Individuazione
Trimestrale di psicologia analitica e filosofia sperimentale a cura dell'Associazione GEA
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Giugno 1995 Pag. 9° Maria Campolo
 MITI E LEGGENDE 

IL DRAGO

"Mostro preistorico che risorge continuamente dagli abissi, è il testimone della nostra coscienza collettiva, delle nostre radici fangose e fertili. Se è provvisto di ali, ci serve da cavalcatura per sfuggire all’attrazione terrestre e, come un razzo ruggente, ci porta altrove, per il bene e per il male. E’ uno e multiplo. E’ da nessuna parte e dappertutto. Negarlo sarebbe come dargli ancora una volta ragione."

A Occidente fu guardiano del Vello d’oro; guardiano del giardino delle Esperidi (Ladone) poi sconfitto da Ercole.
Sorvegliò la caverna in cui Cadmo ricevette l’ordine di fondare una città (Tebe) . Uccise tutti i compagni di Cadmo ma a suo volta fu ucciso da Cadmo che lo inchiodò ad un albero (l’azione prefigura quella successiva di S. Giorgio che ucciderà anch’egli il drago con una lancia) . Anche la Bibbia contiene belle storie di draghi: in Daniele (14.23) si parla del "grande serpente" venerato da Babilonia; nell’Apocalisse del Leviathan e della Bestia.
Se nell’Antichità sono pochi gli eroi associati al drago (Perseo, Eracle, Cadmo) , nell’era cristiana essi si moltiplicheranno, primo in fila il già citato S. Giorgio che libera Silene, una città della Lidia, dalla sottomissione al drago per il quale essa era costretta a scegliere tra i suoi abitanti coloro che dovevano essere dati in pasto al mostro. Tra questi anche la Principessina, figlia del re, sarebbe dovuta essere immolata.
Vi sono studiosi come C. Morazé, che svolgono, nel loro riesame dell’evoluzione iconografica del drago in era cristiana, l’idea che in essa vi sia contenuto il dramma rinnovatesi dello scontro tra dogma/oscurità/inconscio (le più antiche iconografie riportano ambienti di tetra cattolicità legati alla caverna e all’ambiente in cui si svolge la scena) e profano/ragione/coscienza. Inoltre vi sono sempre presenti tre motivi: il drago, la fanciulla, la città.
Nel percorso che bandisce la natura selvaggia dalle città la guerra si farà sempre più profana: in era romanica è solo lotta simbolica, manca nelle rappresentazioni qualsiasi paesaggio naturale e l’eroe lotta cavallerescamente al servizio della Fede e del Papa. Invece nelle iconografie del ‘400 è la Città a diventar potente e organizzata, la principessa è sontuosamente vestita, la preghiera non interviene affatto e S. Giorgio combatte solo per la sicurezza degli uomini.
Anche se pare crescere il motivo della solarità profana, non viene mai meno l’altro polo che il drago, sia pure con rinnovati nomi, rappresenta (sempre meno animale mostruoso e sempre più simbolo del Male, di Satana) .
Le foreste ermetiche o iniziatiche dei racconti folkloristici sono popolate di bestie feroci che gli eroi devono affrontare per liberare la fanciulla. Ella è l’equivalente del "tesoro" che il drago sorveglia. In India esso porta una perla in mezzo alla fronte il cui possesso garantirà all’uomo favolosi poteri.
Come lo smeraldo di Lucifero, anche questa perla è stata assimilata al Terzo occhio che, a sua volta, permette l’identità di "tesoro" e "conoscenza". La leggenda di Sigfrido conferma che il tesoro sorvegliato dal drago è l’immortalità.
Il drago nei suoi aspetti negativi s’identifica col serpente e rappresenta l’oscurità e l’ignoranza ma, come simbolo, è ambivalente sicchè mostra anche gli aspetti opposti: nell’ermetismo europeo e musulmano proprio questa ambivalenza è rappresentata dai due draghi affrontati in forma simile a quella del caduceo. Esso ha aspetti diversi: in quanto animale acquatico e sotterraneo è terrestre, in quanto alato è celeste.
In realtà sono aspetti distinti di un unico simbolo: il "principio attivo demiurgico, potenza divina".
Il drago è una creazione della paura. Le sue componenti teratologiche come le fauci, le squame, gli artigli e i denti, la sua natura che è contemporaneamente di rettile e acquatica, sotterranea e aerea, evocano irresistibilmente i grandi rettili dell’era secondaria, dallo pterodattilo al dinosauro.
Tutto avviene come se l’inconscio collettivo dell’uomo si ricordasse di quei mostri. E’ molto probabile che alcuni grandi sauri e serpenti giganti abbiano continuato ad esistere nell’età primitiva dell’umanità. Ma soprattutto l’uomo ha mescolato nella sua paura ancestrale le figure degli animali che più temeva come il serpente, il coccodrillo e il leone. D’altra parte è notevole l’universalità del drago ed è sintomatico che si continui a sognarlo, che dei bambini dei nostri giorni, cresciuti in città, fantastichino ancora di grandi serpenti e di mostri animali.
I draghi delle fiabe sorvegliano un palazzo incantato o una grotta misteriosa: per Freud è l’immagine della vagina della donna mentre Jung, proseguendo l’analisi, dice: "L’eroe è un drago in quanto vuole la propria madre; ma è l’eroe vincitore del drago in quanto proviene dalla madre".
La psicoanalisi riconosce nel drago la madre terribile, la Vita indifferenziata, pericolosa nel suo amore possessivo e simbiotico. "L’eroe-Dio e redentore del mondo compie ciò che è proibito e grazie a ciò acquisisce l’immortalità. Ora il drago da sconfiggere a tal fine è la resistenza a compiere l’incesto". Drago e serpente simboleggiano quindi l’angoscia dovuta alla repressione del desiderio incestuoso.
Il significato fallico e femminile al tempo stesso del drago dimostra che si tratta ancora una volta di libido sessualmente neutra o bisessuale, cioè un simbolo della libido in resistenza".
Il drago assimilato al serpente e a Satana, si costituisce nell’Apocalisse quale parte mancante del Cristo, l’altro suo lato e come tale i due vengono consustanziati. Nell’Apocalisse di Giovanni: "una spada acuminata a due punte esce dalla bocca del Figlio dell’uomo dagli occhi fiammeggianti". Come il drago, Cristo deve essere sacrificato, e cioè, dice Jung "poichè spasima per sua madre, egli deve morire aggrappato a lei" (il drago e l’albero, di cui la croce è una variante sono due motivi quasi sempre compresenti, e rappresentano il compimento simbolico dell’incesto) . E poichè la madre è la Vita egli, accettando di morire in lei, in realtà giunge a dominarla e a trasformarla.
Ciò significa che se l’uomo entra in contatto profondo con le forze psichiche, compie l’incesto simbolico e vince il drago. Allora egli libera nuova energia che gli permette di creare e dominare efficacemente la vita. A questo punto egli avrà sottratto il tesoro al drago e avrà liberato l’anima, la fanciulla che il drago teneva prigioniera.

Bibliografia: J.-Paul Clebert "Animali fantastici" Armenia 1990, J. Chevalier e A. Gheerbrant "Dizionario dei simboli" Rizzoli 1986, C.G.Jung "Simboli della trasformazione" Opere, Boringhieri.


Maria Campolo


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