Home Anno 13° N° 50 Pag. 8° Dicembre 2004 Ada Cortese


Ada Cortese
 RECENSIONI 

NUTRIMENTO LETTERARIO

tra Narrativa e Saggistica, tra Remainder e Novità

L'Albergo bianco
di D.M. Thomas ed.Frassinelli

E' un libro scritto nel 1983 che conserva un interesse letterario, clinico, storico e sociologico. La sua prima proposta è di accoppiare, quasi come il profano con il sacro, una immagine di fantasia, Marta Erdermann - il profano - con un gigante storico e geniale quale è Sigmund Freud - il sacro. E ciò non dopo aver introdotto con uno stile piuttosto "hard" e anche un po' monotematico, il diario della donna che prima è racconto in prosa, poi diario letterario con pretese artistiche e che diventerà, nell'incontro e nel lavoro con Freud, materiale clinico che egli chiederà di pubblicare corredato dei suoi commenti psicoanalitici. Comunque divertente nel suo proporsi come fresco ritorno ad un rinverdito passato di primo Novecento, Thomas segue la vita tormentata della donna che nella fase della descrizione della sua vita attraverso il rapporto con Freud viene discretamente presentata sotto mentite spoglie, con iniziali diverse dalle sue e con attività e riferimenti geografici diversi dal reale in una sorta di reale rispetto deontologico della psicoanalisi. In un secondo tempo viene recuperata e, via via "redenta" dai copioni isterici e insieme dai sintomi che l'avevano portata da Freud, innalzata alla sua reale identità. Fino a giungere alla trasfigurazione finale che la vede attraversare l'orrore del nascente antisemitismo tedesco, orrore per niente risparmiato al lettore messo nella condizione di poter presenziare alla scena nell'immaginazione alla quale tutto si offre con dovizia di particolari.
Per approdare alla terra promessa, dove il latte (elemento forte e ridondante di questa opera ove l'eros è come fissato alla freudiana fase orale) torna a scorrere - in forma forse un po' troppo "concretistica" , ma assolutamente pertinente all'atmosfera freudiana che attraversa, in trama e "ordito" l'opera intera -e a nutrire la speranza delle riconciliazioni, interiori, parentali, nazionali.
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Alì il magnifico
di Paul Smäil ed. Feltrinelli

Questo è un libro del 2002. Ha in comune qualcosa con quello precedente. Forse i toni alterni che gli creano una sorta di musicalità. In fondo le note del libro sono poche ed essenziali: una a diminuire, una salire. Una di tristezza, che è quasi tutto il libro, dove non si risparmia al lettore la possibilità di indossare i panni e l'anima di un ragazzo maghrebino, bisex ma soprattutto prostituto omosessuale dedito all'apparente unico obiettivo di possedere, col mestiere o col furto artistico, le migliori marche di tute, di giacche, di scarpe, di occhiali...
In realtà il protagonista nel corso del libro, scritto in prima persona, fa sfoggio legittimo di una cultura assai raffinata e, attraverso di essa, mette alla berlina gli interlocutori - reali o lettori - francesi, occidentali... razzisti. Senza far nulla al contempo per nascondere le sue ferite sempre aperte e sanguinanti, il suo dolore di sradicato, umiliato e offeso.
Sempre parlando generosamente in nome dei suoi più che per un suo gretto ego....Ma sono aspetti questi appena abbozzati, quasi voglia mettere sabbia del suo amato deserto negli occhi e nelle orecchie di chi ascolta. Urla volgarità o semplicemente il gergo che parla la gente che vive nella periferia dove lui vive. E tra le righe che, di capitolo in capitolo, descrivono la sua "caduta" - che tanto ricorda la Passione di Cristo - egli lascia intuire, quando non lo denuncia apertamente, il vuoto di una società e dell'esistenza solo insulsa che essa permette. Sempre giù, sempre più triste e solo con i suoi misfatti.
Ma infine una imprevista risalita: note a salire, di gioia, per un amore che permette alla vera natura del Magnifico Alì, il nome del protagonista, di esprimersi. Durezza e sfrontatezza che si trasformano in dolcezza e tenerezza, accoglienza, essenzialità, eleganza in un incontro d'amore dove davvero, anche per il lettore, è proprio secondario che i due innamorati siano due maschi, perchè protagonista è davvero l'alchimia amorosa generatrice di salvezza e di consapevolezza oltre ogni angusto e animalesco limite biologico d'identità sessuale. Eterosessualità, omosessualità, lesbismo: a che serve citarli quando si parla dell'esperienza massimamente umana? A che serve parlarne se si parla d'amore?

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Milarepa - Il Grande Sigillo
a c.di Carla Gianotti ed. Mimesis (2004)

"Nel presente insegnamento è detto che l'essenza della mente è lo stato naturale di ciò che esiste e che questa è Mahâmudrâ (Grande Sigillo)". Così si legge ne La Radice della Chiarificazione della Conoscenza originaria di Mahâmudrâ , il testo breve e limpidissimo, qui per la prima volta tradotto in italiano e attribuito al Venerabile Mila, l'asceta -poeta tibetano forse più conosciuto e amato dentro e fuori il Tibet. Milarepa, "Mila [vestito di] Tela", vive nel Paese delle Nevi tra l'XI e il XII secolo, praticando dapprima il mondo e le sue leggi, poi abbracciando il sentiero indicato da Buddha e coltivando così a fondo le qualità dell'ascesi da andare al di là della sofferenza e del bisogno.
Milarepa diventerà un Realizzato, un risvegliato alla vera natura della mente che ha portato a compimento la Realtà Ultima, diffondendo la beatitudine della esperienza attraverso i suoi canti spirituali. Nel saggio introduttivo intitolato Il canto del limite sono focalizzati, attraverso l'etimo di termini tibetani particolarmente significativi che a volte dischiudono la poesia di sorprendenti metafore, alcuni momenti -chiave dell'iter religioso di Milarepa, dalla visione dell'impermanenza dei fenomeni all'espereinza della natura di tutte le cose "così come sono" chiamata Mahâmudrâ o Grande Sigillo.

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Matrimonio. Vivi o morti.
di A. Guggenbuhl-Craig ed. Marietti e Vitali

Riportiamo direttamente alcuni spunti di questo prezioso libretto del 2000 per un esercizio di sgombero dai pregiudizi di ritorno. La solennità e i riti sociali, che circondano questa cerimonia universalmente, alludono ad un significato psicologico profondo che tocca l'anima collettiva e gli archetipi. Questi aspetti suggeriscono che il matrimonio abbia a che fare più con un percorso di salvezza e di individuazione che non di benessere e felicità pur non escluse a priori!
L'individuazione sgombera l'area di lavoro,il laboratorio, da facili immagini sentimentalistiche: l'amore è costruzione e non necessariamente passione.
D'altra parte anche la sessualità, la passione, possono costituirsi, nel matrimonio come in altre coppie, come un processo di confronto e d'individuazione istintiva a due che produce a livello coscienziale arricchimento e salvezza su basi però incontrollabili dalla coscienza stessa. Spesso però non è la sessualità nel suo aspetto numinoso a fare del matrimonio un percorso individuativo ma il rapporto a tutto tondo.
Un tratto caratteristico di questo percorso è l'ineluttabilità: così come l'anacoreta non può sfuggire a se stesso, così nessuno dei due coniugi può sfuggire al partner. E' questa impossibilità di fuga (nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia, ecc.), in parte esaltante in parte tormentosa che costituisce la specificità di questa via.Si vedono anziani sposi, l'una che si prende cura dell'altro ormai disfatto nel corpo e nello spirito, che non stanno insieme per compassione ma per amore. E' in questi casi che si vede come l'amore nel matrimonio mostri tutta la sua grandezza ed il suo essere "contro natura"!! L'amore sul quale è basato il matrimonio trascende la "relazione personale", è più di un semplice rapporto.


Ada Cortese


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