalizzato alla trasformazione evolutiva o al consolidamento conservativo.
Come l'inconscio possa collaborare a realizzare situazioni nuove ed edificanti sul piano personale e sociale o viceversa e come possa collaborare a fare esplodere situazioni conflittuali in forma distruttiva. è una riflessione né nuova né originale.
Mi interessa qui soffermarmi ancora un istante sul suo contributo sostanziale a ciò che noi chiamiamo “principio di realtà”.
Ripeto: non esiste un solo principio di realtà ma almeno due. Quello che chiama in causa solo il mondo esterno e la coscienza e quello che chiama in causa il mondo esterno, la coscienza e l'inconscio. Le cose cambiano se tra le variabili necessarie alla costruzione del “principio di realtà” si annoveri anche l'inconscio oppure no.
Se poi ci soffermiamo sul lato creativo e magico dell'inconscio, cioè su quell'aspetto dinamico da cui attingiamo nei momenti di creatività, linguaggio ed emozioni, allora noi per modificare la realtà potremo trovare in esso un grande alleato.
Voglio dire che se l'inconscio ha sempre collaborato e sempre collabora a supportare le nostre costruzioni coscienti, e se questo è avvenuto il più delle volte senza che la stessa coscienza se ne accorgesse, in quanto si credeva ingenuamente sola a dominare la scena nella psiche, cosa potrebbe accadere se riconoscessimo ed accettassimo la potenzialità di questa collaborazione?
Cosa potrebbe accadere se la coscienza fosse sufficientemente consapevole da poter delirare, sognare ad occhi aperti e chiedere coscientemente il supporto del “socio inconscio” affinché quel sogno, quel delirio, quel pensiero diventi realtà?
Certo occorre un bel po' di altri ingredienti affinché la ricetta diventi appetibile e metta in moto quel differenziale energetico libidico verso la novità. E gli ingredienti sono sicuramente di tipo intuitivocognitivo, emotivo, simbolico, dialettico e certo ultimo ma non ultimo: un bel sogno “collettivo” e condiviso!
Anche perché questa e solo questa è la grande distinzione tra il delirio della pazzia e il delirio del “principio di realtà”: che il primo, come già osservato, è il disperato e solitario delirio di uno solo, mentre il secondo è luminoso delirio di tutto il gruppo, di tutta la società.
Ma se volessimo davvero cambiare il mondo da dove dovremmo cominciare?
Da parecchi anni io parlo di militanza dell'interiorità 3 e penso che, poiché il pensiero oggi sembra essersi spento, sia proprio dal pensiero che bisognerebbe ripartire.
E ciò non dovrebbe accadere semplicemente accendendo un interruttore che ci trasformi in automi o computer magari capaci anche di pensare, ma è necessario che in noi l'interruttore che si accenda sia il pensiero stesso, ed accendendosi riesca finalmente ad auto pensarsi.
Succederà così che il nostro bisogno impellente e il nostro delirio collettivo di trovare un mondo nuovo mobiliterà la collaborazione e la creatività dei “nostri soci interiori”, inconscio e coscienza, e quando ciò accadrà possiamo stare certi che succederanno cose davvero incredibili.


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1992 "Inaugurazione di Gea"

Estratto intervista su Rai 3

Alejandro Jodorowsky a Gea

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