Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
Direttore : Dott. Ada Cortese
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Dicembre 1992 Pag. 3° Ada Cortese

Ada Cortese

 TEORIA 

PSICOANALISI E FILOSOFIA SPERIMENTALE

"La filosofia viene spesso ritenuta come un sapere formale e vuoto di contenuto; e si è ben lontani dall’intendere che il nome di verità è meritato soltanto da ciò che la filosofia produce, anche se questo prodotto, secondo il contenuto, sia già presente in qualche nozione o in qualche scienza; e che le altre scienze, - tentino pure col raziocinio, senza la filosofia, quanto esse vogliono, - non sono in grado senza di essa, di avere in loro nè vita, nè spirito, nè verità. " (G.W.Hegel)

La psicoanalisi, quale ultimo prodotto della mente nel suo continuo indagare su se stessa, coincide oggi, sia nella teoria che nella prassi, con la filosofia vivente. Essa s'innesta nel tradizionale approccio filosofico rappresentandone il vero e proprio momento sperimentale in quanto, quale laboratorio di ricerca "in corpore vili", opera e tende a produrre nell'uomo quelle trasformazioni concrete che la filosofia nel suo corpo teorico ha elaborato.
Le due "scienze", psicoanalisi e filosofia, devono essere quindi legittimamente coniugate perché entrambe coincidono col loro oggetto di osservazione.
La filosofia nasce quando il pensiero inizia ad osservare se stesso e il dispiegarsi storico della filosofia è la Filosofia stessa..
In maniera analoga, la psicoanalisi nasce nel momento in cui la psiche inizia a riflettere sul suo funzionamento. Nel suo dispiegamento temporale essa diviene, e così la storia stessa della psicoanalisi è la Psicoanalisi.
La filosofia è stata l’espressione dello Spirito nell’uomo secondo il Pensiero: nata come ricerca dell’Universale fuori e dentro l’uomo, sia pure con alterne vicende, essa ha partorito tutte le scienze che invece di celebrarla, in virtù delle nuove informazioni su cui crescevano, l’hanno gradualmente accantonata, rinnegata, riducendola a una loro pari: un determinato tra determinati, fino a giungere ad oggi dove il filosofo (chissà mai perché insiste a definirsi tale) ha vergogna di parlar di universali, di unità e di Dio.
La filosofia è morta travolta dall’uomo della societá industriale, dall’uomo "consumistico", "dei diritti", e "delle rivendicazioni". Ma l’evoluzione non conosce rattrappimenti: così l’uomo stesso, unilateralmente proteso, nel bene e nel male, all’attività estrovertita (nell'inseguimento del nuovo mito di "Progresso" che le sue conquiste scientifiche e tecnologiche alimentano), si crea inconsciamente l’antidoto: nasce la psicoanalisi come risposta compensatoria.
Essa storicamente raccoglie il "fallimento" del pensiero filosofico anche se non è certo questo il suo consapevole intendimento. La psicoanalisi nasce come una disciplina determinata tra le tante altre e con le altre essa condivide la stessa impostazione positivistica e oggettivante che, peraltro, per la natura particolare del suo oggetto, diventa davvero imbarazzante in quanto porta al concetto antropologico conclusivo della astoricitá e immutabilitá dell’uomo. Tale imbarazzo, interno alla psicoanalisi, è conseguente alla paradossale convivenza di una prassi volta al cambiamento supportata da una metateoria della immutabilitá.
La psicoanalisi, nata come bisogno dell’uomo di individuare risposte immanenti che gli dessero il potere di governare il suo mondo affettivo e "perse-cutorio" interno , frustrata dalla indecifrabilità della fisiologia del cervello, ha necessariamente dovuto spostare l'ambito della sua ricerca in un modello metaforico che rendesse conto dell'attività dello stesso: la psiche.
Dagli albori dell’umanità fino alla nascita della psicoanalisi, l’uomo crebbe nella sua coscienza da un lato grazie alla materializzazione esterna dei suoi simboli inconsci di totalità (le istituzioni del sacro: templi, sacerdoti, oracoli, ecc. ) e dall’altro grazie alla crescente produzione di oggetti mentali coscienti (oltre che di oggetti materiali esterni) . I primi, i simboli del sacro, lo proteggevano dal terrore del mondo sconosciuto primitivo realmente più carico di pulsionalità animale che non di rarefatte atmosfere spirituali; i secondi lo aiutavano a conquistare il mondo esterno differenziandosene sempre di più e a spostarlo, trasformandolo e assimilandolo, dentro se stesso.
La psicoanalisi, ovvero la psiche che guarda a se stessa e alla sua storia, è proprio la storia della psiche dell’umanità e nella storia della psicoanalisi stessa, breve storia di pochi decenni, essa psiche ripercorre coscientemente tutta se stessa e i suoi prodotti: dalla schiavitù delle pulsioni analizzate da una coscienza osservativa (S. Freud) al riconoscimento di storia e simboli presenti nella psiche, al ritrovamento dell’istinto spirituale tanto primario come quello sessuale (C. G. Jung) , al riconoscimento di se stessa psiche come psiche dell’essere tutto autoosservantesi nell’uomo (S. Montefoschi) e come struttura trovata dall’evoluzione per riunire in sintesi gli innumerevoli modi in cui l'essere si manifesta a se stesso (conoscenze occulte e imprigionate nelle forme materiali).
L’essere non ha dato all’uomo la possibilità di riunire in sè imitandole tutte le forme della natura? Non ha imparato l’uomo, grazie agli strumenti che ha saputo costruire, percepire nel buio meglio dei pipistrelli, volare meglio degli uccelli, vedere meglio dell’aquila, nuotare meglio dei pesci? Alla stessa maniera l’uomo in virtù della sua funzione pensante ritrova in se stesso tutte le conoscenze fin qui specializzate e può rileggerle come metafore diverse dell’unico dirsi dell’essere.
La psicoanalisi si fa, dunque, filosofia favorendo nell’uomo l’allenamento del pensiero alle sue più alte vette; non pensiero astratto e scisso dalla carne bensì pensiero vivo, consapevole che è a un tempo sintesi e nuovo progetto. Ecco perché essa psicoanalisi può anche esser detta filosofia "sperimentale".
La filosofia, figlia del pensiero autoosservantesi, è stata tradizionalmente disconosciuta dall’uomo, il quale, insieme a tutti gli altri prodotti coscienziali, l’ha estraneata da se stesso facendola vivere di vita propria. Ed essa restò impotente agli occhi dei più. In virtù della sua storia e delle conoscenze raggiunte nel suo dispiegarsi, la psicoanalisi non può porsi oggi che come filosofia sperimentale. Se non rinnega la sua vocazione alla ricerca e se dunque non si arrocca a una autodefinizione minimalista e necrofila, basata sulla prassi cristallizzata, se continua ad analizzare essa non può che unire all’atto dell’analisi (l’attenzione al molteplice) , l’atto della sintesi (l’attenzione all’uno) e incontrar in sè, dunque nell’uomo stesso, il problema della realizzazione della filosofia.
Nel tempo della sua vendemmia la psicoanalisi come segno specifico dovrebbe morire avendo essa raggiunto lo scopo: la psiche dovrebbe in quel tempo esaurirsi come stanza prevalente in cui abita l’uomo per lasciar essere una ben più ampia e nobile sala: quella dello Spirito in cui l’esperienza dell’universale sarà concreta e di ordinaria quotidianitá.

In figura l'Ouroboros (Selecta hieroglyphica,1597)

Ada Cortese


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